17 Luglio 2014
Indagare le priorità valoriali dei potenziali consumatori, diventa ogni giorno sempre più pressante. Specialmente se - come pare- si profilano all’orizzonte cambiamenti epocali che tendono a sovvertire (e in parte lo hanno già fatto) il tradizionale landscape del rapporto “uomo-donna”.
Che nell’universo femminile qualcosa si stia già tempo muovendo non è certo un mistero. Già dall’inizio del XXI secolo (da circa 14 anni, quindi), c’è una tensione molto forte verso il raggiungimento delle pari opportunità. Esordisce così Giuseppe Minoia aprendo i lavori del seminario “Donne e Uomini 2014”, organizzato da Gfk Eurisko. Le donne, infatti, stanno progressivamente superato “la casalinghità”, vogliono vivere sempre più fuori casa e svolgere professioni gratificanti, non necessariamente legate a capacità prettamente femminili.
La famiglia non è più vissuta come nucleo esclusivo di affermazione: la tendenza invece è quella di procedere ad una progressiva ridefinizione del progetto famiglia-figli-compagno.
All’opposto, la controparte maschile sembra scoprire una dimensione più intima, in cui si attribuisce un ruolo marginale allo spazio pubblico, mentre cresce quello riservato al sé come individuo e al proprio soddisfacimento in chiave edonistica.
[caption id="attachment_29190" align="aligncenter" width="519"] Dove crescono i self-directed e i socialrationals[/caption]
Oggi, quasi 3 lustri dopo, questi segnali sono diventati molto più forti: il substrato valoriale femminile si è consolidato e se nel 2000 le capofamiglia erano circa il 14%, nel 2013 siamo a quota 25%.
Una conferma importante, dunque, di cui dà conto chiaramente il Roper Reports Worldwide (RRW), indagando i forti mutamente di valori sociali intervenuti a livello mondiale tra il 2008 e il 1013.
Emerge infatti che le donne europee in questo lasso di tempo hanno compiuto dei passi avanti molto importati in relazione a due sfere di valori: quelli associati all’autonomia e alla crescita dell’individuo (SelfDirected) e quelli relativi al miglioramento della qualità sociale ed ambientale (Socialrationals).
Uomini e donne a confronto
L’aspetto più interessante è che la scoperta di questi nuovi valori ha contribuito a tracciare una netta linea di demarcazione tra l’universo femminile e quello maschile, caratterizzandoli con profili ben distinti. Addirittura – tiene a sottolineare Paolo Anselmi - « Le donne sopravanzano gli uomini con ampi scarti su ben 28 indicatori riconducibili a 5 dimensioni valoriali». Cinque dimensioni valoriali, dunque, che possono diventare altrettante chiavi di accesso per conquistare, interessare e sensibilizzare le consumatrici “in rosa”. Rispetto all’altra metà della mela, le donne europee, infatti, rivolgono molta più attenzione al benessere (e al bell’essere), investono di più sulle relazioni personali e sulla famiglia , rivelano – davanti alla crisi- un senso del dovere ben più spiccato, danno al tema della sostenibilità (tanto ambientale quanto sociale) un peso molto maggiore e dimostrano nei contesti più svariati più apertura alla cultura e alla crescita personale. Il loro, in altri termini, si va configurando come un universo complesso, interrelato e proattivo. Ben diverso, insomma, da quello maschile che punta su valori più individuali, imperniati sul successo personale (con tutto il suo corredo di status, potere e interessi personali) e sulla ricerca edonistica (sesso, avventura, piacere). In questo scenario le donne italiane possono vantare un ottimo piazzamento rispetto alla media delle donne europee, in quanto più esplorative (+16%), tolleranti (+11%) e desiderose di auto realizzarsi (+10%). Non è un caso, sottolinea infatti Paolo Anselmi, che tra le italiane le self directed raggiungano il 35% del totale. Peccato che per le donne, almeno per la maggior parte di esse, queste aspirazioni rimangano ancora a livello progettuale. Perché dall’idea si passi alla realizzazione concreta, infatti, servirebbe un miglior welfare aziendale, per esempio, ma anche maggiore disponibilità dal versante maschile e prodotti e servizi in grado di semplificare la vita (non solo alle donne!) E, infine, una migliore organizzazione dei tempi di lavoro.
La speranza (e l’augurio) per Anselmi è che Governo, istituzioni e imprese assecondino questa innovazione culturale di cui la popolazione femminile è il principale vettore.
Cambio di ruoli e di consumi
Come abbiamo anticipato, cresce la percentuale di capofamiglia femminili (che quindi prendono decisioni economiche in autonomia) e il numero delle donne con istruzione superiore, mentre cala drasticamente il tempo da esse dedicato alla cura della casa (perché gli impegni fuori si sono negli anni sensibilmente accresciuti).
Non basta: anche a livello professionale si assiste di frequente a un’inversione di ruoli che vede l’uomo al seguito della moglie in carriera.
Tutto ciò ha delle conseguenze economiche non di poco conto: crescono infatti la democratizzazione nelle decisioni economiche familiari e il coinvolgimento degli uomini nelle scelte di consumo, tanto che essi diventano sempre più spesso degli shopper professionali.
Esito ovvio del fatto che oggi la donna (visti gli impegni diversificati) non ha più il tempo per assumersi in esclusiva tale ruolo.
Una delle conseguenze più vistose di questa inversione di competenze è, per esempio, il numero crescente (34% nel 2013 contro il 18% del 2000) di uomini attenti al fattore promo quando fanno acquisti.
Ma le ripercussioni sono anche psicologiche e insistono sulla sfera individuale - ammonisce Paolo Salafia -: spesso l’uomo, infatti, per reagire alla perdita di ancoraggi atavici e radicati, cerca rifugio in atteggiamenti nuovi, che inevitabilmente finiscono con l’innescare nuovi consumi. Come la teatralizzazione del corpo, la passione per il fai da te e i lavori manuali d’abilità, la regressione ludica o l’apertura a emozioni che fino a qualche anno fa un “vero macho” non avrebbe mai rivelato. In altri termini gli schemi sociologici (regolati dalla rigida dicotomia uomo- donna) che solo fino a qualche decennio fa guidavano anche l’offerta di prodotti e la proposizione di occasioni di consumo, oggi rischiano di non essere più validi. E non basta propinare alla donna prodotti e servizi un tempo appannaggio maschile e viceversa.
[caption id="attachment_29194" align="aligncenter" width="521"] Le donne self directed in Italia. Fonte Gfk-Eurisko[/caption]
Occorre proprio radicalmente cambiare approccio semantico, semiologico e valoriale. Un esempio lampante è quello della finanza, proposto da Stefania Conti. Oggi la propensione femminile al risparmio è molto alta, peccato però che l’offerta di prodotti finanziari parli ancora troppo un linguaggio maschile che risulta ostico e respingente per una sensibilità diversa come quella delle sempre più numerose capifamiglia. E anche nell’ambito del “salute e benessere” l’offerta deve essere modellata ad hoc. Sono infatti soprattutto le donne ad avere migliori abitudini alimentari e a preoccuparsi che tutta la famiglia mangi in modo sano ed equilibrato; ed è sempre più femminile il consumo di prebiotici, integratori e vitamine.Proprio i livelli culturali raggiunti di recente dalle donne e l’intrinseca sensibilità per tutto ciò che attenga a questa sfera, fa dell’universo femminile – secondo Isabella Cecchini – l’interlocutore privilegiato di aziende marchi e prodotti che al comparto della salute afferiscono. A patto però che si stabilisca tra le due parti un dialogo che tenga in considerazione i bisogni/desideri della donna sotto il profilo dell’innovazione, dell’informazione e della trasparenza. Non è certo semplice compiere questo viaggio nelle sensibilità ancora in gran parte inesplorate dei consumatori che cambiano, ma è necessario. Ed è fondamentale pure affrontare fin da subito l’impresa: adesso che la situazione è ancora piuttosto fluida e magmatica. Perché quando si sarà solidificata sarà molto più arduo per chiunque (si parli di istituzioni, produttori o distributori) riuscire a penetrare le dinamiche profonde del nuovo cosmo e dei nuovi equilibri uomo/donna.
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