pubblici esercizi
19 Febbraio 2014Con guinzaglio e museruola gli animali possono entrare nei bar o nei ristoranti. Ma l’ultima parola spetta al gestore
Il provvedimento richiamato a fine ottobre nel ponderoso Manuale sulle norme igienico sanitarie presentato da Fipe rappresenta un momento di chiarimento sulla gestione dei “clienti a quattro zampe”. Una rivoluzione che, dopo spiagge e alberghi, si estende ora anche a ristoranti, bar, pasticcerie e gelaterie.
Secondo la norma, infatti, non vi sono motivi igienico-sanitari per impedire a Fido di accompagnare il proprietario mentre pranza o cena, o ancora mentre gusta il caffè. I funzionari e gli addetti ai controlli delle Asl non potranno, dunque, più erogare multe per la presenza di animali nei negozi dove si consumano cibi e bevande. E altrettanto vale per le Amministrazioni Comunali, che non potranno più prendere decisioni in merito.
La direttiva pone però alcuni limiti: l’animale deve essere al guinzaglio e deve indossare la museruola. Ma non solo.
La libertà di circolazione è, infatti, ammessa solo se il proprietario del bar, ristorante, pasticceria o gelateria è d’accordo.
I gestori che invece non lo sono, possono esporre un cartello con la frase “Vietato l’ingresso ai cani” oppure con la scritta “Io resto fuori” posta sotto al disegno di un cagnolino.
Molte voci, un unico coro
Fin qui i fatti. Ma qual è stata la reazione degli esercenti che peraltro già da anni si confrontano con questo tema? L’impressione è che, per lo più, abbiano già messo in atto comportamenti in sintonia con il dettato della legge.
«Nel mio negozio l’ingresso agli animali è libero da sempre - afferma Giancarlo Tomini, titolare del Cafè Tommaseo, uno dei locali storici d’Italia ed il più antico caffè di Trieste - L’importante è che i proprietari si comportino con buonsenso ed educazione. Un cane può, infatti, disturbare tanto quanto un bambino.
Ma se l’animale resta seduto tranquillamente vicino al tavolo, nessuno se ne accorge». Qualche problema, tuttavia, può sorgere se nel locale son sono presenti persone affette da allergie nei confronti del pelo degli animali. «Anche in questo caso, però, è sufficiente appellarsi al buonsenso - aggiunge Tomini -: questi clienti possono, infatti, chiedere al gestore di essere fatti accomodare in tavoli lontani dall’animale. E ancora meglio è se fanno presente la loro patologia fin dal momento della prenotazione». Non trova invece buona accoglienza l’ipotesi di creare un’area riservata a chi è accompagnato da un cane. «Questa soluzione - osserva ancora Tomini - andrebbe a discapito dell’incasso, dal momento che la possibilità di riempire uno spazio riservato agli animali non sempre è concreta».
E l’atteggiamento rimane improntato all’equilibrio se si passa dal nord al centro Italia: «Le porte del mio bar sono già da tempo aperte ai cani - conferma Angela Bronte, titolare del Caffè dell’Ussero, insegna storica sul Lungarno di Pisa -. è però fondamentale che i padroni li tengano al guinzaglio: stando alla nostra esperienza, infatti, se si segue questa regola di base, la presenza degli animali non comporta particolari disagi. Soltanto in qualche rara occasione è capitato di fare sedere i clienti accompagnati da cani in tavoli più appartati».
E ancora, il tono resta sostanzialmente lo stesso se ci si sposta al Sud. «Se il cane è pulito perché impedirgli di entrare?» si chiedono i gestori del Bar storico del Fortino di Catania.
In buona sostanza, quindi, Fido è (quasi) sempre benvenuto in caffè e ristoranti. Un discorso a parte meriterebbero, invece, alcuni padroni.
I punti chiave
350 mila
A Fipe fanno capo 200 mila gestori di bar, ristoranti e affini, ma la norma tocca tutti i 320 mila esercizi aperti dal Nord al Sud d’Italia
7 milioni
Il provvedimento riguarda una parte consistente della popolazione: sono, infatti, oltre 7 milioni gli italiani che possiedono un cane.
10 anni
In Europa la libera circolazione dei cani nei pubblici esercizi, sempre al guinzaglio e con la museruola, è prevista da una norma in vigore dal 2004. Il “Manuale di corretta prassi operativa per ristorazione, gastronomia e pasticceria” presentato da Fipe, insieme al Ministero della Salute, pone quindi l’Italia al passo con la normativa del Vecchio Continente
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