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14 Giugno 2016Vi ricordate Cocktails & Dreams, il nome del locale del film cult “Cocktail”, manifesto di molteplici generazioni di bartender? Ecco, dimenticatevelo! Al Dry di Via Solferino 33, Milano, il binomio giusto è Cocktails & Pizza. Un format rivelazione che accosta la buona cucina, e la buona pizza, alla miscelazione di qualità. Bartender a capo del progetto è Guglielmo Miriello, 14 anni d’esperienza nel settore e, fra gli altri traguardi, la vittoria a World Class nel 2011.
Se ci si sofferma a leggere il tuo curriculum salta subito all’occhio che, per certi versi, sei un cittadino del mondo. Di origini pugliesi, esperienze di lavoro a Shanghai, trapiantato infine a Milano. Quanto si ritrova di questi posti nella tua miscelazione?
Penso che un’esperienza internazionale sia ormai imprescindibile per una buona formazione. Certo, è dura staccarsi dal proprio ambiente, ma per crescere è necessario viaggiare ed esplorare. Milano è la tradizione classica che ho sempre amato recuperare e conservare, Londra l’innovazione e la scoperta di nuovi format, infine l’Oriente ha in qualche modo equilibrato queste due pulsioni, una sorta di equilibrio molto zen che mi rappresenta.
Parliamo dell’esperienza a Shanghai come Bar Manager dello Sugar Bar. Quali differenze, positive e non, hai riscontrato nel mondo del beverage cinese?
Shanghai è sicuramente un osservatorio particolare, non è certo un angolo di Cina tradizionale ma un crocevia internazionale. Una città ricca dove i consumi sono sicuramente alti e di prestigio. In generale c’è una proposta improntata alle ricette classiche sempre molto apprezzate e una forte influenza di stile giapponese nel bartending. Si ritrova poi una grande attenzione al dettaglio, alla cerimonia, al rapporto con il cliente e anche alla classicità, quest’ultima sparita per un po’ in Europa ma che ora sta tornando indubbiamente. Un aspetto con cui ci si deve spesso confrontare in Cina è la piaga della falsificazione delle etichette di molti brand importanti. Spesso grossisti senza scrupoli distribuiscono partite false e anche io, pur lavorando in realtà importanti e strutturate, mi ci sono imbattuto più di una volta.
Ci sono poi le collaborazioni a 5 stelle come con il Bulgari Hotel di Milano per esempio. Cosa significa per un bartender lavorare nel bar di un hotel e come cambia anche il tipo di miscelazione?
Penso innanzitutto che si debba avere capacità e stile indipendentemente da dove ci si trovi a lavorare. Di sicuro l’hotel rappresenta una grande scuola per chi ama la miscelazione classica. In hotel il bar convive con una struttura più complessa di cui si devono rispettare regole che non riguardano solo la sua attività, a volte può essere percepito come una restrizione alla creatività ma io credo che aiuti a crearsi un metodo di lavoro. Bisogna capire il senso di certe regole: per esempio le scelte sull’uso dei materiali per il servizio che devono seguire uno stile coerente con il progetto di ospitalità, possono limitare le idee di cocktail che si vogliono proporre. Anche questi paletti però possono essere stimolanti. È facile essere creativi in libertà totale ma quando lo si è all’interno di certi parametri forse lo si diventa ancora di più.
Arriviamo poi al Dry, il tuo attuale regno di miscelazione. Come lo racconteresti a un cliente che non c’è mai stato?
Innanzitutto precisiamo una cosa importante: Dry non nasce come format per abbinare pizza e cocktails. Il Dry è stato progettato da un think tank di amici, soci e professionisti già “autori” di PISACCO, un altro grande successo nella ristorazione milanese, con l’dea di fare una pizzeria diversa sia nella forma che nella sostanza. L’idea di integrare il cocktail bar è stato un passo successivo pensato per far convivere due anime in uno stesso locale. Dry come “secco”, lo slogan per gli indirizzi “senza alcool” del proibizionismo, è ironicamente il nome perfetto per un cocktail bar; ma può essere inteso anche nel senso di “asciutto”, ridotto all’osso, ai valori fondamentali: alta qualità, contemporanea e accessibile, ma in un progetto avant-garde dedicato ad un altro essenziale italiano, la pizza. Agitati gli ingredienti, ecco Dry Cocktails & Pizza.
Per la serie nasce prima l’uovo o la gallina… Nel fare il pairing pizza e cocktail, nasce prima il menu delle pizze o la drink list o è un processo unico?
Proprio dalla premessa che ho fatto prima non esiste un idea di pairing tra cocktail e pizza. Forse possiamo dire che la proposta che più abbiamo immaginato per la parte bar è quella delle focacce. Si tratta ormai di un must che serviamo in due taglie: in alternativa alla regular, c’è la stessa versione in taglia piccola da quattro spicchi che molti scelgono per accompagnare un drink al bancone. Ma non vogliamo nessuna idea di abbinamento, non vogliamo dare l’idea che questo sia un format di marketing a scapito di quello che deve prevalere, ovvero qualità indiscussa sia in cucina che al bar. Dry è proprio questo: ridurre gli orpelli… Se iniziassimo a fare discorsi complicati e sempre contestabili su abbinamenti e ricette contraddiremmo l’essenza del progetto.
Che tipo di risposta ha avuto l’offerta geniale e golosa del Dry?
La risposta al locale è stata grandissima sin dagli esordi proprio perché ha convinto più di tutti la qualità dei singoli aspetti: un’ottima pizza, la migliore di Milano a detta di alcuni, e un eccellente bar dove bere bene. Noi per primi pensiamo che a tavola in Italia bere cocktail non funziona e non abbiamo mai voluto che accadesse il contrario, magari incuriosiamo più con proposte di vini e birre interessanti anche con la pizza. Chi frequenta Dry può scegliere liberamente ciò che vuole, portiamo carte indipendenti e non sollecitiamo alcun abbinamento… Va da sé che chi magari viene solo per la pizzeria, magari al tavolo prima si concede un giro di cocktail o chi si sofferma al bar, molto spesso ordini anche una pizza da condividere all’ora dell’aperitivo.
Improvvisandoti divinatore e leggendo i fondi dei tuoi drink, cosa vedi nel futuro della miscelazione?
Non amo fare previsioni sul futuro, si perde di vista il presente. Quello che mi sento di dire anche osservando alcuni spunti che già emergono è un avvicinarsi sempre di più tra bartending e mondo della cucina. Non mi riferisco a pairing e utilizzo di ingredienti in ricette originali quanto più all’utilizzo anche al bar di tecniche di alta cucina: estrazioni, essiccazioni, uso di abbattitori e via dicendo. Oltre, molto probabilmente, a un lavoro in backstage che porta il barman a conoscere meglio gli strumenti di lavoro dello chef.
Qual è l’accoppiata meglio riuscita tra pizza e cocktail del Dry?
Tra le varie proposte, due classici del Dry: il French 75 e la focaccia al Vitello Tonnato. Sono in carta sin dagli inizi e guai a toglierli!
La classifica degli spirits di Guglielmo Miriello
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