bevande
10 Dicembre 2013I numeri e le esperienze di chi propone con successo il Franciacorta ai pubblici esercizi
Proporre il Franciacorta è una scelta vincente. Lo dicono i numeri: quelli delle bottiglie vendute, quasi 14 milioni, e quelli degli ettari di terreno rivendicati alla Docg, passati dai 2.283 del 2008 ai 2.876 nel 2012. Ma anche le esperienze di chi lo ha introdotto nel proprio locale e di chi lo vende a bar e ristoranti. Come mai? «Perché non solo è un prodotto piacevole e di qualità, ma ha anche una storia da raccontare, importante elemento di sostegno nello stimolo della curiosità della clientela, nella creazione della reputazione del prodotto e nel supporto alle vendite», risponde Lucia Barzanò, titolare con il fratello Giulio della storica Azienda Agricola Il Mosnel.
[caption id="attachment_15903" align="alignright" width="300"] Lucia e Giulio Barzanò dell'azienda agricola Il Mosnel[/caption]
Fatta questa premessa, come proporre al meglio il Franciacorta? «Innanzitutto, è essenziale conoscere profondamente il prodotto per poter consigliare il cliente nei migliori dei modi», avverte Andrea Costa, enologo responsabile della cantina produttrice Barboglio de Gaioncelli e del ristorante omonimo, che propone una carta vini di 180 etichette, di cui 85 di Franciacorta. E poi, è importante trasmettere al cliente la cultura del prodotto e del territorio: «Quando si parla di bollicine, in Italia si fa ancora troppa confusione tra Prosecco e Asti, fatti col metodo Charmat, e il Franciacorta realizzato col metodo della rifermentazione in bottiglia, che richiede come minimo tre anni. Un processo più complesso e lungo rispetto allo Charmat e, quindi, di costo superiore», sottolinea Marina Tonsi, fondatrice col marito Mauro Franzoni dell’azienda agricola Cortebianca di Sergnana di Provaglio d’Iseo.
[caption id="attachment_15904" align="alignleft" width="245"] Marina Tonsi dell'azienda agricola Cortebianca di Sergnana[/caption]
Ma non basta: per avere successo, bisogna avere il coraggio di osare. «Il Franciacorta è un vino adatto a tutto pasto: suggerisco quindi di puntare sulla creatività, dando spazio ad abbinamenti insoliti, senza temere di sovvertire le regole dei mix canonici. Nell’immaginario collettivo, è un vino importante: in realtà, si sposa splendidamente anche con piatti semplici. È il caso del Brut con la pizza o del Rosé con l’hamburger. E se il connubio Satèn e risotto è un classico, pochi sanno che il Rosé Pas Dosé è ideale con la tagliata», spiega Lucia Barzanò. E ancora: «L’Extra Brut può essere proposto non solo con frutti di mare, crostacei ed ostriche, ma anche con la mortadella; il Rosé con salumi e carni bianche e il Satèn con formaggi di media e lunga stagionatura, dal sapore intenso, come parmigiano e caprino», osserva Marina Tonsi.
Dettaglio non irrilevante: la Franciacorta offre una gamma di prodotti che vanno dai 100 ai 10 euro a bottiglia. Insomma, ce n’è davvero per tutti i gusti e per tutte le tasche. Ma come orientarsi negli acquisti? «Per l’attività di bar, consiglio di investire sulle tipologie Brut, il prodotto più facile da proporre al consumatore, Satèn, ideale per chi non è abituato alle bollicine, e Rosé, la cui richiesta è in continua crescita. Se il bar lavora bene, meglio le bottiglie formato magnum: oltre a essere comode, garantiscono un’assoluta qualità al Franciacorta», raccomanda Lucia Barzanò. La spesa media per introdurre il Franciacorta in carta? «Dipende. Per un bar, ipotizzando quattro casse di Brut, per farne il cavallo di battaglia, una di Satèn e una di Rosé per differenziare l’offerta, il budget si aggira intorno ai 450 euro per 36 bottiglie », calcola la Barzanò.
Per quanto riguarda il ristorante, invece, si può stimare un investimento di circa 600 euro: «Come bicchiere “d’ingresso”, ideale è il Pas Dosé. Per accompagnare le portate, invece, opterei per tipologie importanti: Millemisati, Extrabrut e Riserve. La scorta per un ristorante, quindi, potrebbe articolarsi in tre cartoni di Pas Dosé, due di millesimati e uno di riserva», afferma la titolare del Mosnel. «Quando il bar gode di una forte rotazione, il ritorno economico è più rapido rispetto al ristorante, anche perché il guadagno è superiore quando si vende la bottiglia a bicchieri. Detto questo, i margini di profitto sono interessanti anche per il ristoratore, soprattutto se è bravo a far girare il prodotto».
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