25 Gennaio 2016
I dati sono positivi, ma le sfide per esercenti (e produttori) non mancano. Se la crisi non ha lasciato macerie sul campo (il numero dei pubblici esercizi, contrariamente alle aspettative, non si è ridotto), il cliente/consumatore del 2015 non è lo stesso pre-crisi. Le sue abitudini sono cambiate, le sue aspettative rispetto a quello che cerca nel fuori casa sono mutate. Il consueto appuntamento “Away fom Home” organizzato a fine novembre a Milano da Tradelab per fare il punto sul settore del fuori casa, ha finalmente fornito dati positivi sul presente e sulle prospettive del settore. E ha ben delineato come è cambiando (e sta ancora cambiando) il mondo dei pubblici esercizi: lo spazio per i bar/ristoranti tradizionali e indifferenziati si è ridotto, e sono le nuove formule ad avere successo, quelle in grado di catturare un cliente sempre più alla ricerca di esperienze nuove, a qualsiasi orario, alla ricerca a volta di un caffè a volte di un drink originale, a volte di un pranzo salutista altre volte desideroso di una cena senza pensare al colesterolo. Un cliente molto più esigente e difficile da catturare rispetto al passato, sia per le aziende che per gli esercenti.
La situazione macroeconomica
Luca Zanderighi come da tradizione ha presentato il quadro economico generale. A livello mondiale prosegue l’espansione delle economie avanzate, anche se è cresciuta l’incertezza di fronte alle difficoltà della Cina e di altri Paesi che eravamo abituati a chiamare “in via di sviluppo”. In ogni caso tutti coloro che si occupano di previsioni e di scenari futuri parlano di crescita positiva nel prossimo biennio per tutta l’area dell’Euro. L’Italia finalmente sembra sorridere e uscire dalla lunga crisi economica iniziata nel 2010. Sono molti i dati oggettivi che spingono a questa considerazione, a partire dalla crescita della domanda interna - in particolare i consumi delle famiglie - e dalla ricostituzione delle scorte e degli investimenti in macchinari ed attrezzature da parte delle aziende che non venivano più fatte da molto (troppo) tempo. Gli indicatori segnalano poi in crescita il clima di fiducia degli italiani e buoni sono anche i risultati sul fronte lavoro: la diminuzione della disoccupazione e l’aumento degli occupati sono dati assodati al di là delle polemiche politiche. Tutto questo si traduce in maggior potere d’acquisto della famiglie e aumento delle vendite. La domanda di Zanderighi (e, in realtà, di molti altri) è se questa situazione sia un semplice rimbalzo, come quello di una palla che cade, si rialza, ma poi ricade di nuovo, oppure una vera e propria ripresa. Difficile dare una risposta sicura oggi. Dipenderà dalla nostra capacità di affrontare tre temi molto spinosi. Le sofferenze bancarie (in questo periodo il Governo ha “salvato” alcuni istituti, ma altri sono in sofferenza); il divario Nord- Sud che in questi anni è cresciuto ulteriormente e lo “scivolamento sociale” che durante la crisi ha colpito duramente il ceto medio e l’ha spinto molto verso il basso e in situazioni di difficoltà economica. La relazione di Zanderighi si è chiusa con un ulteriore spiraglio positivo che riguarda proprio il settore dei consumi alimentari fuori casa: hanno ricominciato finalmente a crescere e nel 2015 sono tornati al livello del 2008 (mentre quelli alimentari nel loro insieme, pur cresciuti rispetto al 2014, sono ancora ben lontani dai valori del 2007/2008/2009)… Se non capiteranno imprevisti (ad esempio la minaccia del terrorismo internazionale), è ipotizzabile che la quota del mercato Away from Home possa raggiungere nel 2016 la cifra non indifferente di 71 miliardi di euro e rappresenti oltre il 33,5% dei consumi totali.
Micro-offerte e consumi just-in-time
A Luca Pellegrini è toccato, come di consueto, il compito di fornire stimoli e indicazioni generali su come stia cambiando il mondo del fuori casa e di indicare alcune direzioni verso cui ci si sta ulteriormente muovendo. L’intervento del presidente Tradelab ha preso via dai consumatori, definiti “in cambiamento”. Non sono più quelli di prima della crisi e che siano profondamente cambiati ce lo dicono alcune tendenze. Innanzitutto si muovono sempre più secondo il concetto dell’”uso” invece della “vecchia idea” di proprietà. E se gli esempi più visibili oggi riguardano il mondo dei servizi automobilistici (muoversi seguendo la filosofia dello sharing), stanno anche nascendo formule di home restaurant che dimostrano come questa nuova mentalità abbia conseguenze anche nel fuori casa. In secondo luogo, e legata a questa prima tendenza, c’è quella per cui oggi si è passati dalla ricerca di “beni”, alla caccia di “servizi”: oggi il 45% della spesa degli italiani non va in prodotti, ma in attività molto più immateriali del passato. E, quindi, anche nel nostro settore il cliente starà molto più attento al servizio. In terzo luogo i consumatori oggi sono passati dall’acquisto in un’unica volta (il classico “spesone” del sabato pomeriggio al centro commerciale), all’acquisto continuo in prossimità. E quindi si sta passando dalla programmazione agli acquisti just-in-time, in tempo reale, quando serve o quando se ne ha voglia. E i pubblici esercizi devono saper rispondere alla richiesta di questo nuovo cliente che ricerca il consumo sul momento.
Tra gli spunti più interessanti forniti da Pellegrini per capire meglio come stanno cambiando le richieste dei clienti/consumatori, uno ha riguardato il confronto internazionale. Se guardiamo alla spesa pro-capite per Food&Beverage, Paesi come Italia, Francia, Germania, Spagna divergono pochissimo, meno di quanto ci si aspetterebbe. Ma se si va a vedere come i consumatori effettivamente spendono, si scopre che in realtà il peso del fuori casa cambia molto: si passa dalla Spagna, dove i consumi AFH sono oltre il 50% del totale, all’Italia con il 33%, e la Francia con meno del 25%. A stupire è che proprio dove il peso dei ristoranti è minore (come in Spagna), la quota dei consumi alimentari fuori casa è maggiore. Come è possibile? In realtà oggi a trainare i consumi non sono più le formule tradizionali ma le novità, i locali informali, aperti anche al di fuori degli orari canonici, con formule varie e spesso bizzarre e pronti a soddisfare nuove occasioni di consumo in qualsiasi momento. Secondo Pellegrini per tradurre in operazioni concrete questi stimoli, chi opera nel mercato del fuori casa oggi deve cercare di catturare i consumatori “just-intime”, senza vincoli d’orario, e proponendo stimoli nuovi: puntare sempre più su ibridazioni, cercare di colpire e divertire (il cosiddetto foodtainment in cui non si capisce dove finisca la voglia di cenare ed inizi invece il desiderio di distrarsi e vivere esperienze originali). E per essere ancora più concreti, Pellegrini ha fornito una serie di esempi di chi ha saputo muoversi lungo queste linee ideando attività di successo, come gli italianissimi ideatori di “Chipster-Amsterdam”, una formula a base di patatine fritte con ketchup e maionese spremute da barattoli verticali come fossero mammella di mucca. Se per gli esercenti la sfida del futuro è complicata, anche per le aziende produttrici il lavoro è molto più difficile del passato. Messa definitivamente da parte l’idea che lo stesso prodotto possa funzionare allo stesso modo sugli scaffali dei supermercati e nei bar, ora non c’è più il bar o ristorante tradizionale a cui portare il prodotto. Ci sono tanti bar che parlano a clientele molto diverse che si aspettano prodotti per loro. Proporre oggi un prodotto indifferenziato, uguale per tutti e magari perché ha ben funzionato sullo scaffale dell’ipermercato, è quanto di più sbagliato si possa fare. L’esercente sa bene qual è il suo cliente tipo (giovane/vecchio, amante della qualità o per un consumo veloce e curioso ecc): compito del produttore è proporre il prodotto giusto per lui, quello che soddisfa esattamente quel tipo di occasione di consumo sul quale l’esercente sta costruendo il proprio business. E i gestori non vedono l’ora di avere bevande e prodotti che possono aiutarli nella loro attività di accontentare sempre meglio il tipo di consumatore che hanno messo al centro della propria proposta.
La distribuzione: una filiera complessa
Andrea Boi si è rivolto soprattutto ai produttori, spiegando loro come affrontare con maggior dati, informazioni e concretezza un mercato sempre più complesso e variegato. Ha inoltre fornito alcuni numeri molto interessanti sulla filiera Away from Home (AFH). Dalle analisi di Tradelab emerge in particolare che il valore Sell-in totale valga oggi 22.473 milioni di euro e che sia così strutturato: le vendite tramite i grossisti Food& Beverage pesano circa il 57%. A seguire nel “rifornimento” di bar e ristoranti ci sono, con un peso analogo del 16,5%, i Cash&Carry e le vendite dirette da parte dei produttori. La quota di acquisiti nei supermercati e ipermercati pesa solo il 5%, quella nei negozi di dettaglio tradizionale il 4,5%.
Fuori casa: caccia al cliente sopravvissuto alla crisi
Tradelab: a dispetto della crisi, sempre più pubblici esercizi
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A cura di Matteo Cioffi
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