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16 Novembre 2023“Entro fine mese avremo l’incontro al ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, i tecnici del ministro Lollobrigida ci dicono che siamo a buon punto”. Lo ha detto a Mixer il maestro cioccolatiere Guido Castagna, presidente del Comitato del gianduiotto di Torino che a marzo 2022 ha presentato la richiesta di marchio Igp – l’Indicazione geografica protetta – per il noto cioccolatino piemontese. Il procedimento, che ha ricevuto anche il via libera della Regione Piemonte, al momento scontenta però un colosso, Lindt, dal 1998 a capo di Caffarel, l’azienda che quasi duecento anni fa il gianduiotto lo ha inventato.
Il Comitato piemontese lavora all’ottenimento del marchio Igp dal 2017, si forgia anche del sostegno di aziende come Ferrero e Venchi. Per prima cosa è stata fatta una raccolta dati che ha contemplato l’analisi di un campione di trenta gianduiotti, sia industriali che artigianali.
“Prima di giungere al documento unico e al disciplinare – ha raccontato Castagna – abbiamo praticamente vivisezionato il gianduiotto in modo tale da trovare l’idea che ci permettesse di fare sistema. Dopo un’infinità di anni e tecniche di produzione mutate nel tempo, attenersi alla ricetta originale può mettere tutti d’accordo e conservare quello che possiamo definire a tutti gli effetti un patrimonio italiano”.
LA RICETTA ORIGINALE
Oggi il gianduiotto vale circa 200 milioni di euro all’anno. Così come l’ha inventato Pier Paul Caffarel nel 1865, nella fabbrica di Torino Porta Susa – deve il suo nome al Gianduja, celebre maschera del carnevale piemontese –, si fa con soli tre ingredienti: la nocciola, il cacao (in polvere, fava o massa) e lo zucchero bianco, barbabietola o canna, per non avere parti aromatiche contaminanti che possono alterarne il gusto.
“Il nostro disciplinare richiede rigorosamente la Nocciola del Piemonte Igp, che deve essere presente nell’impasto per il 30/45% – ha detto il maestro cioccolatiere – Anche per tale motivo, si tratterebbe della prima Igp al quadrato in Europa”.
E ancora, la ricetta indica il cacao, al minimo per il 25%, e lo zucchero dal 20 al 45%, ammettendo con percentuali da ‘zero punto’ vaniglia, lecitina di soia o di girasole, e sale.
L’OPPOSIZIONE DI LINDT
Ma alla base della ‘discordia’ con Lindt, c’è l’esclusione del latte, che per la lavorazione del cioccolato si utilizza in polvere. L’azienda svizzera, infatti, richiederebbe l’inserimento del latte nel disciplinare con una percentuale del 10%. “Si tratta di una percentuale altissima – ha spiegato a Mixer il maître chocolatier –. Lo vogliono perché dà al cioccolato la stessa morbidezza della nocciola, perché dà struttura alla produzione e la rende più facile. Allo stesso tempo richiedono un minore utilizzo della nocciola (del -4%, ndr), che come sappiamo costa molto di più”.
Se prima le nocciole erano un prodotto povero e certamente più accessibile, con il tempo quelle piemontesi Igp hanno goduto di un apprezzamento notevole che si rende costoso per le produzioni di massa. Inoltre, gli altri due cavilli a cui si appellano gli svizzeri, sono il nome – invece di Torino preferiscono la menzione del Piemonte visto che il loro marchio è ‘Gianduia 1865. L’autentico Gianduiotto di Torino’ – e il requisito della territorialità: il gianduiotto Igp di Torino dovrà essere realizzato in Piemonte.
Da parte sua, il presidente della Regine Alberto Cirio non ha dubbi: “Il gianduiotto di Torino, conosciuto in tutto il mondo, merita di essere inserito tra i prodotti certificati nazionali e comunitari, anche perché espressione di due eccellenze della nostra gastronomia dolciaria, il cioccolato e la Nocciola Piemonte Igp, prodotto già riconosciuta a livello comunitario”.
COSA ACCADRÀ ADESSO
Intorno agli anni Duemila, alcune aziende avevano tentato la strada Igp per il gianduiotto. “Ma l’interesse era privato – ha aggiunto Castagana -. Noi stiamo lavorando a favore del territorio, nel rispetto delle sue materie prime e di un grande vanto dell’Italia. Per questo vogliamo tutelare il gianduiotto. Il marchio Igp deve essere un atto inclusivo che riunisce le imprese nella promozione di un’eccellenza italiana. Per questo vogliamo l’ok del Ministero e di Bruxelles. Noi andiamo avanti, con o senza Caffarel. Certo, auspichiamo un confronto per giungere a una strada condivisa che porti benefici a tutti”.
Intanto, in questi giorni Caffarel ha chiarito la sua posizione in una nota. “L'importanza dell’iniziativa del Comitato del Gianduiotto di Torino volta a valorizzare la riconoscibilità di uno dei prodotti più caratteristici della tradizione dolciaria torinese, introducendo un’indicazione geografica protetta. Per questo motivo Caffarel, parte di Lindt & Sprüngli Italia, non si è opposta alla proposta e, al contrario, si è sempre impegnata per la ricerca di un accordo di valore”.
Caffarel ha ribadito di essere “un marchio storico fondato a Torino nel 1826", conosciuto in tutto il mondo come ambasciatore del made in Italy, nonché riconosciuto per aver inventato l’autentico Gianduiotto di Torino oltre 150 anni fa, che ancora oggi viene prodotto nello stabilimento di Luserna San Giovanni, in provincia di Torino, utilizzando l’antico metodo dell’estrusione e solo con nocciole Piemonte Igp. A ulteriore testimonianza della lunga tradizione che caratterizza il brand, nel 2022 Caffarel e Gianduia 1865 sono stati inseriti nel Registro speciale dei Marchi storici di interesse nazionale, curato dal ministero delle Imprese e del Made in Italy per valorizzare le eccellenze italiane registrate da almeno cinquant’anni e storicamente legate al territorio.
Nel caso in cui l’Ue dovesse dare parere positivo alla richiesta, Lindt e qualsiasi altra azienda potrebbero comunque continuare a produrre gianduiotti con ricette diverse da quella certificata, ma non potrebbero dichiarare l’indicazione Igp sui loro prodotti.
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A cura di Matteo Cioffi
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