pubblici esercizi
18 Ottobre 2016Se il contenzioso Iva che ha coinvolto il settore del gaming nell’ultimo decennio è in via di estinzione, lo stesso non può dirsi per gli accertamenti tributari in materia di imposte dirette. La maggior parte delle contestazioni accertate negli ultimi anni si fonda in particolare sugli scostamenti rilevati dagli uffici tributari tra i dati dichiarati dai gestori o dagli esercenti diretti proprietari di slot e quelli forniti dai concessionari di rete. L’Agenzia delle Entrate, con Provvedimento del 09.05.2016 (prot. 70174) per favorire la comunicazione con i contribuenti e stimolare l’emersione degli obblighi tributari, consente agli operatori di motivare ed eventualmente regolarizzare le incongruenze riscontrare (per il 2011) riducendo le sanzioni ed evitando il contenzioso. Ma la maggior parte delle anomalie riscontrate (e degli avvisi di accertamento degli ultimi anni) è dovuta all’applicazione del cosiddetto “forfait”. Il concessionario, per legge, è l’unico soggetto autorizzato a certificare i compensi percepiti da gestori e/o esercenti, come risultanti dalle letture telematiche della rete che collega gli apparecchi, secondo il principio della competenza economica ed in base alla ripartizione concordata tra le parti coinvolte. Come richiamato anche dalla Circolare del 2014: “Metodologia di controllo per sale giochi e biliardi”, in caso di mancata lettura degli apparecchi, ai fini dell’assolvimento del Preu il concessionario è tenuto a rendicontare e prelevare dai propri terzi raccoglitori l’imposta in base ai suddetti imponibili forfettari (ad oggi pari a 560 euro giorno, importo generalmente superiore alle medie effettive di raccolta); ma tali rendicontazioni non possono valere ai fini della certificazione dei compensi. Basti pensare che gli imponibili si riferiscono a stimate somme giocate (Coin-In), su cui calcolare il prelievo (dal 01.01.2016 pari al 17,5%, oltre allo 0.8% per Canone Adm), e non a stimati “residui della raccolta” (al netto delle vincite erogate ad oggi non inferiori al 70% del giocato), su cui si fonda, nella maggior parte dei casi, la ripartizione dei proventi. Per tale motivo, un numero anche ridotto di apparecchi non letti, nell’arco di una quindicina, può generare pesanti incongruenze fra i compensi rendicontati e quelli effettivamente spettanti agli operatori. Né può valere in generale il principio che, all’atto del ripristino della lettura dei contatori, il conteggio reale venga ripristinato. Si pensi ai casi (frequenti) in cui la corretta lettura dell’apparecchio non avvenga, per malfunzionamento, aggiornamento del produttore, o chiusura di un esercizio; un ripristino effettuato ad inizio esercizio solare successivo determinerà una palese discordanza di valori certificati in chiusura di quello precedente. Ove la lettura non venisse ripristinata (furto, danneggiamento con impossibilità di recupero dei dati, ecc.) il sistema genererà compensi forfettari mai effettivamente percepiti. E ancora, un apparecchio allocato da un esercizio all’altro in mancanza di lettura, determinerà a danno del primo esercizio l’applicazione del forfait ed a vantaggio del secondo uno “scarico” di compensi. Per l’esercizio scorso, a fine maggio non risultavano ancora inviati, da alcuni concessionari, i rendiconti riepilogativi dell’esercizio 2015 e finché il sistema informatico di collegamento e rendicontazione non risulterà adeguato ed uniforme sul territorio, continueranno ad insorgere le anomalie e le conseguenti potenziali contestazioni tributarie.
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