08 Febbraio 2016
Sarà per il caro affitti, sarà per le imposte, fatto sta che anche nel 2015 si conferma il trend di destrutturazione delle attività commerciali e turistiche. Il che, in altre parole, si è tradotto in un vero e proprio boom per lo street food. A certificare la tendenza è l’Osservatorio Confesercenti sulle nuove imprese aperte nei settori del commercio e del turismo nel 2015, che attesta come, a fronte di un continuo calo di aperture di negozi tradizionali, nello scorso anno siano invece aumentate le nascite di ristoranti, bar e imprese commerciali che fanno a meno di una sede fissa. Categoria all’interno della quale spicca, appunto, il sempre più corposo fenomeno dello street food.
I numeri del resto parlano chiaro: in testa alla graduatoria dei comparti per numero di nuove aperture, c’è il commercio ambulante di prodotti vari, che registra più di 9.700 iscrizioni nel corso del 2015: in pratica, ne è nata una nuova ogni ora. E in questo quadro nel 2015 lo street food si è distinto per dinamicità tanto da aver incassato un tasso di natalità del 10,7%, più del doppio del 4,4% registrato in media dal complesso dei servizi di ristorazione e bar. Subito a seguire si collocano, però, le attività di ristorazione (con 8.627 nuove imprese), mentre al terzo posto si posizionano i bar, che hanno visto nel corso dell’anno 7.557 nuove attività iscritte.
«Mentre la carica di nuovi ristoranti e bar sembra rispondere al crescente interesse che gli italiani nutrono nel tema alimentazione - spiega il segretario generale di Confesercenti Mauro Bussoni -, il boom di ambulanti, imprese di street food e case vacanze sembra dipendere da altri fattori. Colpisce infatti che i settori più dinamici siano quelli che presentano meno spese di avvio e costi di gestione più leggeri, come per l’appunto i banchi e le attività di ristorazione mobili. Il caro affitti e l’incremento di imposte e tariffe stanno indirizzando i due settori verso una forte destrutturazione, spingendo commercio e turismo fuori dai negozi, verso la strada ed il web. E stanno ridisegnando i contorni delle nostre città, in particolare dei centri storici, dove i negozi continuano a diminuire, sostituiti solo parzialmente da pubblici esercizi e bancarelle. Su queste ultime, però, aumentano anche i dubbi. La crescita del commercio ambulante, costante anche durante la crisi, è rintracciabile infatti solo nei registri camerali: incrociando i dati con il database degli studi di settore e dei versamenti contributivi, mancano all’appello quasi 100mila imprese. Abbiamo chiesto, e chiederemo di nuovo in occasione dell’Assemblea degli operatori del commercio su aree pubbliche, il 23 febbraio a Roma, di fare chiarezza sulla questione. Complessivamente, comunque, i dati delle imprese del 2015 dimostrano, ancora una volta, l’avanzamento del livello di desertificazione delle attività commerciali e turistiche nei nostri centri urbani. Secondo i nostri calcoli, un locale su quattro in Italia è ormai sfitto per mancanza d’impresa: per questo abbiamo proposto, tra le altre cose, misure di contrasto al caro affitti attraverso la possibilità di canoni concordati e cedolare secca anche per le locazioni commerciali».
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