01 Dicembre 2013
Per “gamification” si intende l’uso in altri contesti di alcune tecniche alla base del successo dei videogiochi. Lo scopo è quello di arricchire l’esperienza di acquisto con elementi di divertimento e gratificazione in grado di fidelizzare la clientela e aumentare le vendite.
«In Italia nel corso del 2013 numerosi settori merceologici hanno sperimentato gli impatti positivi di questo approccio e sono convinto che il 2014 sarà l’anno in cui vedremo i primi pilot di esperienze gamificate in ambito bar & restaurants, sulla scorta di quanto accade già in numerosi bar e ristoranti negli Stati Uniti» sostiene Fabio Viola, Game & Gamification Designer, engagement consultant di numerose imprese.
«La gamification nel mondo dei pubblici esercizi vede attualmente due canali privilegiati di utilizzo. Da una parte il filone della loyalty gamificata, che ha l’intento di fidelizzare e offrire un valore aggiunto alla propria attività».
Punchcard
Piccoli e medi esercizi d’Oltreoceano hanno infatti aderito a infrastrutture come Punchcard e Belly Card – applicazioni che permettono di guadagnare punti e ottenere ricompense ogni volta che si effettuano acquisti – riducendo al minimo i costi di gestione del loro programma pur beneficiando di tecnologia, funzionalità e statistiche totalmente personalizzabili.
M.O.G.L.
Un altro esempio è quello di M.O.G.L., servizio di loyalty con cash back (cioè la possibilità di vedersi accreditare soldi veri sulla base degli acquisti fatti), lotterie mensili, competizione tra gli avventori e un occhio al sociale con pasti regalati ai bisognosi. Spiega Fabio Viola: «Migliaia di ristoranti hanno già aderito negli Stati Uniti a M.O.G.L. anche in virtù della mancanza di barriere di ingresso. L’iniziativa è totalmente gestita via smartphone. Le prime metriche rilasciate a Giugno 2012 indicano un +273% di visite medie da parte degli utenti M.O.G.L. in raffronto alla restante customer base».
Una volta capito il meccanismo della gamification, ogni esercente può applicarla come meglio crede, con soluzioni anche a costo zero. Aggiunge Viola: «Gli esercenti possono provare ad applicare da soli alcune di queste nuove idee, lavorando molto sull’aspetto psicologico dei premi. Non si tratta più solo di consumazioni scontate o gratuite. Un tavolo con inciso il nome dell’utente del mese, l’invito a una cena speciale per il proprio compleanno, il saluto da parte dello chef, sono tutte cose che non hanno un costo per l’esercizio ma che rappresentano un indubbio vantaggio per il cliente».
4food.com
Il secondo filone della gamification in ristorazione è al puro coinvolgimento del cliente. «Un esempio è quello di 4Food, una catena di paninerie biologiche dove l’esperienza è stata letteralmente trasformata in un gioco» racconta Viola. «Sul sito ufficiale è possibile inventare il proprio panino tra centinaia di opzioni, con un’interfaccia in stile videogioco. Alla fine del processo è possibile attribuirgli un nome e da quel momento il creatore riceverà il 4% del prezzo di ciascun panino venduto sotto forma di buoni spendibili nella catena. Il segreto del successo è nell’auto-viralità: i creatori di panini condividono le proprie creazioni sui social network col doppio intento di vantarsi dell’opera e di guadagnare qualcosa. Ma la gamification prosegue anche nel punto vendita: sopra le casse ci sono dei tabelloni con la classifica settimanale dei panini più venduti e di fianco i nickname dei loro creatori».
«Quello a cui assisteremo» conclude Fabio Viola, «sarà lo spostamento dell’asse di interesse dal puro momento transazionale (cliente seduto a tavola) alle fasi pre e post consumazione. La clientela la si acquista e fidelizza paradossalmente nei momenti in cui non è con noi».
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