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11 Ottobre 2016Rispetto a 30 anni fa, tutto il mondo della pizza ha subito una vera e propria metamorfosi. In meglio. Già, perché se prima era un prodotto spesso bistrattato per un mix di improvvisazione e di materie prime scadenti, negli ultimi 20 anni preparazione e qualità sono diventate le parole d’ordine dei pizzaioli. Che sono così riusciti a sdoganarsi dall’etichetta di chef di secondo ordine e a conquistare la stima di cuochi e clienti e l’attenzione di guide, giornali e tv. Anche perché, con l’avvento delle nuove tecnologie applicate ai macchinari, per fare questo mestiere è necessaria una cultura a tutto tondo che sconfina nella scienza: ormai è infatti imprescindibile conoscere gli aspetti tecnici e i processi chimico-fisici che avvengono durante impasto, lievitazione e cottura.
[caption id="attachment_105943" align="alignleft" width="176"] PASQUALE MORO[/caption]
LE ORIGINI DEL CAMBIAMENTO
“La rivoluzione comincia all’inizio degli anni ’90. Il primo passo verso lo sviluppo di un sistema di qualità è il decreto legge n. 351 del 13 aprile 1994 sulle farine: per la prima volta le farine vengono classificate in base al loro contenuto di sali minerali, o meglio delle ceneri dopo avere bruciato la farina”, spiega Enzo Coccia, titolare di una delle più famose pizzerie di Napoli, La Notizia, insegnante di allievi pizzaioli alla Città della Scienza e Città del gusto del Gambero Rosso, nonché fondatore dell’Associazione Pizzaiuoli Napoletani con cui si è impegnato per la registrazione del marchio comunitario Stg.
[caption id="attachment_105944" align="alignright" width="172"] ENZO COCCIA[/caption]
“La classificazione delle farine in tipo 00, tipo 0, tipo 1, tipo 2 e farina integrale ha permesso di creare miscele standardizzate di livello più alto. In passato, il pizzaiolo prendeva una manciata di farine forti e di farine deboli e, a occhio, creava un impasto elastico e resistente. Con l’introduzione delle miscele prodotte direttamente dal mulino la panificazione della pizza diventa più scientifica”, aggiunge. E ovviamente la produzione di miscele sempre più pregiate ha aperto nuovi orizzonti per la creazione dell’impasto. “Per quanto riguarda la pizza al metro, il vero salto di qualità è stato possibile grazie alla ricerca attuata dai mulini che, dopo il decreto legge del 1994, hanno ampliato nel tempo la gamma di farine, nonché agli sforzi di noi pizzaioli impegnati a creare impasti sempre più leggeri”, sottolinea Pasquale Moro, titolare della Casa della pizza a Robecco sul Naviglio (MI) e primo classificato ex aequo nella sezione Pizza in Pala insieme a Tony Gemignani (USA) ai Campionati Mondiali della Pizza 2016. La seconda fase di svolta è legata alla scelta di salvaguardare la vera pizza napoletana. “È Antonio Bassolino, allora sindaco di Napoli, il primo a puntare sulla sua valorizzazione con la richiesta di un codice per la certificazione di qualità da rilasciare solo ai pizzaioli che rispettano la tradizione”, ricorda Enzo Coccia. Siamo nel 1995: ricerca dopo ricerca, nel 2004 viene presentato il disciplinare che garantisce alla pizza napoletana di fregiarsi del marchio Specialità Tradizionale Garantita, Stg. “È alla fine degli anni ‘90 che prende piede l’idea di pizza di qualità, parallelamente allo sviluppo del movimento Slow Food e del gruppo del Gambero Rosso”, aggiunge.
[caption id="attachment_105946" align="alignright" width="282"] PODIO PIZZA CLASSICA ALFIO RUSSO AL SECONDO POSTO[/caption]
Un ruolo determinante lo hanno avuto anche festival e kermesse. In particolare una: “Nel 1997 nasce Pizzafest, appuntamento annuale che dal 2004 diventa pure evento internazionale. La manifestazione segna uno spartiacque: è qui che si iniziano a proporre pizze di alta qualità con prodotti eccellenti, dal pomodoro alla mozzarella passando per l’olio”, puntualizza Coccia. Oltre a Enzo Coccia, pionieri dell’innovazione nel segno dell’eccellenza sono stati il veneto Simone Padoan e il romano Gabriele Bonci. Senza scordare il napoletano Gino Sorbillo, titolare della pizzeria “Gino Sorbillo” tra le più famose e apprezzate del centro storico, fondatore della Casa della Pizza, un luogo di incontri e dibattiti sul piatto napoletano più famoso e amato al mondo per addetti ai lavori ed appassionati, da sempre in prima linea nella “battaglia” per ottenere dall’Unione Europea il marchio Stg. “Rispetto a 30 anni fa, la pizza è migliorata sia in termini di impatto sociale, sia a livello di qualità. Merito anche delle nuove tecnologie applicate ai macchinari, che agevolano il lavoro del pizzaiolo e lo rendono più preciso”.
[caption id="attachment_105947" align="alignleft" width="243"] FEDERICO DE SILVESTRI[/caption]
Non è tutto: pure l‘avvento di internet ha contribuito alla rinascita del settore. “Giornali online, blog, siti dedicati e social media sono stati strumenti utilissimi per la crescita dei pizzaioli, perché ci hanno permesso di studiare, di scambiarci informazioni e di favorire l’interesse per la ricerca e per l’approfondimento”, sottolinea Sorbillo.
LO SCENARIO ATTUALE
Rispetto a trent’anni fa oggi non c’è solo più qualità, ma anche più varietà nelle farciture. “La pizza è ormai interpretata come un vassoio, si può guarnire con qualsiasi prodotto e spesso si ispira all’alta cucina, come insegna Simone Padoan”, osserva Pasquale Moro. Così oltre ai gusti classici, in menù compaiono sempre più spesso abbinamenti originali e ingredienti pregiati. Un passo in avanti reso possibile dal dialogo tra pizzaiolo e chef, conquista peraltro abbastanza recente. Come ricorda Gino Sorbillo “tra le fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni’80 molti ristoranti decisero di eliminare la pizza perché veniva percepita come fattore squalificante per il locale.
[caption id="attachment_105948" align="alignright" width="300"] LA PIZZA IN PALA DI PASQUALE MORO[/caption]
A quell’epoca i rapporti tra chef e pizzaioli erano praticamente inesistenti, a differenza di oggi”. La svolta risale alla prima metà degli anni’90 “quando diventa una tendenza disporre il forno accanto alla cucina, favorendo quindi la contaminazione tra i due reparti”, specifica Alfio Russo, secondo classificato per l’area Pizza Classica agli ultimi campionati mondiali della pizza, anima del Pizz’art di Siracusa. E se le più richieste restano le pizze classiche, ormai è chiaro a tutti che sia meglio diversificare l’offerta. “In termini di numeri, Margherita, Capricciosa e Marinara vanno per la maggiore, ma resta importante offrire nuove proposte per differenziarsi e per rispondere al desiderio di novità dei clienti” puntualizza Federico De Silvestri, primo classificato ai campionati mondiali di pizza 2016 per la migliore pizza senza glutine, titolare della Pizzeria Quattrocento di Marzana (VR), dotata di due laboratori, di cui uno destinato solo alla pizza senza glutine.
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