06 Luglio 2014
Certo è che oggi bibite e succhi, non fanno propriamente la ola. E questo perché, in tempi di crisi, quando le prime colazioni, i pranzi e gli aperitivi, nonché le consumazioni al bar in generale, sono diminuiti e continuano a calare per motivi economici, è inevitabile che siano destinati a ridursi ulteriormente anche i consumi di queste bevande.
E non basta: il calo dei consumi, specialmente per le bibite, è infatti da attribuire anche ad altre motivazioni. Una fetta di consumatori, con una forte predominanza femminile, infatti, le evita per motivi dietetici e di costume alimentare, mentre una parte del popolo del web le avversa per motivazioni ecologiste e salutiste, indipendentemente dal luogo in cui sono vendute (sia Horeca che Gdo).
E poi c’è anche un’altra variabile da non trascurare: il bar come uno dei luoghi di consumo privilegiati per queste tipologie di drink (sia per la colazione che per il pranzo), non solo non è più vissuto dai naviganti, nel 32% dei casi, come luogo di aggregazione e punto di ritrovo, ma sta subendo con frequenza e sistematicità attacchi ripetuti da inediti competitor.
Basti per esempio pensare alle aree attrezzate sul posto di lavoro con cucina, forno a microonde e macchine per caffè. E non è un caso che il mercato dei “boccioni di acqua” e delle macchine da caffè con cialde per ufficio abbia avuto un vero e proprio boom e stia facendo segnare numeri in continua crescita.
La conseguenza di tutto è che nel 2013 abbiamo assistito anche ad un forte calo delle prime colazioni e dei pranzi “veloci”, fino a poco tempo fa vissuti, invece, come momenti di consumo ideali per succhi e bibite.
I consumi del web
Quando i naviganti parlano di bibite, succhi e tè confezionati in bottiglia o lattina consumati nel canale Ho.Re.Ca. si limitano nella quasi totalità al contesto del bar.
In sintonia col rilevamento sugli scontrini emessi, il 64% dei naviganti che effettua ancora la prima colazione al bar afferma o di non fare più ciò con regolarità o di avere ridotto la spesa limitandosi ad un solo caffè o cappuccino in piedi.
Il 72% degli internauti dichiara di avere diminuito il budget per il pranzo feriale fuori casa, il 26% di averlo mantenuto inalterato e solo un esiguo 2% sostiene di averlo aumentato, ma non per propria volontà bensì a causa della crescita dei prezzi.
Per il popolo del web il rito dell’aperitivo tutte le sere sembra essere scomparso in tre casi su quattro.
I chatters che effettuano il pasto di mezzogiorno dal lunedì al venerdì “fuori casa” affermano di spendere mediamente 7 euro giornalieri e di bere nel 48% dei casi acqua. è problematico fare rientrare in tale budget anche una bibita ?
Se non fosse per l’indicazione di una spesa di 7 euro, dovremmo dedurre che circa il 52% dei 12 milioni scarsi di italiani acquista durante il pranzo dei giorni lavorativi una bibita al bar (non acqua); dai dati dei fornitori del canale Ho.Re.Ca. abbiamo la conferma che ciò non avviene: per contenere la spesa in 7 euro gli italiani iniziano a portarsi al lavoro le bevande da casa ?
In parte sì, ma ciò nonostante nel 2013 la vendita di bibite, succhi e tè ha fatto registrare un calo del 5,5 % anche nel canale GDO; nel canale Ho.Re.Ca. il calo è stato del 6,5%.
Il 43% degli internauti afferma di consumare più di un pasto la settimana “alla scrivania” o comunque sul posto di lavoro e, se fino a tre anni fa ad avere questa abitudine erano nel 78% dei casi le donne, ora la percentuale degli uomini è salita al 41%.
In questo contesto vi è anche una parte di internauti, il 18%, che afferma di consumare sul posto di lavoro il pranzo comunque acquistato al bar e di questi l’88% dichiara di farlo per risparmiare (ovviamente il “taglio” alla spesa riguarda soprattutto la bevanda ed il caffè più che il costo della consumazione al tavolo).
L’analisi dei mood
Un 19% di internauti non considera “in toto” la possibilità di acquistare bibite, succhi e cole al bar. Di questo 19%, il 76% afferma ciò per motivi economici a prescindere dal momento del consumo (a volte facendone addirittura una questione di principio) e il restante 24% stronca tale possibilità per motivi di avversione a questa precisa tipologia di bevande, indipendentemente dal luogo di acquisto.
Alla base di tale avversione vi sono sia argomentazioni ecologiste che salutiste, quasi equamente ripartite : 49% e 51% (fatto 100 il 24%).
L’immissione di tonnellate di CO2 sia per la produzione del packaging (PET) che per l’utilizzo del trasporto gommato e lo sfruttamento delle fonti sono i principali item ecologisti intercettati nel web, seguiti dall’abbandono dello stesso PET e delle lattine di alluminio nell’ambiente.
Tra gli item salutisti, in questo non intesi con accezione di abitudine alimentare/dietetica, spiccano le critiche su composizione/ingredienti, con particolare attenzione al contenuto di edulcoranti, coloranti, conservanti e antiossidanti.
È doveroso ricordare inoltre il linciaggio mediatico cui le “merendine” e gli snack sono stati sottoposti dal popolo del web; sono state coinvolti in tale massacro anche alcune bevande, succhi e cole particolarmente graditi ai più piccoli o indirizzati espressamente a loro.
Precisiamo di non avere indagato se e quanto tali affermazioni corrispondano al vero, essendoci limitati ad intercettarle e misurarle, poiché lo scopo del rilevamento, alla base del presente riassunto divulgativo, non era analizzare i requisiti di bibite, succhi e tè in bottiglia e lattina in termini di sostenibilità ambientale e sociale, ma era studiare il sentiment che i consumatori esprimono nel web nei confronti di tale bevande acquistate nel canale Ho.Re.Ca.
Tiriamo le fila
Il popolo del web parla di bibite e succhi acquistabili nel canale Ho.Re.Ca. pressoché limitatamente ai bar.
In un tale contesto, dove sono diminuite e continuano a calare per motivi economici le prime colazioni, i pranzi e gli aperitivi, nonché le consumazioni al bar in generale, è inevitabile che siano destinati a ridursi ulteriormente anche i consumi di bibite e succhi.
Le Motivazioni salutiste
Inoltre le bibite, che continuano a fare registrare una diminuzione delle vendite anche nel canale GDO, oltre che evitate da alcuni consumatori, soprattutto donne, per motivi dietetici e di costume alimentare, sono avversate da una parte del popolo del web per motivazioni ecologiste e salutiste, indipendentemente dal luogo in cui sono vendute.
Da non trascurare la possibilità di pranzare con maggiore agio sul posto di lavoro in aree attrezzate.
A ciò va aggiunta una obsolescenza del concetto di bar come è stato concepito e si è strutturato negli ultimi 60 anni.
Non dimentichiamo che se il popolo del web non rappresenta il 100% degli italiani, ma identifica però sempre più la popolazione dell’immediato futuro, i suoi gusti, le sue scelte, le sue tendenze. Anche se lo scopo della web research effettuata era prevedere il trend della vendita delle bibite nel canale Ho.Re.Ca. interpretando le abitudini di consumo del popolo della rete, è spontaneo chiedersi, alla fine del presente articolo, “quale futuro per i bar” ?
Se da un lato è confermato che la crisi “non sta risparmiando e non risparmierà” nemmeno nel 2014 il canale Ho.Re.Ca., dall’altro azzardiamo che, stando ai mood del popolo del web, ridefinire il bar come luogo di incontro, come opportunità di aggregazione sociale, “vendere” non solo un caffè o un panino ma anche un momento di svago potrebbe essere una via per limitare il calo di fatturato.
L’argomento merita sicuramente di essere indagato ed approfondito.
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A cura di Matteo Cioffi
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