31 Ottobre 2014
L’indice di fiducia degli italiani nel 3° trimestre 2014 si mantiene a quota 47, perdendo 4 punti rispetto alla crescita di ottimismo registrata quest’estate, ma stabile rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente. A dirlo è la survey “Global Consumer Confidence” di Nielsen relativa al periodo giugno-settembre, eseguita su un campione di 30.000 individui in 60 Paesi del mondo, dalla quale emerge inoltre che anche a livello globale l’indice medio rimane stazionario, pari a 98, in linea con un cauto ottimismo. In Germania, la nazione più ottimista in Europa, si registra il punteggio di 97. L’Inghilterra si posiziona a 93 punti. I dati europei risultano comunque ben al di sotto di quanto registrato nel Nord America (107 punti) che raggiunge l’Asia‐Pacifico.
Nello stesso tempo, in Italia risulta in crescita la capacità di controllo della spesa. Infatti, se un anno fa il 29% della popolazione dichiarava di essere impossibilitato a risparmiare dopo le spese essenziali a fine mese, quest’anno il dato è sceso al 24%, ma comunque al di sopra della media europea (al 19%).
«Se nei mercati emergenti si registra un consolidamento della capacità di acquisto della classe emergente, nelle economie consolidate, come quella italiana, quest’ultima ha subito un deciso indebolimento, da cui deriva la difficoltà della ripresa - ha dichiarato Giovanni Fantasia, amministratore delegato Nielsen Italia -. A questo fattore si aggiungono gli elementi di criticità provenienti dalla congiuntura internazionale (Ucraina e Medio Oriente). Tale scenario spiega i motivi alla base del mancato incremento dell’indice di fiducia registrato da Nielsen nel terzo trimestre rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Non da ultimo, inoltre, si riscontra un crescente divario tra la posizione economica dei giovani e quella delle fasce più mature, considerato l’alto tasso di disoccupazione che si registra tra i primi».
Uno scenario poco incoraggiante che purtroppo non risparmia certo l’Italia, e che non sembra destinato ad esaurirsi velocemente. Nel nostro Paese, infatti, ben il 96% della popolazione ritiene che l’Italia si trovi ancora in fase recessiva. Il dato, se confrontato con i principali Paesi dell’Unione, risulta il più alto, visto che in Germania la percentuale di quanti ritengono il Paese in crisi è del 42%, in Inghilterra del 56%, in Spagna del 78% e dell’87% in Francia. Il 60% degli italiani dichiara, altresì, che la crisi proseguirà per i prossimi 12 mesi, valore tornato ai livelli del primo trimestre dell’anno in corso, dopo la fase positiva registrata nel 2° trimestre. In Spagna la percentuale di coloro che non vedono ancora la fine del tunnel è del 66%, in Francia del 74%. Più ottimismo, a questo riguardo, si registra nel Regno Unito e in Germania dove quanti non intravedono il superamento della recessione sono rispettivamente “solo” il 45 e il 37%.
In Italia la preoccupazione per le proprie condizioni lavorative è diffusa nella quasi totalità del campione intervistato. E’, infatti, solo il 7% a considerare positiva la posizione occupazionale. In particolare, il 24% del campione si ritiene preoccupato per la stabilità del proprio lavoro, con un dato superiore a quello europeo (14%). L’ansia degli italiani nei confronti della situazione finanziaria individuale, considerata buona solo dal 15% della popolazione (20% nel trimestre precedente), si può considerare una logica conseguenza di tale percezione. Le altre preoccupazioni degli italiani sono legate alla generale situazione economica (13%, vs 11% media UE), alla conciliazione della vita familiare con quella professionale (7%, vs 6% UE). La posizione debitoria riveste motivo di preoccupazione per il 7% del campione, al di sotto della media europea, pari all’8%. D’altra parte, si registrano altre categorie di preoccupazioni: per il terrorismo nel 4% della popolazione, per eventuali guerre nel 3% e per il fenomeno dell’immigrazione (5% vs 3% del trimestre precedente).
Solo il 13% degli italiani si considera poi pronto a fare acquisti di qualsiasi genere. Tanto è vero che, una volta sostenute le spese strettamente necessarie (alimentari, cura casa, bollette, tasse, ecc.), il 39% ritiene giusto destinare ciò che rimane al risparmio. Il 26% lo riserva ai vestiti, il 25% a viaggi e vacanze, il 20% all’intrattenimento fuori casa (ristoranti e cinema). Solo il 13% si dice propenso a spendere per beni tecnologici e, in misura uguale, a immettere denaro per spese dedicate alla casa.
Per ciò che riguarda il controllo della spesa, questo si concentra soprattutto nell’attenzione agli acquisti di vestiario (65%, 59% nel trimestre precedente), ai pasti fuori casa (63%, 58% nel 2° trimestre dell’anno), all’acquisto di brand alimentari economici (58%, 54% nel 2° trimestre), al divertimento fuori casa (57%, 54% nel 2° trimestre). Un atteggiamento meno focalizzato sul risparmio si riscontra, invece, nelle spese destinate al divertimento all’interno delle mura domestiche, che fa registrare un valore pari al 27%, (era al 31% nel secondo trimestre 2014). Nello stesso senso, sono riscontrabili i dati relativi all’acquisto di alcolici (solo il 19% dei rispondenti dichiara di volere risparmiare su questo tipo di bevanda, al 25% nel 2° trimestre 2014) e sigarette (16%, al 19% nel trimestre precedente). L’uso dell’auto viene limitato solo dal 37% della popolazione (nel trimestre precedente il dato era pari al 42%), ciò soprattutto in relazione alla stabilità dei prezzi del carburante.
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