14 Dicembre 2013
Piero Camporesi raccontava da par suo i “miracoli del latte” nelle società agrarie del passato, con i loto tanti interventi delle forze soprannaturali nei delicati periodi dell’allattamento. Lo stato d’ansia e di paura per la crisi alimentare sempre incombente, un tempo, rendeva la lattazione uno dei momenti più delicati all’interno delle famiglie e dei gruppi sociali. La bianca linea della vita costituita dal latte era l’anello indispensabile della trasmissione e della continuità dell’esistere.
Trent’anni prima, nel 1962, Federico Fellini narrava invece più prosaicamente, in un episodio di Boccaccio 70, il culto moderno del latte industriale simbolizzato dal seno prosperoso di Anita Eckberg che, da un poster gigante, turbava il sonno di un censore. Il coretto del jingle pubblicitario che ricorreva nel film cantava “Bevete più latte, ... il latte fa bene ... a tutte le età!”. Era l’epoca del boom economico con alle spalle l’incubo della fame sofferta in una guerra disgraziata e il vitalismo di quel periodo era esente da ogni preoccupazione dietetica.
Globalizzazione alimentare
Oggi, questo liquido prezioso subisce la tensione ansiogena di una società ipernutrita. Si tende allora ad alleggerirlo, a diluirlo sino agli estremi limiti. Insomma anche il latte, è vittima del “pensiero magico” che induce un certo numero di consumatori a confinarlo nel ghetto degli alimenti “bianchi”, quelli da guardare con grande diffidenza: il burro, lo zucchero, il sale, il grasso del prosciutto, ecc.
Parte dei giovani tirati su a omogeneizzati superproteici e affascinati dalle filosofie vegetariane, vegane, fruttariane lo sostituisce con nuove emulsioni vegetali che i nostri progenitori, magri per forza, guarderebbero con stupore se non con disgusto.
Viceversa, tra gli onnivori si manifestano micro-trends che riflettono l’inarrestabile globalizzazione alimentare anche del latte animale.
Citerò l’ormai onnipresente latte di capra, ma cominciano ad essere conosciuti altri sostituti del latte vaccino che promettono piccoli miracoli per le loro micro-nicchie di estimatori. Il loro successo più o meno rilevante dipende in gran parte dalla capacità creativa dei loro story-teller e dai ben noti effetti imitativi nel consumer behaviour della nostra società.
Così nell’Unione Europea è stata recentemente ammessa la vendita anche di latte di Camelus Dromedarius purché sottoposto a trattamento UHT e importato da Dubai. Come sempre, per ogni innovazione alimentare la comparsa sul mercato è accompagnata dall’enunciazione di notevoli benefici nutrizionali: a) metà dei grassi del latte normale e più acidi grassi insaturi, b) 5 volte la quantità di vitamina C e notevoli quantità di B12 e B2, c) maggiore digeribilità e compatibilità con l’intolleranza al lattosio, d) effetti coadiuvanti nella cura del diabete.
Nicchie di consumo
Nel mio libro “Pensato e mangiato” scrissi che il rapporto con il latte è complesso. Ai cinesi di 40 anni fa l’idea di berlo suscitava un disgusto pari al nostro se pensiamo di bere un bicchiere di saliva di vacca (pur essendo entrambe secrezioni ghiandolari dello stesso animale). Ora il consumo di latte in Cina cresce vistosamente e non si vede perché noi europei dovremmo rifiutare quello dei camelidi (tenuto conto che sono animali più puliti di quelle bufale che invece poniamo sulle vette della qualità). Peraltro, in Europa, si comincia a trovare anche il latte di bufala, più ricco di ferro, fosforo e di preziosa vitamina A.
[caption id="attachment_16191" align="aligncenter" width="158"] Latte di cammello[/caption]
Potenzialmente potremmo gustare anche dell’Airag o Kumis di tradizione mongola e ottenuto dal latte di giumenta, altra preziosa fonte di vitamine e minerali per gli abitanti delle inospitali steppe orientali.
L’Europa scopre ogni giorno nuove intolleranze e una tra quelle più di tendenza è certamente quella al lattosio.
I Mongoli, che davvero sono biologicamente intolleranti da tempo immemorabile consumano appunto l’Airag, che, essendo fatto fermentare, non contiene il lattosio.
Il vero problema è che le giumente sono poche, hanno solo due mammelle e sono difficili da mungere, per cui solo gli amanti dei rimedi esotici potranno affrontare il costo di questa bevanda ancora rara in Europa. Interessante è anche lo sviluppo della supernicchia di consumo (in ragione del suo prezzo astronomico) del latte d’asina. Supportato dal Consorzio Italiano Latte Asina di Frosinone e forte delle sue eccezionali proprietà organolettiche (destinate alla prima infanzia) è già presente in un certo numero di farmacie, latterie e negozi biologici.
Latti vegetali
Ciò detto, la tendenza più importante osservabile nel futuro a medio termine sarà certamente la radicale biforcazione tra latti vaccini e quelli che, per analogia visivo-gustativa, sono stati definiti “latti vegetali”. Parliamo dunque dei prodotti ottenuti da cereali, leguminose e semi.
Il consumo di queste emulsioni di acqua, farine e grassi vegetali è sospinto da vitalissime subculture alimentari che sarebbe sbagliato sottovalutare.
Dal punto di vista antropologico non va infatti dimenticato che se oggi consumiamo abitualmente yogurt, cereali da colazione, pani integrali il tutto fu dovuto, più di un secolo fa, al proselitismo dimenticato di Elie Metchnikoff, William Kellogg, Sylvester Graham, ecc. “guru” peraltro irrisi, agli esordi, per la loro perorazione di nuovi stili alimentari.
[caption id="attachment_16189" align="aligncenter" width="150"] Latte di avena[/caption]
I latti vegetali sono interessanti non solo per il loro ruolo sostitutivo della versione animale, in linea coi dettami della più vitale corrente vegetariana: il veganismo, ma, molto più prosaicamente, per la loro straordinaria capacità di adattarsi a molte occasioni di consumo.
I latti vegetali (freschi o conservati), infatti, possono fungere oltre che da bevande da pasto (principalmente da colazione) anche da bevande dissetanti anytime, in antitesi a quelle gassate.
Le innumerevoli varianti che compaiono sul mercato internazionale segmentano progressivamente l’offerta.
Le tante aromatizzazioni ne migliorano poi e sempre di più, il gusto. Ma non dimentichiamo infine le versioni “mangia e bevi” o smoothie (ad esempio con Banana Bread o Apple Pie) che legittimano una loro funzione di sostitutivi del pasto.
La forza intrinseca di questo sviluppo sta insomma nel suo nascere da un pubblico selettivo, istruito e molto attento alle formulazioni dietetiche e, dunque, in grado di “fare tendenza”.
[caption id="attachment_16188" align="aligncenter" width="147"] Latte di anacardi[/caption]
I suoi incubatoi sono due: il mondo del “fuori-casa” e le cucine delle giovani famiglie.
L’osservatore attento infatti potrà scoprire in rete (e in città) un vivace mercato di accessori per preparare frullati, pappe, formaggi, torte, ecc. consoni alle varie ricettazioni elaborate spontaneamente da un network molto attivo.
Ne consegue, in conclusione, che vale proprio la pena di prestare molta attenzione a questa nuova “source of business” del nostro fantasmagorico mondo delle bevande.
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