08 Maggio 2019
Complice il trend dei vintage cocktail, cresce il numero di barman impegnati a sperimentare twist o signature a base di cognac e brandy. E voi siete davvero esperti di questi distillati di vino? Imparatene di più leggendo la nostra nuova inchiesta.
IL PRESENTE
Ora, intendiamoci, parliamo di un fenomeno di nicchia che coinvolge solo alcuni bartender di ricerca, per lo più di Milano e Roma. Insomma, l’uso di questi distillati nella mixability non è una tendenza diffusa. Anzi. “In provincia, dove ancora il gin la fa da padrone, oggi c’è poco spazio per i drink con cognac e brandy, anche perché sono distillati sconosciuti al pubblico dei 20, 30 e 40enni”, racconta Luca Simonetta, titolare del My Lounge di Cesana Brianza. Detto questo, resta il fatto che c’è aria di rinnovamento.
[caption id="attachment_156766" align="alignleft" width="152"] Fabiana De Santis[/caption]
PERCHÉ USARLI
Premessa: “Nel bere miscelato, cognac e brandy sono ingredienti versatili e d’attualità, in quanto alla base di moltissimi classici drink”, analizza Dario Olmeo, titolare del Maracaibo di Alghero. Ancora: “Questi distillati regalano ai cocktail corposità e dolcezza intense. E poi, in quanto percepiti come prodotti nobili, conferiscono al cocktail pregio e raffinatezza”, evidenzia Marco Fabbiano titolare del Laurus Cocktail Experience di Lecce. Non basta: “Danno carattere al drink e offrono al bartender la possibilità di esprimersi con semplicità. Per creare un cocktail equilibrato e ricco di sentori, basta infatti miscelare il cognac e il brandy con pochi ingredienti”, ricorda Mirko Cagnazzo assistant food&beverage manager al The Pantheon Iconic Rome Hotel. Gli estimatori? “La clientela che conosce e ama i grandi classici, dal Vieux Carrè al Sidecar allo Champagne cocktail. E il pubblico più maturo, abituato al consumo di cognac e brandy lisci”, afferma Fabiana De Santis, barlady del Pantaleo di Roma. E non è vero che i drink con questi prodotti piacciano solo ai cavalieri: “In realtà incontrano il gusto di uomini e donne di tutte le età, se si realizza un drink perfettamente bilanciato”, dice Fabbiano. Per avvicinare i clienti ai drink con cognac e brandy “prima di proporre dei signature è bene introdurre in carta i grandi classici come Sazerac, Sidecar, Vieux Carré, Brandy Crusta e Champagne cocktail: drink eleganti dal grande fascino”, puntualizza Cristian Lodi, titolare del Milord di Milano. Ma quali sono i punti di forza del cognac rispetto al brandy e viceversa? “Il brandy è un po’ meno caro del cognac. Tuttavia, considerato che i cognac più indicati alla miscelazione sono quelli più giovani il cui prezzo si aggira intorno ai 20-30 euro, il risparmio in termini di drink cost è minimo. In compenso, a livello d’immagine e di percezione nel consumatore, il cognac è considerato un prodotto più prestigioso e utilizzarlo significa rendere sofisticato ed esclusivo il proprio drink”, osserva Marco Callegari, trade marketing Velier per Milano e il Nord Italia.
[caption id="attachment_156765" align="aligncenter" width="613"] Cristian Lodi, titolare del Milord di Milan[/caption]
SUGGERIMENTI
Prima regola: non improvvisare. Per sperimentare nuove alchimie e valorizzare il distillato è necessario conoscere il prodotto. A quel punto si possono inventare originali cocktail, ma anche rivisitare i classici. Quali? “Sicuramente, Old Fashioned e Manhattan”, dice Mario Farulla, bar manager di Baccano a Roma. Ma non solo. “Provate a fare il French 75, che tra l’altro alcuni sostengono che in origine fosse proprio a base di cognac e non di gin”, consiglia Guillaume Le Dorner, ex manager del celebre bar londinese 69 Colebrooke Row, titolare del famoso Luciole, cocktail bar di Cognac con una delle più grandi e importanti collezioni di questo spirit. Quanto agli abbinamenti virtuosi, non esistono regole rigide. “Personalmente, trovo che si sposino bene a sapori come cacao amaro, cannella, miele e chiodi di garofano”, racconta Cagnazzo. Sulla stessa linea la De Santis: “Io punto sui frutti, le spezie e le bacche che si riconoscono nel distillato per enfatizzare le note organolettiche seppur arrotondandone le spigolosità”.
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A cura di Matteo Cioffi
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