26 Agosto 2019

L’altra faccia della cucina trentina: intervista allo chef Fiorenzo Perremuto

di Riccardo Sada


L’altra faccia della cucina trentina: intervista allo chef Fiorenzo Perremuto

La cucina trentina è povera a allo stesso tempo sostanziosa: speck, mele, polenta. Una cucina senza fronzoli, dai sapori forti e genuini. Gli ingredienti, apparentemente poveri ma ricchi, sono motivo valido per rimetterla in gioco, anzi rilanciarla, diffondendola nel mondo. È calorica, di sostanza, e adatta perlopiù al clima rigido invernale. Lo sa bene Fiorenzo Perremuto, chef presso il Mas dei Chini di Trento, che stupisce con i suoi piatti che sono un mix perfetto tra tradizione e innovazione. L’incontro lavorativo è avvenuto a fine estate 2018. Per lo chef, questa nuova esperienza con il gestore del maso è stata una rivelazione, o meglio, una rivoluzione, perché lo sforzo era di trovare il giusto connubio tra il concetto di gourmet e quello di agriturismo, che è poi la vera anima del Mas dei Chini. “Avevo concluso da poco la stagione a Molveno e sono stato contattato dalla famiglia Chini. La loro idea iniziale era di puntare sul concetto di aperitivo, ma poi abbiamo pensato di rivoluzionare anche il menù del ristorante. L’idea mi piaceva, l’unico mio timore era il fatto di fossilizzarmi sulla cucina tradizionale trentina. Invece, dopo la ristrutturazione della location, abbiamo rivisto anche menù e staff puntando su un’offerta nuova, pur mantenendo un legame con la cucina trentina”.

Così ha messo su la sua brigata…
La ricerca del personale è fondamentale, ogni persona è un ingranaggio per il funzionamento ottimale di un macchinario. La scelta è stata fatta dalla direzione su mie precise indicazioni, grazie anche alla mia esperienza personale. Oltre ad essere uno chef, sono un consulente dei forni Rational, ho avuto varie collaborazioni con chef stellati, Walter Miori, Diego Rigotti, Alfredo Chiocchetti, grazie a tutto ciò posso dire di avere una mente aperta ed elastica che mi permette di dare e fare bene in cucina.

Lei ormai ha una carriera più che avviata: quali sono le chiavi del successo?
Le chiavi del successo? Ce n’è solo una: non smettere mai di crescere, a livello mentale e lavorativo. Cerco sempre di dare il mille per mille, per offrire un’esperienza unica ad ogni cliente. Quantità non significa qualità, ogni piatto deve racchiudere un’emozione.

Come influenza il menù il fatto di avere un padre siciliano e una mamma veneta? Non solo, non trova che molti ingredienti del nord e del sud non vadano d’accordo come alchimia?
Nord e Sud sembrano agli antipodi, ma non è poi così vero, bisogna trovare un connubio tra essi. Ad esempio basta pensare a un limone, così acido come frutto, ma unito alla dolcezza del salmerino si sposa alla perfezione; o pensiamo a un risotto mantecato al limone con una polvere di porcini; quindi Nord e Sud sono perfetti insieme.

A fare da sfondo c’è la cucina trentina, famosa anche all’estero…
Negli ultimi anni, anche grazie al vino e alla nostra mela trentina, allo speck e ai formaggi ci stiamo “espandendo”: se prima era solo una cucina di nicchia ora ci stiamo facendo conoscere in tutto il mondo.

In funzione di questi ingredienti, ha sviluppato nuove tecniche di lavorazione in cucina?
La cucina è in continua evoluzione, uso varie tecniche, bassa temperatura, sottovuoto, opto anche per le cotture lunghe. Le caratteristiche di un ingrediente vanno valorizzate. Sempre.

Qual è il suo piatto forte?
Ne ho alcuni. Come uno stracotto di manzo, ovvero un pezzo di spalla cotto per dieci ore: la carne prima viene arrostita e bagnata con del Lagrain, le cartilagini si sciolgono e con la gelatina ricavata abbatto il tutto e creo dei cubi che rigenero in servizio. La salsa la riduco portandola a una specie di cioccolata, lucida, quasi un nuovo tipo di fondo bruno, molto filtrato. Non uso sale. Nel piatto la concentrazione dei sali è naturale. Aggiungo solo della polvere di speck. Poi c’è un secondo piatto per il quale uso del pesce di lago, il salmerino; poi faccio una carbonara di montagna molto particolare.

Nei ristoranti impazza la moda del “senza” (glutine, carne, aromi)? Che ne pensa?
È una bella sfida. Personalmente, cerco di soddisfare le esigenze di tutti, uso varie farine, da quella di riso a quella di mais. Il mio menù è composto da 4 proposte, anche se è breve lo curo molto e sono flessibile alle esigenze dei clienti.

Quali sono i prodotti CIC che le vengono in aiuto?
Le conserve e i semilavorati, ma anche le verdure e altri prodotti CIC. Suggerisco i prodotti della Cooperativa anche quando faccio consulenze esterne perché ritengo siano davvero molto validi. Collaboro con Morelli Catering da diversi anni. Un buon punteggio lo assegno anche alla farina “Le quattro stagioni”, che uso per tutte le lievitazioni. Trovo ottimi anche i pelati. La gamma è molto assortita e la Gold è di ottima qualità, come anche la linea surgelati. Facendo alta cucina prediligo materie prime di buona qualità.

TAG: CHEF,QUALITALY 109,FIORENZO PERREMUTO

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