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10 Maggio 2016Ragazza sbarazzina, determinata, probabilmente è la toque femminile più avanzata d’Italia. Proviene da una famiglia vocata alla ristorazione, con il padre cuoco e la mamma sfoglina; nonostante le innumerevoli esperienze in questo campo le piace ancora umilmente definirsi “autodidatta” per passione. Allieva di Gaetano Trovato, pigmalione che ha inoculato in lei la fiducia in se stessa e l’amore per il prodotto vero.
[caption id="attachment_97056" align="alignleft" width="300"] Il Ristorante Marconi. Foto di Massimo Pisati[/caption]
La proposta di Aurora si traduce in una cucina non solo moderna, ma soprattutto personale e immediata. “Attraverso i miei piatti cerco di raccontare un percorso fatto di idee e sensazioni che partono dalla qualità in purezza della materia prima per arrivare a una sintesi in cui il gusto è il filo conduttore. Un gusto sempre in movimento, come il mio pensiero, alla ricerca del miglior ingrediente e di nuovi territori da esplorare”.
Lanciamo una provocazione. Perché a casa è più facile che cucini una donna e al ristorante è più difficile trovare una chef?
Una volta era effettivamente così, il mondo del lavoro era prettamente maschile e l’economia domestica era sulle spalle della donna. Adesso è sempre più frequente sentire di uomini che hanno la passione per la cucina e che preparano a casa per mogli e bambini.
Credi sia più faticoso per una donna crearsi una credibilità in questo settore?
Più che faticoso, forse ci vuole più tempo perché ancora oggi nell’immaginario collettivo lo chef è uomo. Pertanto all’inizio c’è bisogno di più tempo per acquisire credibilità nel settore.
Tu come ci sei riuscita?
Non so se ci sono riuscita totalmente, certamente quel che mi sento di dire è che ho sempre vissuto il mio mestiere senza la preoccupazione di essere donna, pertanto la dedizione al lavoro quotidiano mi ha portata a determinati risultati.
Facciamo un passo indietro, il Ristorante Marconi è stato creato dai tuoi genitori. Raccontiamo la storia…
I miei genitori aprono il ristorante nel 1983 con una cucina prettamente di pesce quando io, mio fratello Massimo e mia sorella Mascia eravamo ancora piccini. Man mano l’attività è andata avanti, noi siamo cresciuti e abbiamo seguito le orme dei nostri genitori. Dal 2000 abbiamo impostato una nuova linea per il Ristorante Marconi basato sul nostro credo di unire il concetto di cucina e ospitalità.
Quando e perché hai deciso di metterti ai fornelli?
[caption id="attachment_97057" align="alignright" width="300"] Maccheroni con anguilla affumicata e ostriche[/caption]
Crescendo nel mondo della ristorazione non c’è stata una data, un momento preciso, è stata un’evoluzione e un percorso naturale che mi hanno portato a questo mestiere. Un mestiere molto solido, sempre in movimento con una continua crescita ed evoluzione. Una passione che nasce giorno dopo giorno, nella quotidianità di questo mondo che è una continua scoperta sia a livello lavorativo che personale.
Qual è stato il tuo percorso formativo?
Dopo aver frequentato l’istituto alberghiero, nel 2000 sono entrata subito a far parte dello staff del ristorante dei miei genitori e, qualche anno dopo, ne ho preso le redini insieme a mio fratello Massimo, iniziando così il mio percorso in cucina. Dal 2002 al 2006, approfittando del periodo delle vacanze estive, ho trascorso qualche mese nelle cucine di alcuni importanti chef, come Herbert Hintner del ristorante Zur Rose di San Michele Appiano, Gaetano Trovato del ristorante Arnolfo di Colle Val D’Elsa, Paolo Lopriore del ristorante Il Canto della Certosa di Maggiano e lo chef basco Martin Berasategui.
[caption id="attachment_97058" align="alignleft" width="300"] Sorbetto all’ananas[/caption]
Hai fatto l’Istituto Alberghiero in un periodo in cui quel tipo di scuola non aveva grande credibilità. Cosa è cambiato oggi? Perché così tanti giovani s’iscrivono all’Alberghiero?
Probabilmente i giovani oggi sono incuriositi da questo settore perché se ne parla molto a livello mediatico, complice il fatto che si vedono tanti chef in TV. Si ha forse una visione travisata di quella che è la reale professione. Probabilmente il nostro è visto come un lavoro creativo che ti porta a viaggiare e vivere nuove esperienze, è questa l’idea che immagino affascina un giovane che si trova davanti alla scelta di un percorso di studi.
Sei stata premiata nel 2012 come miglior chef donna d’Italia. Cosa ha significato per te in termini personali, ma anche nel tuo approccio a questo lavoro?
È stato un riconoscimento molto gradito ed emozionante, pur sapendo che ci sono molti altri chef, donne e uomini, che si meritano altrettante soddisfazioni lavorative.
Nel 2008 è arrivata la Stella Michelin. Un’altra grande soddisfazione, un volano per il ristorante…
Certo, grande soddisfazione per il lavoro intrapreso nel nuovo progetto del Ristorante Marconi ma anche gratificazione per tutto quello che i nostri genitori ci hanno insegnato del mondo della ristorazione.
Fai parte dei JRE. Cosa significa far parte di questa associazione?
È una grande opportunità per condividere e confrontarsi direttamente con altri professionisti circa il nostro lavoro. È utile poter comunicare tra noi, in svariate occasioni, la nostra passione e conoscenze, creando scambio e confronto continui. È inoltre molto bello e utile anche l’aspetto di aggiornamento su nuove iniziative e nuovi progetti, utilissimi nella crescita professionale di uno chef.
Raccontaci la tua filosofia in cucina…
La mia idea di cucina è un collegamento tra territorio e ricordi, una cucina di carattere personale, e al tempo stesso contemporanea. Un incrocio e gioco tra tecniche tradizionali e innovative per arrivare a un risultato nel piatto che non vuole essere solo estetico. Non sono quindi alla ricerca dell’esaltazione della tecnica ma di un metodo per esaltare la materia prima e il gusto del prodotto. Fondamentali per me sono la cultura gastronomica e la conoscenza delle tradizioni.
Come scegli gli ingredienti? Hai anche un piccolo orto?
Scegliamo linee naturali sia nel bere (territorio di mio fratello Massimo) che nella materia prima; credo che in una cucina si debba seguire la stagionalità e la produttività della terra. Nella nostra scelta non c’è “solo” il territorio ma anche la qualità del prodotto stesso e delle persone che ci sono dietro. Nel criterio di selezione delle materie prime, la mia filosofia di cucina deve incontrarsi con la filosofia produttiva dell’agricoltore o dell’allevatore, ci deve essere secondo me un rapporto di stima reciproca con i fornitori. Per il momento abbiamo un piccolo orto ma solo nel periodo caldo dal quale prendiamo erbe aromatiche e piccoli prodotti di stagione. Per il futuro speriamo di ampliare la nostra produzione anche nei periodi freddi e invernali; quello che non produciamo noi, lo cerchiamo da agricoltori che lavorano secondo la nostra stessa filosofia.
Quanto aiuta una gestione familiare per avere successo?
[caption id="attachment_97059" align="alignright" width="277"] Aurora con il fratello Massimo che, oltre a curare ospitalità e servizio di sala, è anche sommelier[/caption]
Essendo una famiglia siamo tutti ‘padroni di casa’. Nello specifico ci siamo divisi i compiti in maniera molto naturale: io mi sono dedicata alla cucina, mio fratello, oltre a curare ospitalità e il servizio di sala, è anche sommelier. C’è anche nostra sorella Mascia che coadiuva la sala con Massimo. La nostra è una realtà che permette a ognuno di noi di esprimere quello che sono le nostre passioni e il nostro piacere di fare ristorazione. La gestione familiare ti dà l’opportunità di lavorare per lo stesso scopo, cosa che può diventare più complicata se è in mano a tanti singoli.
Hai molto a cuore il tema della sostenibilità argomento centrale di Expo. Come hai vissuto questo appuntamento? Ritieni che l’esposizione universale sia riuscita nel suo intento?
Credo che il tema della sostenibilità dovrebbe stare a cuore a tutti, soprattutto se preso nella sua complessità, è in fin dei conti ciò che prepariamo per il futuro. Ciò che proteggiamo oggi è ciò che sarà domani. Expo è stata per tutti noi italiani un grande avvenimento che però io ho vissuto in maniera meno attiva poiché presa da tanti doveri che un proprietario può avere in un’azienda non vicinissima poi a Milano. Per il pubblico c’è stata molta attrattiva ma non so fino a che punto il messaggio generale sia stato davvero compreso.
Quale sarà la cucina del futuro?
Non possiamo dirlo con certezza, ma sicuramente c’è molto rumore verso una cucina di concept, una cucina più fruibile, meno statica. Formule di attività trasversali, unite ad altro. Quello che mi auguro per la cucina del futuro è che non venga mai a mancare la professionalità e la qualità dei prodotti, ovunque la cucina venga collocata. Bisogna essere molto severi sulla tutela del mestiere, ma anche del prodotto stesso.
Rimanendo in tema, raccontaci del tuo lavoro con le Onlus africane, dei tuoi viaggi in Ruanda…
Viaggiando per piacere, ho incontrato persone che operavano in una Onlus attiva in Ruanda e da subito ho sentito la voglia di partecipare attivamente in questo campo. Quello che diamo sono aiuti pratici, strutturali, andando incontro a esigenze sanitarie. Procediamo a piccoli passi tenendo monitorate le varie realtà (case di accoglienza e centri nutrizionali), creiamo piccoli progetti per provare a rendere loro la vita più dignitosa.
Il tuo maggior pregio e il tuo più grande difetto?
Pregio: sono una persona determinata, quando mi pongo un obiettivo faccio di tutto per raggiungerlo. Difetto? Sono permalosa.
La ricetta di Aurora Mazzucchelli: uovo, bacon e croccante d’orzo
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