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22 Marzo 2023La ristorazione è sempre più interessata a includere piatti 100% vegetali nel proprio menù, trainata dalla domanda crescente della clientela, che predilige portate senza carne. Le motivazioni di questo trend sono diverse: salutistiche, legate a intolleranze o allergie, o per una scelta etica.
A prescindere da quale sia la ragione, avere proposte in grado di accontentare tutti, è una mossa vincente per avere la linea già pronta, semplificare il lavoro in cucina e conquistare nuovi clienti. Ma come vanno indicate a menù queste pietanze perché siano accattivanti per molti e non segmentanti?
A questa domanda risponde Fabio Asti, Executive Chef Bonduelle Food Service dal 2017, anche con un contributo video disponibile sulla piattaforma Greenology, progetto di Bonduelle Food Service, nato con l’obiettivo di promuovere l’alimentazione vegetale nelle cucine professionali.
Per sviluppare un menù a base vegetale che non escluda potenziali pubblici, tra chi non segue una dieta vegetariana o vegana, è importante utilizzare una comunicazione inclusiva. Inserire a fianco del nome del piatto la dicitura vegano o vegetariano non sempre è la strategia giusta. Chi non segue un regime alimentare vegano o vegetariano infatti tende spesso ad associarlo a portate povere di gusto e poco sazianti.
Ancora più importante diventa allora la presentazione nel menù, lo strumento principe per la scelta. Ma quali sono gli errori da evitare? Abolire il termine “senza”: non invoglia all’assaggio. La parola “senza” richiama una privazione o una limitazione e si porta dietro un’accezione di negazione.
In base a un'indagine svolta in una caffetteria Sainsbury’s modificare il nome da Purè con salsiccia senza carne a Purè con salsiccia vegetale speziata ha portato a un aumento delle vendite pari al 76%. Anche termini come “a basso contenuto di”, “con pochi grassi” o “con pochi zuccheri” non vanno inseriti a menù. Definire qualcosa su come non sarà, limita infatti la capacità del cervello di immaginare in maniera positiva il sapore di un alimento.
Cosa fare invece per un menù 100% vegetale, ma inclusivo? Ai termini “vegan” o “vegetariano”, meglio preferire “a base vegetale” o “plant-based” oggi più diffuso e con meno limiti nell’immaginario collettivo. Giocare poi con la provenienza degli ingredienti, per stuzzicare la curiosità e creare nella percezione del consumatore associazioni positive. Bisogna tenere sempre presente che clienti vegani o vegetariani sono abituati a leggere gli ingredienti con attenzione e selezionare quanto è adatto al loro stile di vita, anche se non segnalate da termini o simboli specifici.
In generale puntare sulla descrizione dei piatti e sui sapori è sempre una strategia vincente. Usare quindi termini come dolce, delicato, saporito, aromatizzato e così via. Stesso discorso vale per la consistenza, il colore, la tecnica di cottura impiegata.
Per concludere nella costruzione di un menù meglio privilegiare sempre un linguaggio che stuzzichi le sensazioni ed evitare di fare distinzioni tra piatti onnivori e piatti esclusivamente vegetali, lasciando al cliente di essere guidato nella scelta senza pregiudizi.
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A cura di Matteo Cioffi
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