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15 Giugno 2023"Lavorare in Italia? È una giungla". Iniziava così qualche giorno fa, la "lettera aperta" che Niki Di Landa, campionessa italiana di Ibrik 2020, barista, formatrice ed esperta di marketing, consegnava al suo profilo Linkedin. Una riflessione senza sconti sullo stato dell'arte di caffè e bar a Milano, e in particolare su cosa significa cercare lavoro nell’ospitalita’ in un momento come l'attuale, tra aumento dei costi, inflazione e pressione fiscale.
Per capirne di più abbiamo deciso di intervistarla. Ne esce un viaggio nella Milano rapace del lavoro, che ne dà in abbondanza ma pretende molto. Dove si trova lavoro “breve” ma non un posto dove dormire. Ed emerge anche lo stato del bar italiano, oggi. A rischio per mancanza di competenze, investimenti sulle persone, scarsa managerialità.
Com’è cercare lavoro a Milano, oggi?
"Sono rientrata a Bologna da Atene, dove ho lavorato due anni, a ottobre dell’anno scorso. A Milano sono da un mese e 4 giorni ed è completamente diverso. A Bologna trovavo proposte da 1000-1200 euro al mese fino all’estate, 'poi vediamo'. Se non hai cibo da mettere sul tavolo non ci sputi sopra siamo d’accordo, però far leva su questo significa sfruttare le persone. Più che altro i datori non sono disposti a confrontarsi con un professionista che copre le lacune. Se io di caffè non so niente e ti chiedo di darmi una mano affidati, non contestare ogni cosa che ti dico perché se no preferisco essere pagata meno e fare il mio, per quieto vivere. È forse quello che la gente sta facendo ed è brutto perché entri in un loop con il personale svogliato, verso i clienti e nei confronti dei colleghi. Se uno arriva con entusiasmo, voglia di fare, propositivo, già viene visto male. Diventa un ambiente tossico e alla fine è il settore che ne risente, non il singolo".
È facile trovare lavoro?
"A Milano ti licenzi oggi e domani trovi un altro posto, ma a chi serve? La maggior parte delle recensioni negative sui ristoranti non sono sul cibo, ma sul personale. È fondamentale, basta una battuta, un sorriso e risolvi anche situazioni critiche, il contrario no. E poi hanno tutti bisogno subito. E allora cerchi un tappabuchi, che venga io con delle conoscenze o la ragazzina del liceo non cambia nulla. Non cerchi una risorsa su cui investire, da far crescere, ma uno che ti copre il turno e finito".
Insomma, manca la visione
"Sì, non c’è una visione manageriale né un investimento sulle persone da far rimanere".
Gli stipendi sono un po’ più alti a Milano?
"Sì quanto meno su carta ti propongono qualcosa in più, ma puntano tutti al breve e brevissimo. Io stessa ora sono a 4 mesi con un mese di prova. A 37 anni non puoi neanche prenderti una casa in affitto, e come puoi pensare di metter su famiglia? Siamo una generazione che ragiona di stipendio in stipendio, sembra che si vada avanti per inerzia, tutti si lamentano ma poi non fanno niente. Andiamo a bere una birra e tutti dicono di trovarsi nella stessa situazione. E il giorno dopo sono ancora tutti a timbrare e a borbottare dietro il banco. È scoraggiante. Io mi sono scelta questo lavoro: ho studiato, mi sono laureata, ho 'buttato alle ortiche' 10 anni di studi per fare un lavoro che mi appassiona ma poi metto anch’io in atto queste dinamiche".
Orari?
"Ora sono 5 su 7 che è una rarità, normalmente si fanno 6 giorni su 7, il turno spezzato è ancora molto diffuso, la RAL non ti viene specificata negli annunci quindi se la chiedi sono già piccati. In media sarebbero 42 ore a settimana, ma sono sempre di più. Io ne faccio anche 50, basta che siano pagate, ma se c’è sempre necessità vuol dire che sto coprendo il turno di una persona che non c’è in organico, e sei in carenza di personale".
I datori si lamentano che i ragazzi stanno 2-3 mesi, prendono i soldi e scappano
"Ma fanno bene. Dammi un motivo per restare. Se io so muovermi in diversi ambiti e mi proponi un 4 mesi è ovvio che verso l’estate inizio a guardarmi intorno. Purtroppo siamo una generazione che non ha più l’ottica del posto non dico fisso, ma con un minimo di stabilità, economica ed emotiva, perché è tutto legato. Tu datore investi sulle persone, falle rimanere, che non vuol dire contratti indeterminati per tutti ma fammi un determinato, piuttosto con 3-4 mesi di prova per capire se sono il profilo giusto".
Dicono anche: “Alla prova son tutti splendidi, poi si rivelano mele marce”
"Bastano un paio di settimane per valutare una persona, se non stai a guardare cosa fa allora il problema è la selezione: un datore di lavoro si chiede come mai sceglie sempre le persone sbagliate? Forse decide in modo troppo precipitoso".
Chi non sa che fare ancora oggi apre un bar, tanto c’è il comodato d’uso…
"Io vedo ancora oggi gente che lo sponsorizza, ma come si fa?".
Mi spieghi un po’ come funziona?
"Sono contratti di 3-5 anni, ti danno i macchinari, tazzine, portatovaglioli, ombrelloni, frigo, una volta ti mettevano in piedi il locale, adesso giustamente stanno più attenti. Però ti alzano il prezzo del caffè. Che ti costa anche 5-6 euro al kg in più. I caffè di torrefazioni commerciali nei posti dove ho lavorato erano sui 25-30 euro al kg, non specialty. Non ho mai lavorato per nessuno tranne in Grecia che avesse la macchina di proprietà. Eppure con 20 euro prendi una buona miscela. Se moltiplichi la differenza di prezzo con i kg a settimana, scopri che non ti regalano niente. A volte poi c’è l’ordine minimo, che consumi o no fai magazzino e il magazzino è un costo".
Questione cuneo fiscale e tassazione...
"Non vi piace? Andate ad aprire locali all’estero. Ma sai quanti aprono in Spagna o Grecia e poi tornano? Io sono figlia di imprenditori, in un altro settore, ma mi han detto che ero matta ad aprire un locale, cosa che pensavo di fare a Bologna. Lo so che i primi anni sarei in perdita perché devo pagare l’affitto, i dipendenti, le tasse, le attrezzature, ma fare l’imprenditore è una scelta. Devi fare uno studio di fattibilità, avvalerti di persone che ne sanno, che conoscono le zone, il tuo target, hai bisogno di persone che non siano solo lì a schiacciare un bottone ma che sappiano vendere, fare upselling, che conoscano le lingue, che siano in grado di capire il tuo cliente".
Forse i bar sono troppi
"E fanno tutti le stesse identiche cose. Quando io vado in un posto appena aperto e trovo lo stesso cornetto al pistacchio di un bar aperto da 10 anni mi chiedo: perché devo venire da te, cosa mi dai in più? Entro e non c’è il wi-fi, ma se hai Internet, hai il Pos, come fai a non avere il wifi? E poi parliamo male di Starbucks che io sostengo, ci lavorerei alla Roastery".
A questo proposito, le catene pagano meglio?
"No, ma hanno una policy aziendale, più regolarità, io ho una visita aziendale dal medico del lavoro: è la prima volta in sei anni, da quando faccio questo lavoro".
E in Grecia, com’è la situazione lavorativa?
"In generale è un mondo molto misogino, chiuso tra piccole aziende di famiglia, amici, parenti. Una donna che ha un’opinione per loro è una mina vagante. Siamo ai livelli dell’Italia degli anni ‘50-’60. Pochi contratti, sono spesso accordi verbali e alla prima occasione ti trovi alla porta. Non è tutto oro quel che luccica, all’estero non ti stendono il tappeto rosso perché sei italiano. In Grecia guadagni molto bene sei fai la stagione: anche 2000-2500 euro ma non hai riposi, lavori 10-15 ore al giorno, non hai assicurazioni. Ho visto baristi disperati, lasciati a casa dal giorno alla notte che cercavano un volo o un traghetto per lasciare l’isoletta. La stagione è lunga, 4- 5 mesi ma lo puoi fare a 20-25 anni: dopo? Cosa ti costruisci?".
Chi non sa che fare ancora oggi apre un bar, tanto c’è il comodato d’uso…
"Io vedo ancora oggi gente che lo sponsorizza, ma come si fa?".Mi spieghi un po’ come funziona?"Sono contratti di 3-5 anni, ti danno i macchinari, tazzine, portatovaglioli, ombrelloni, frigo, una volta ti mettevano in piedi il locale, adesso giustamente stanno più attenti. Però ti alzano il prezzo del caffè. Che ti costa anche 5-6 euro al kg in più. I caffè di torrefazioni commerciali nei posti dove ho lavorato erano sui 25-30 euro al kg, non specialty .Non ho mai lavorato per nessuno tranne in Grecia che avesse la macchina di proprietà. Eppure con 20 euro prendi una buona miscela. Se moltiplichi la differenza di prezzo con i kg a settimana, scopri che non ti regalano niente. A volte poi c’è l’ordine minimo, che consumi o no fai magazzino e il magazzino è un costo".
Questione cuneo fiscale e tassazione...
"Non vi piace? Andate ad aprire locali all’estero. Ma sai quanti aprono in Spagna o Grecia e poi tornano? Io sono figlia di imprenditori, in un altro settore, ma mi han detto che ero matta ad aprire un locale, cosa che pensavo di fare a Bologna. Lo so che i primi anni sarei in perdita perché devo pagare l’affitto, i dipendenti, le tasse, le attrezzature, ma fare l’imprenditore è una scelta. Devi fare uno studio di fattibilità, avvalerti di persone che ne sanno, che conoscono le zone, il tuo target, hai bisogno di persone che non siano solo lì a schiacciare un bottone ma che sappiano vendere, fare upselling, che conoscano le lingue, che siano in grado di capire il tuo cliente".
Forse i bar sono troppi?
"E fanno tutti le stesse identiche cose. Quando io vado in un posto appena aperto e trovo lo stesso cornetto al pistacchio di un bar aperto da 10 anni mi chiedo: perché devo venire da te, cosa mi dai in più? Entro e non c’è il wi-fi, ma se hai Internet, hai il Pos, come fai a non avere il wifi? E poi parliamo male di Starbucks che io sostengo, ci lavorerei alla Roastery".
A questo proposito, le catene pagano meglio?
"No, ma hanno una policy aziendale, più regolarità, io ho una visita aziendale dal medico del lavoro: è la prima volta in sei anni, da quando faccio questo lavoro".
E in Grecia, com’è la situazione lavorativa?
"In generale è un mondo molto misogino, chiuso tra piccole aziende di famiglia, amici, parenti. Una donna che ha un’opinione per loro è una mina vagante. Siamo ai livelli dell’Italia degli anni ‘50-’60. Pochi contratti, sono spesso accordi verbali e alla prima occasione ti trovi alla porta. Non è tutto oro quel che luccica, all’estero non ti stendono il tappeto rosso perché sei italiano. In Grecia guadagni molto bene sei fai la stagione: anche 2000-2500 euro ma non hai riposi, lavori 10-15 ore al giorno, non hai assicurazioni. Ho visto baristi disperati, lasciati a casa dal giorno alla notte che cercavano un volo o un traghetto per lasciare l’isoletta. La stagione è lunga, 4- 5 mesi ma lo puoi fare a 20-25 anni: dopo? Cosa ti costruisci?".
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A cura di Matteo Cioffi
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