16 Ottobre 2015
Home restaurant e social eating tornano alla ribalta della cronaca, complice un articolo pubblicato qualche giorno fa da la Repubblica. Il quotidiano ha infatti dato notizia di una sanzione di seimila euro comminata al "Porta Susa home restaurant" di corso Inghilterra a Torino. Dal giornale si apprende che nessuno dei commensali ha accusato malori. I Nas hanno tuttavia accertato che il locale non possiede i requisiti per somministrare pasti: manca la dichiarazione sanitaria di inizio attività per il locale cucina e per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande da inviare al Comune e il manuale di autocontrollo Haccp, garanzia di qualità degli alimenti.
Il caso, il primo in Piemonte, torna quindi a dare risalto al dibattito sull'assenza totale di regolamentazione in un settore in grande espansione. “Qualcosa - si legge sempre su la Repubblica - che rimanda alle guerre aperte contro Uber e ora anche contro Airbnb per il settore ricettivo”.
E che la questione sia “calda” lo si deduce anche dal fatto che Gnammo, principale portale di social eating italiano, non ha tardato a prendere una posizione ufficiale sul fatto, precisando che “la sanzione amministrativa comminata, di 3.000 euro (e non di 6.000 euro, come erroneamente riportato dal giornale) è stata pagata, secondo i termini previsti, in estate”. Ma non solo. «Non è stata comminata nessuna multa alla pratica di social eating - hanno tenuto a spiegare i soci del portale -, bensì è stata sanzionata una persona fisica che ha somministrato pasti in una struttura non autorizzata a farlo. Il social eating, ossia la pratica di cene private e occasionali tra amici che l’organizzatore ha liberamente scelto di accettare senza organizzazione imprenditoriale, è una pratica assolutamente legale. Cogliamo però l'occasione per ribadire la necessità di differenziare l'attività di social eating da quella di home restaurant, con cui si identificano realtà che organizzano eventi con regolarità e si adoperano affinché anche il rendiconto economico abbia una valenza importante. Noi stessi ci facciamo del resto portatori della volontà che quest'ultimo abbia una specifica normativa. Dall'esperienza di quanto accaduto presso il bed & breakfast torinese è infatti nata la necessità di dar vita al nostro Codice Etico». Un codice che stabilisce le modalità di comportamento che gli utenti della piattaforma (gli Gnammers) si impegnano a rispettare nell’organizzazione e gestione degli eventi food casalinghi. E che viene pubblicato in una modalità innovativa: chiunque sia registrato o meno a Gnammo può contribuire alla sua crescita e definizione, utilizzando gli strumenti di dialogo presenti sul portale.
Gnammo, startup incubata presso l'I3P del Politecnico di Torino, è ormai da anni considerato unanimemente il più grande e attivo portale italiano dedicato alla ristorazione e agli eventi conviviali casalinghi. Permette a chiunque, semplice appassionato o più esperto, di organizzare eventi food in casa propria condividendo i posti a tavola con gli altri membri della community. Nato dalla semplice domanda “Ma come sei bravo… Perché non apri un ristorante?” e dalla fantasia e caparbietà dei suo creatori – Gian Luca Ranno, Cristiano Rigon e Walter Dabbicco - accoglie oggi oltre 110.000 utenti registrati da tutta Italia che hanno scelto di scoprire e vivere un nuovo modo di stare assieme, in casa e attorno ad una tavola.
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