26 Maggio 2015
L’anno scorso lo smartphone al ristorante voleva dire foto di piatti postate compulsivamente e selfie con lo chef. Oggi si fa strada l’ultima evoluzione dell’onnipresente telefonino: il portafoglio elettronico integrato, per pagare avvicinando il telefono al POS c-less, inserendo un pin o una firma elettronica se l’importo è superiore a 25 euro. Le infrastrutture iniziano ad esserci, 250mila pos contactless attivati nell’ultimo anno in Italia. Banche e telcom si sono attivate con i loro “wallet”. E i nuovi smartphone si avvarranno di funzioni di pagamento come Apple Pay, non ancora arrivato in Italia e Samsung Pay: tutti sistemi che consentono di lasciare il portafoglio a casa.
C-less: è solo questione di tempo
La ristorazione e il fuori casa sono due ambiti che potrebbe avvantaggiarsi molto di questi sistemi. “Oggi il 25% dei Pos è già contactless - dice Luciano Cavezzana, Ad di Ingenico, azienda leader nel campo - e sempre più spesso si usa il Pos wireless per far pagare il cliente al tavolo. Tutti i bar e le tabaccherie che hanno Lottomatica li hanno installati, quindi sono pronti ad accettare pagamenti contactless, da smartphone o carta di credito (una su otto è contactless ma solo il 10% è abilitata)”. “È solo una questione di tempo prima che il parco Pos diventi totalmente c-less - dice Nicolò Romani, Head of Innovation Lab di SIA, società che fornisce servizi di pagamento avanzati alle banche - anche se al momento non c’è un reale vantaggio ad usarlo. Le transazioni sono ancora poche (una su 300), ma la direzione è questa”. Perché un esercente dovrebbe richiederlo? “Per dare un servizio in più al cliente”. Poi c’è il grande tema del costo del contante, che per le banche, ma anche per il sistema Paese è pesante. Se in Europa 60 pagamenti su 100 avvengono in contanti, in Italia sono 87 su 100. Al momento comunque sono le banche a decidere, ma c’è anche qualche operatore telefonico che si sta attivando. “Io ho ancora un Pos tradizionale perché la banca non mi ha proposto alternative: forse è restia a chiedermi un aumento del canone annuale - dice Alfredo Zini, socio del ristorante milanese Al Tronco - . Certo che per i clienti stranieri potrebbe essere un valore aggiunto. Le grandi catene ce l’hanno, i piccoli sono scettici perché c’è il grande tema dei costi troppo alti, tanto che molti il pos proprio non ce l’hanno”.
Le app social per trasferire denaro
Poi ci sono le App con wallet integrato: Square e Pay at Table spopolano negli Usa. Un fronte nuovo si è poi aperto con le App peer to peer che consentono trasferimenti di denaro tra privati semplicemente inviando un messaggio al contatto registrato, un po’ come si fa con i messaggi con WhatsApp. Venmo, Paym, fastacash sono utili per dividere il conto al ristorante o al bar evitando le penose giustificazioni dello “scroccone” di turno. GroupMe o Group Pay, facilitano i pagamenti “social” creando gruppi e prelevando da ciascuno la sua quota. In Italia c’è Jiffy: inserita dapprima nel wallet (il portafoglio elettronico) di Ubi Banca, ha già stretto accordi con altre 10 banche. “Due utenti della stessa banca scaricando l’App possono trasferirsi denaro via smartphone da conto a conto” spiega Romani.
Micro pagamenti, una soluzione c’è
In realtà sono proprio i piccoli pagamenti giornalieri come caffè e cappuccino quelli più adatti a convincere il cliente ad usare lo smartphone, perché accorciano i tempi senza preoccuparsi di resti e monetine. Il pagamento dei biglietti del tram è già utilizzato da milioni di persone. Ma c’è il problema delle commissioni. “Che non sono più alte che nel resto d’Europa ma in Italia non c’è l’abitudine di pagarle” dice Romani - . Chi ancora non ha un Pos potrebbe richiedere alla propria banca un mobile Pos, che di solito ha condizioni più vantaggiose” dice Romani. È un’App della banca con dispositivo di lettura carta, ideale in mobilità (per chioschi, ape car, spin off sulla spiaggia). Poi c’è l’evoluzione delle App peer-to-peer in peer-to-business per trasferire denaro non solo tra amici ma all’esercente. “Una sorta di mini-bonifici Sepa che hanno il vantaggio di coprire tutti i conti europei, ovvero 400 milioni di utenti. Ci stiamo lavorando con Jiffy, con tre requisiti: comodità per l’utente, integrazione con il sistema casse e basso costo” conclude Romani. Se poi l’App per pagare integra anche sistemi di fidelizzazione come offerte personalizzate e raccolte punti (lo fa l’americana LevelUp ma l’esempio più fulgido resta Starbucks, 7 milioni di pagamenti mobile a settimana) il vantaggio per l’esercente è evidente. Nel Regno Unito non accettare pagamenti c-less è già considerato uno svantaggio per Bar, ristoranti ed alberghi. Perché questo vuole il cliente. Tra poco inizia Expo e gli stranieri (americani e asiatici) se lo aspettano. Ma presto, scommettiamo, arriveranno anche gli italiani.
Buoni pasto, i primi elettronici
I buoni pasto elettronici sono ormai una realtà (coprono il 7% del totale), fino ad oggi va detto farraginosa. La buona notizia è il recentissimo accordo tra tre big, Sodexo, Qui Group e Day Ristoservice, che hanno finalmente firmato un’intesa, aperta ad altri operatori, per arrivare al Pos unico per leggere i buoni pasto elettronici di diversi emettitori. Ma la prossima evoluzione sarà inserire il buono nel wallet (il portafoglio elettronico) di banche e telcom. Così anche il buono pasto si potrà trasmettere con un “tap” del telefonino.
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A cura di Matteo Cioffi
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