pubblici esercizi
16 Luglio 2019Uno dei prerequisiti previsti dalla legge 852 per le aziende alimentari (pubblici esercizi compresi) prevede che tutte le superfici che vanno – direttamente o meno – a contatto con gli alimenti devono essere lavabili e sanificabili, lisce, non porose, prive di anfratti/buchi, realizzate in materiale non tossico e in ottimo stato di manutenzione. L’acciaio inox è la scelta di eccellenza, ma sono ammessi anche altri materiali, a patto che se perdono le loro caratteristiche vengano sottoposti a manutenzione per ripristinarle. «Le superfici – dice Katiuscia Consonni, consulente Haccp per i pubblici esercizi – devono essere sanificate: il che significa che non basta la detersione, ci vuole anche la disinfezione». La corretta prassi igienica della sanificazione prevede 5 fasi: risciacquo iniziale, detersione, risciacquo del detergente, applicazione del sanificante con le modalità e i tempi indicati, risciacquo finale e asciugatura con carta a perdere. «In realtà – prosegue – la soluzione migliore sia da un punto di vista pratico (riduzione dei tempi) che per evitare il rischio di invertire le fasi operative è quella di utilizzare un prodotto unico con funzione sia detergente che disinfettante. La detergenza, infatti, deve sempre precedere la disinfezione; se per distrazione si invertono le due fasi, il disinfettante a contatto con le macchie perde la sua efficacia del tutto o in parte, rendendo vana la procedura. Utilizzare un unico prodotto con proprietà sia detergenti che disinfettanti (sempre seguendo le modalità operative suggerite dal produttore) mette al riparo dalla possibilità di errore. Nel piano Haccp va indicato la procedura di sanificazione seguita per ogni tipologia di superficie, in modo che gli operatori, consultandolo, possano conoscere quale prodotto usare, come e con che frequenza. Se si usano prodotti professionali (non è però obbligatorio) è bene allegare anche la scheda tecnica. Non esiste una frequenza di trattamento che vada bene per tutti gli operatori e tutte le superfici. Indicativamente, la sanificazione deve essere giornaliera per tutte le stoviglie, i piani, le attrezzature di uso quotidiano, settimanali per l’interno frigo, la struttura e filtri cappa (ma per un ristorante che frigge molto una volta a settimana è troppo poco), mensile o trimestrale per le scaffalature dove sono conservati i prodotti non alimentari. L’importante è che la frequenza indicata nel piano di autocontrollo, stabilita sulla base delle caratteristiche dell’attività, sia rispettata».
UNA SITUAZIONE NON PROPRIO ROSEA
Sulla carta sembra tutto piuttosto semplice e logico, ma l’esperienza della consulente dice che la sanificazione non è certo la priorità per la maggior parte degli esercenti. «Sarà un caso – commenta – ma spesso quando effettuo un sopralluogo, il sanificante è appena finito. Nonostante tutta la procedura sia correttamente indicata nei piani Haccp, per i più è sufficiente sgrassare e, anche se utilizzano il prodotto giusto (e non sempre è così), la procedura non è eseguita correttamente. I dettagli vengono trascurati: per esempio viene sanificata l’anta del frigorifero, ma non le guarnizioni che sono difficili da pulire». Purtroppo le stesse Asl sembrano essere più attente alle scartoffie che alla pulizia. «Arrivano sanzioni perché mancano dei documenti – conclude Katiuscia Consonni – mentre situazioni di sporcizia palesi non vengono sanzionate. Il fatto è che l’assenza di documentazione è oggettivamente dimostrabile e inopinabile, mentre la sporcizia è un parametro soggettivo, che andrebbe dimostrata con un prelievo che, però, non vedo effettuare negli esercizi da molto tempo dai veterinari ispettori. Al limite prescrivono di fare un tampone superficiale, ma non lo fanno direttamente».
E I PIATTI?
Se il lavaggio viene effettuato manualmente, bisogna sanificare o con un prodotto chimico (lo stesso usato per le affettatrici, per esempio) o con uno sterilizzatore a UV o a vapore. Per la lavastoviglie ci sono prodotti con capacità disinfettante, ma è la temperatura del risciacquo (di norma superiore ad 80 °C) ad avere potere sanificante contro i patogeni. «Un metodo empirico per valutare che la temperatura sia sufficientemente alta – sottolinea Katiuscia Consonni – è di valutare che le stoviglie escono pressoché asciutte. Se sono grondanti di acqua, significa che la temperatura di risciacquo è troppo bassa».
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A cura di Matteo Cioffi
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