caffè

16 Settembre 2014

Espresso, è ora di sfatare il mito del costo allineato?

di Manuela Falchero


Espresso, è ora di sfatare il mito del costo allineato?

Da sempre abituati ad acquistare vino e prosciutto a prezzi differenti in base al libero mercato, gli italiani non possono fare altrettanto quando scelgono un caffè al bar. Nel nostro Paese, infatti, mettere in discussione la politica del prezzo allineato dell’espresso ha finora rappresentato un vero e proprio tabù.

[caption id="attachment_30950" align="alignright" width="192"]caffe godina Andrej Godina[/caption]

Così, però, potrebbe non essere più in futuro. Le attese dei consumatori su questo tema riservano infatti qualche sorpresa: stando ai dati presentati a marzo al Forum Scientifico sul Caffè organizzato dall’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè (Iiac), un intervistato su quattro si dice disposto a pagare di più pur di gustare una miscela migliore nella tazzina. Come dire, insomma, che il principio del prezzo “fisso” del caffè potrebbe essere superato in nome della qualità. Una teoria di cui è convinto assertore Andrej Godina, trainer di Scae, che proprio dalle colonne del nostro Mixer lancia una provocazione: «Oggi accade che, al costo di un euro, possano essere offerte tanto una miscela pregiata di caffè 100% arabica quanto una pessima miscela 100% robusta, magari anche tostata scura e oleosa. I tempi però sono maturi per modificare questo stato di fatto, sdoganando il concetto che l’espresso debba costare sempre e ovunque un euro». I presupposti del resto non mancano. «Gli italiani - i giovani, ma non solo - viaggiano sempre più spesso e bevono all’estero caffè di buona qualità a prezzi decisamente più costosi di quelli praticati nel nostro Paese - osserva Godina -. Inoltre, la cultura del vino ha posto basi importanti per trasferire la stessa esperienza al mondo del caffè. Proprio grazie a una spiccata differenziazione, il comparto enologico ha infatti innalzato il grado della formazione dei sommelier e il livello culturale del consumatore, che ha potuto sempre acquistare vino di mediocre qualità nella Gdo, ma che ha anche potuto assaporare eccellenti bicchieri serviti nelle enoteche.

Ecco, altrettanto potrebbe avvenire nel caso dell’espresso: l’introduzione di una segmentazione di prezzo potrebbe far aumentare nel consumatore la consapevolezza delle differenze riscontrabili nel prodotto in tazza. E, al contempo, potrebbe far acquisire ai baristi maggior professionalità, permettendo loro di slegarsi da alcuni vincoli e di scegliere di servire alla clientela un’offerta variegata. Per passare dalla teoria alla pratica, credo si possa seguire l’esempio di quanto ho potuto recentemente verificare in alcuni locali di Imperia e Firenze, dove viene servita la normale miscela a 1 euro cui si affianca però una selezione fino a 8 monorigine specialty con un costo massimo di 2,50 euro, il tutto accompagnato da un’immagine di qualità, cura del servizio e una puntuale informazione su ciò che viene servito».

Competenza & comunicazione

I fattori chiamati in causa per la riuscita della segmentazione dell’offerta sono infatti molteplici: naturalmente, al primo posto si colloca la bontà della miscela, ma questa da sola non basta.

[caption id="attachment_30943" align="alignleft" width="151"]caffe maurizio giuli Maurizio Giuli[/caption]

«È indispensabile - conferma Maurizio Giuli, autore del volume “Il ritorno alla competitività dell’espresso italiano” e direttore marketing di Nuova Simonelli, azienda produttrice di macchine per caffè espresso - agire su più elementi che possano diffondere la complessiva cultura del caffè, perché la sola diversificazione di prezzo non porta lontano. Occorre quindi che i baristi acquistino maggiore competenza in materia di caffè. In caso contrario, si potrebbe correre il rischio di vedere messe in vendita miscele di poco conto a prezzi elevati e viceversa. Il prodotto più pregiato deve inoltre essere servito in modo diverso rispetto all’espresso “standard”, così da farne percepire immediatamente il valore al cliente».

Un ruolo sicuramente non marginale deve poi essere recitato dall’informazione diretta al consumatore.

[caption id="attachment_30949" align="alignright" width="128"]espresso luigi zecchini 001 Luigi Zecchini[/caption]

«Si tratta di uno strumento importantissimo, in grado di favorire la conoscenza dell’esistenza di numerosissime varietà di monorigini con le quali si compongono le miscele dell’espresso italiano. Miscele che possono quindi presentare livelli qualitativi decisamente diversi tra loro - osserva Luigi Zecchini, presidente Inei e presidente del Consiglio di Amministrazione dei marchi Filicori Zecchini e Club kavè -. Inoltre, una corretta informazione su quanto viene offerto può fornire agli esercizi pubblici che lo desiderano l’opportunità di proporre alla clientela più di una miscela di caffè, vivacizzando in questo modo il comparto dedicato alla caffetteria».

Ma Zecchini si spinge anche oltre: «La leva della comunicazione può aiutare ad evidenziare modalità di degustazione diverse rispetto a quella del tradizionale espresso, che a livello internazionale rappresenta soltanto una nicchia. Si potrebbe così dare al cliente italiano, tradizionalmente legato all’espresso, la possibilità di scoprire che anche un caffè estratto in modo differente può essere buono».

Qualche rischio, molti vantaggi

Certo, è prevedibile che lungo questo percorso si possa incontrare qualche ostacolo. «La differenziazione dei prezzi - afferma Godina - può portare ad un cambiamento del target di consumatori dei locali e, forse, ad una rinnovata concorrenza. Detto questo, però, credo che prevarranno i vantaggi. Penso infatti che la segmentazione rappresenterà il futuro del mercato del caffè in Italia: le caffetterie diverranno vere e proprie “enoteche” specializzate dove il consumatore potrà scegliere non solamente il marchio o la provenienza del caffè, ma anche il metodo di preparazione». La strada insomma sembra essere tracciata. I modi e i tempi per percorrerla, però, ancora no. Così le colonne del nostro giornale saranno aperte a suggerimenti e riflessioni su questo tema, che continueremo ad approfondire nei prossimi numeri.

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La prova “sul campo”

La scelta della segmentazione di offerta e prezzo si è rivelata vincente nel caso di MyChef. «Da circa un anno abbiamo introdotto tre monoarabiche selezionate da Illy - Etiopia, Guatemala e Brasile -, al prezzo di 1,25 euro nei locali posti sulle reti autostradali e di 1,30 euro nei pdv attivi negli aeroporti, dove il costo base dell’espresso si attesta già a 1,10 euro - spiega Roberto Ventura, direttore della divisione Aeroporti di MyChef -. E i risultati sono stati più che apprezzabili: oggi queste miscele valgono il 25% delle vendite sulla rete autostradale e l’11% negli aeroporti».

TAG: CAFFè DIEMME

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