20 Agosto 2015
Alla morte di Paolo Ambrosoli, nel 2010, il corteo funebre è partito da Ronago (Como, al confine con la Svizzera), dalla sede dell’azienda di famiglia fondata nel 1923 dal padre Giovanni Battista, chimico industriale con l’hobby dell’apicoltura. Del resto, non poteva essere diversamente per l’imprenditore comasco (sesto degli otto figli del «papà delle caramelle al miele») e della moglie Palmira.
La storia della dinastia Ambrosoli infatti, da Giovanni Battista in poi, è ruotata in gran parte attorno al miele e a quell’azienda che ancora oggi, con circa 80 dipendenti, è uno dei fiori all’occhiello dell’imprenditoria alimentare comasca.
Per questo in città ci si chiede come si evolverà il conflitto di famiglia che ha portato quattro Ambrosoli a contestare, a suon di denunce, la gestione attuale, affidata a uno degli otto figli del fondatore, Alessandro, 82 anni, presidente e amministratore delegato. Fino a cinque anni fa, accanto a lui alla guida c’era appunto il fratello Paolo. Alla sua scomparsa, al potere è rimasto all’ultimo discendente del capostipite, coadiuvato dal cugino Giovanni, 79 anni.
Il futuro, in termini di successione, è ancora tutto da scrivere. Del resto, non può essere semplice scorrendo il lungo elenco degli eredi di Giovanni Battista. Tra il 1908 e il 1933, l’imprenditore ha avuto otto figli, 5 maschi e 3 femmine, l’ultima delle quali, Giuseppina, è morta pochi mesi fa a 101 anni. Attualmente, sono una trentina i nipoti che, nella quasi totalità dei casi, possiedono ciascuno una piccola quota dell’azienda. Tra questi, alcuni sono rimasti a lavorare nella società e hanno quindi un peso maggiore rispetto agli altri.
Dal 1923 in poi, figlie e nipoti del fondatore hanno respirato l’aria dell’azienda di famiglia. Molti ci hanno anche lavorato per periodi più o meno lunghi. Il primogenito di Giovanni Battista e Palmira, Costantino, era emigrato in Cile, dove aveva fondato una succursale della ditta che produceva miele e dolciumi. Nel Comasco, intanto, la piccola fabbrica iniziale cresceva e diversificava la produzione, allargandola dal miele alle caramelle, alla cera «Ambra» per i pavimenti e alle pagliette di lana d’acciaio per la pulizia della casa. Tutti prodotti che, ancora oggi, sono noti in Italia e nel mondo.
Degli otto figli, inevitabilmente, c’è chi non ha seguito la strada tracciata dal padre. È il caso di Giuseppe, classe 1923, che nei primi anni Cinquanta, dopo la laurea in medicina, si è trasferito a Londra per specializzarsi in malattie tropicali, oltre a scegliere la via del sacerdozio. Prete comboniano, nel 1954 è andato a vivere in Uganda, a Kalongo. Il piccolo dispensario è diventato negli anni un ospedale modello del Paese africano. Oggi i letti sono 350 e dopo la morte del missionario, nel 1987, la Fondazione Ambrosoli prosegue le attività avviate dal sacerdote comasco. Accanto ad Alessandro ci sono alcuni nipoti del fondatore; la terza generazione però, conta almeno una trentina di esponenti. Senza considerare l’inizio della quarta generazione. Il futuro, dunque, si annuncia ancora più difficile, se si pensa ad una società che ha mantenuto lo spirito originario di «azienda di famiglia».
«Non abbiamo mai licenziato un dipendente», ripeteva Paolo Ambrosoli. Ed era uno dei motivi di maggiore orgoglio per l’imprenditore, che ha raccontato spesso di quando Giovanni Battista era arrivato a casa con l’auto piena di alveari e di come l’azienda sia nata «per la passione di papà per l’apicoltura». «Li aveva messi in giardino, ma la produzione superava il nostro fabbisogno», ricorda il figlio. Ed è iniziata la storia della Ambrosoli.
Fonte: Corriere.it
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