12 Marzo 2019
Sono trascorsi quasi 200 anni da quando un medico di origine prussiana, Johann Siegert, curava i soldati impegnati nella Guerra per l’Indipendenza che infiammava in quell’epoca il Venezuela. Un rimedio naturale, a base di erbe e piante tropicali, messo a punto dopo anni di ricerche, gli permise di portare sollievo ai fisici prostrati dai combattimenti. Questo Bitter miracoloso, che Siegert chiamò Angostura dal nome della località in cui si trovava, ben presto raccolse ampi consensi non solo tra i militari che ne traevano grandissimi benefici, ma anche tra i marinai che con le loro navi attraccavano nel porto locale. Fu semplice a questo punto diffondere nel mondo il Bitter Angostura, grazie ai viaggi di rientro dei naviganti alle loro terre natali.
Un successo che non si è mai arrestato e che ha permesso a Angostura di diventare l’insostituibile alleato nella creazione dei cocktail più famosi oppure nella preparazione di alcune pietanze di carne e pesce. Il merito è di una ricetta semplice ma dal gusto unico e anche di una confezione che è entrata nella storia del packaging grazie alla sua bottiglia di piccole dimensioni a cui è applicata un’etichetta oversize. Un errore tipografico che piacque però talmente tanto da decidere di non correggere questa anomalia.
Per la preparazione di Angostura vengono utilizzati solo ingredienti naturali in una miscela alcolica al 44%. Il Bitter si ottiene tramite l’infusione della corteccia di una pianta, la Cusparia Febbrifuga, alla quale vengono aggiunti chiodi di garofano, radice di genziana, cardamomo, essenza di arance amare e china. Pochissime gocce sono indispensabili per aromatizzare le più famose bevande alcoliche e analcoliche: impossibile pensare a un Manhattan, a un Old Fashioned o un Rob Roy senza la spruzzata di Angostura.
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A cura di Matteo Cioffi
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