bevande
12 Giugno 2014La parola è d’argento, il silenzio è d’oro. Che sia questo antico adagio ad ispirare quei clienti, peraltro sempre più numerosi, che prenotano un tavolo al ristorante, fissando l’orario e indicando il numero di commensali, e che poi, con sgradevole e arrogante naturalezza, semplicemente non si presentano? Certo, non sempre è prevedibile immaginare con anticipo che i programmi fatti non possano poi trovare conferma nella realtà, ma non spendere neppure una telefonata per informare il ristoratore che, contrariamente al previsto, non si potrà cenare nel suo locale, segnala una grave mancanza di educazione e senso civico. Un comportamento che, fatti salvi rari casi, non ammette scuse, ma che, purtroppo, è oggi piuttosto diffuso: il fenomeno del “No show” - questo l’anglicismo con cui viene indicata la prenotazione non eseguita - rappresenta infatti un problema sempre più sentito dai gestori dei locali, soprattutto nella fascia medio-alta, quella in cui più frequentemente viene richiesta la prenotazione obbligatoria e in cui la generale minor disponibilità di coperti e prezzi medi più alti fanno sì che il “bidone” incida in modo più rilevante sugli incassi.
[caption id="attachment_27555" align="alignleft" width="134"] Claudio Sadler[/caption]
Non stupisce quindi che un forte grido d’allarme sulla crescita di questa sgradevole abitudine arrivi proprio da uno chef stellato come Claudio Sadler che, solo poche settimane fa sul suo profilo Facebook non ha usato perifrasi per esprimere la propria rabbia, raccogliendo in poco più di due giorni 300 “Mi piace” e un centinaio di commenti. «Adesso basta!!! - ha scritto Sadler sul social network -. Ancora ieri sera la storia di maleducazione si è ripetuta. Quattro russi e sette ispaniche hanno disatteso la prenotazione per due tavoli. Persone che non hanno rispetto per chi lavora, per chi fa impresa... Succede spesso». E non è un caso che Sadler nel suo sfogo faccia riferimento in particolare alla clientela straniera, più incline al no show rispetto agli italiani, che pure non sono esenti dalla cattiva abitudine. «In effetti - conferma anche Pietro d’Agostino, titolare del ristorante “La Capinera” di Taormina - riscontriamo una spiccata “propensione” nei confronti delle mancate prenotazioni da parte dei clienti russi, che spesso chiedono alle reception degli hotel di riservare un tavolo e che poi altrettanto spesso non si fanno scrupoli nel cambiare idea senza neppure avvisare».
Come reagire?
Per cercare di limitare i danni, i ristoratori possono però ricorrere ad alcune forme di tutela. Che presentano innegabili vantaggi, ma che possono anche dare vita a non voluti effetti “boomerang”. La prima consiste nel non accettare alcun tipo di prenotazione. In questo caso la salvaguardia dal pericolo “bidone” è totale, ma il rischio è di perdere clienti: specie se in comitive numerose, questi ultimi potrebbero infatti essere poco attratti dalla possibilità di trovare il locale già al completo.
Si può poi optare per una posizione meno drastica, accettando sì di riservare i tavoli, ma avendo cura di richiedere un numero telefonico da contattare in prossimità dell’appuntamento per confermare definitivamente la prenotazione o per verificare l’insorgere di problemi nel momento in cui, all’ora prestabilita, non si presenti nessuno. L’accorgimento però non è sempre risolutivo. «Non di rado ci è capitato - ammette Fabrizio Ferrari, chef e co-titolare de Al Porticciolo 84 di Lecco - che il numero di telefono lasciato suonasse a vuoto. E quando invece abbiamo ricevuto una risposta, è accaduto perfino che venisse negata la prenotazione».
Infine, ci si può dirigere verso una tutela di tipo economico. Le opzioni in questo ambito sono essenzialmente due. Si può richiedere un acconto, cash o con addebito su carta di credito; nel primo caso, si impone tuttavia al cliente il disagio di presentarsi fisicamente presso il locale nei giorni precedenti alla data di prenotazione, mentre nel secondo lo si mette nella condizione non sempre ben accetta di comunicare dati sensibili. In alternativa, si può prevedere una penale, previa richiesta al momento della prenotazione, del numero di carta di credito. Qui però la faccenda si complica: non è facile infatti stabilire il perimetro di regole in base alle quali fare scattare l’applicazione dell’eventuale risarcimento. Chi ne stabilisce infatti l’entità? Quali sono i tempi utili per la rinuncia? E in quali casi si può parlare di “legittimo impedimento” da parte del cliente? E ancora, qual è la tolleranza sul ritardo?
Associazioni in campo
[caption id="attachment_27553" align="alignleft" width="112"] Marcello Fiore[/caption]
Nonostante riveli qualche criticità, quella della penale appare comunque la soluzione più efficace, tanto che proprio verso quest’ultima si stanno muovendo anche le associazioni di settore. «Abbiamo preso contatto con i principali istituti di emissione di carte di credito - anticipa Marcello Fiore, direttore generale di Fipe - per mettere a punto un sistema simile a quello già in vigore per gli alberghi. Nel caso della ristorazione però dobbiamo fare i conti con variabili più numerose e complesse, a partire dalla mancanza di un prezzo fisso che consenta di determinare una penale altrettanto fissa. Un ostacolo che, a mio avviso, potrebbe essere risolto rifacendosi al prezzo medio della ricevuta fiscale. Quanto poi al tempo della disdetta, penso che dovrebbe essere calcolato in base alla lista di attesa del singolo locale e in funzione del giorno e dell’ora».
In termini operativi, «stiamo poi pensando alla definizione di una tipologia di contratto stipulato tra ristoratore e cliente e avallato istituzionalmente da organismi super partes come Unioncamere - spiega Alfredo Zini, vicepresidente delegato all’organizzazione di Fipe -. E gli incontri in tal senso sono in fase avanzata. Questa ipotesi però prevede l’introduzione di un passaggio formale che autorizzi il prelievo concordato in caso di mancata fruizione della prenotazione. Un passaggio che dovrà presumibilmente essere effettuato via internet e che quindi richiederà ai ristoratori di attrezzarsi con siti ad hoc».
All’introduzione della penale sta inoltre lavorando anche Unione Italiana Ristoratori.
«Abbiamo ricevuto un via libera in tal senso sotto il profilo legale - racconta il vice direttore esecutivo Mario Palmieri - e ora stiamo pensando alla creazione di un’app per smartphone e tablet attraverso la quale i ristoratori potranno chiedere, nel caso la prenotazione non venga eseguita, l’autorizzazione al cliente al pagamento di una cifra stabilita. Il sistema prevede che ogni gestore individui l’ammontare del risarcimento e i casi nei quali richiederlo. Una flessibilità che ci auguriamo aiuterà a fare ben accettare questo processo anche ai clienti corretti, che non dovrebbero risentirsi di fronte alla richiesta di una garanzia». Un punto su cui la categoria pare però avere qualche dubbio. «Sono convinto che l’adozione di misure di tutela disincentiverebbe la mia clientela» dice D’Agostino, cui fa eco anche Ferrari: «Appoggerei senz’altro la nascita di azioni di questo tipo, ma credo anche che l’80% dei miei clienti non le approverebbe». La strada da percorrere per risolvere il problema insomma non si prospetta breve.
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