19 Marzo 2019
Cos’è una città bella? Quella fotogenica che viene bene in cartolina e mostra i suoi gioielli, monumenti, musei e fontane, al turista munito di guida d’ordinanza, o quella vivace con locali a ogni angolo aperti il giorno e la notte, economica, inclusiva, creativa e colorata? Molti under 35 opteranno per la seconda opzione. E sono loro, in effetti, che popolano per la gran parte i locali di Belgrado - tanto vari quanto possono esserlo i gusti, le mode e le culture - e la vita notturna della capitale serba: tanti belgradesi, ma sempre più anche turisti. Belgrado, che vuol dire “città bianca”, capitale della ormai piccola Serbia è una delle città più antiche del continente, data anche la sua posizione particolarissima alla confluenza di due grandi fiumi, Sava e Danubio. Ma il suo affacciarsi al mondo è recente: è stata in grado di trasformare i suoi spazi derelitti e abbandonati dall’industria e dalla storia, fabbriche, cortili, monoliti dell’epoca socialista, in luoghi di creatività e condivisione dove tante realtà convivono fianco a fianco proponendo magari nella stessa sera musica live jazz, blues e indie. Non faccio da mangiare perché la cucina è un problema? C’è il fast food a lato dove il cliente è invitato a servirsi e tornare con un hamburger o un pollo arrosto, da consumare sul posto. A volte sembra che le leggi del mercato non siano in cima ai pensieri. O forse hanno ragione loro.
UN PASTICHE AFFASCINANTE
Belgrado non è bella in senso tradizionale, è una città puzzle, dove edifici fatiscenti e grigi (l’inquinamento è un dato di fatto, l’ampio uso del cemento pure) sorgono a fianco di ville liberty, deliziosi cortili e giardini si mescolano a fabbriche e ciminiere di mattoni, palazzoni popolari a basse case di pescatori, lucidi palazzi postmoderni un po’ pacchiani a squadrati monoliti dell’epoca socialista. È una città che sfugge, non facile da cogliere, quando pensi di averla capita ecco che ti sorprende. Molto dipende dalla sua storia travagliata fatta di dominazioni sanguinose, strattonata tra Oriente e Occidente, cerniera di due imperi (Ottomano e Austroungarico) e due civiltà. Centro amministrativo della Jugoslavia e del suo effimero potere globale ai tempi di Tito e dei Paesi non allineati (cui sono dedicati due musei e un mausoleo), riesce a essere povera ma fiera, con un certo orgoglio. Sono proprio i locali, i ristoranti, i centri culturali e le gallerie d’arte, i pub e le kavarna, le taverne tradizionali, insieme alla musica, altra grande protagonista dopo il tramonto, in tutte le sue declinazioni, ad avere trasformato Belgrado in una città così piacevole. Negli ultimi anni la capitale serba ha fatto del divertimento fuori casa un culto, nonostante tutto. Una scena vivace e un po’ sregolata, con aperture senza fine (i bar chiudono all’una e passano il testimone ai club),il rumore e il fumo non regolato, e un turnover altissimo (i bar che abbiamo visto oggi non assicuriamo che ci saranno anche l’anno prossimo).
LA STORIA DENTRO I MURI
In effetti il passato, brutto sporco e cattivo, qui è pericolosamente vicino. Solo due decenni fa la capitale era ancora baluardo di una Jugoslavia che fece di tutto per tenere unita, ricorrendo anche a stragi e pulizia etnica. Belgrado è l’ultima città europea ad avere subito un bombardamento, nel 1999 per mano della NATO. Due palazzi sono stati lasciati così, sventrati, con una bandiera serba che sventola in una delle grandi arterie del traffico, la kneza Miloša. Erano le sedi del Generalstab di Milosevic, sede del Ministero della Difesa e dell’esercito federale. Se gli abitanti sono di poche parole, le pietre parlano e raccontano la storia più o meno recente della capitale.
PASSATO E PRESENTE, EST E OVEST
Il passato socialista ad esempio “occupa” un’intera parte della città, Novi Beograd, costruita ex novo dopo la Seconda Guerra Mondiale con grandi speranze per il futuro. Riflesse nei palazzi razionalisti, nelle torri di vetro e in bizzarri edifici che assomigliano a navi spaziali. Il mercato, certo, sta arrivando. Ma con cautela. “Noi siamo così nei Balcani, ci lamentiamo e opponiamo sempre a tutto” dice una ragazza che presenta il controverso (ma ormai in qualche modo digerito) Belgrade Waterfront, il progetto per costruire su un’area di 1,8 milioni di metri quadri lungo la Sava un quartiere di lusso che ospiterà il più grande centro commerciale dei Balcani, alberghi, residenze e una torre di 200 metri. Cofinanziato dall’impresa Eagle Hills degli Emirati Arabi Uniti per oltre 3,5 miliardi di dollari. Obiettivo: trasformare la città in destinazione turistica a tutto tondo, non solo per giovani e curiosi. Sarà in grado di distruggere la vivace e creativa scena di locali, ristoranti, kavarna e spavlovi, caffetterie e centri culturali e d’arte che rende oggi unica la capitale serba? Per saperlo bisognerà aspettare il 2030, data prevista per il completamento dei lavori. Nel frattempo la città, nella sua fantastica imperfezione senza orari, continua a fare festa e guarda seduta lungo i suoi due fiumi, con un sottile fatalismo, come andrà a finire.
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A cura di Matteo Cioffi
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