pubblici esercizi
04 Aprile 2017Il nome è un punto d’inizio, quasi una vera e propria “certificazione di esistenza in vita”. E per questo trovare quello giusto spesso risulta un’impresa non da poco. La scelta, infatti, spesso porta con sé un carico inespresso (e magari inconfessabile) di aspettative, significati e simboli. I nomi propri di persona ne sono un esempio lampante. Indimenticabile, in questo senso, l’Ernesto di Oscar Wilde (nella versione originale Earnest, nel senso di serio, coscienzioso, zelante), apprezzato e ricercato proprio grazie alle virtù promesse dal suo nome. Ma anche quando si tratta di un locale (che sia un bar, un ristorante, una gelateria non fa molta differenza) trovare il nome non è sempre semplice e “indolore”. Non tutti hanno un’idea vincente a portata di mano, mentre molti sono soggetti a stimoli e suggestioni contrastanti che finiscono con il confondere del tutto le idee Non a caso, sull’argomento, fioriscono in rete forum di vario tipo in cui gli utenti (con competenze e formazione quanto mai disparte) si profondono in consigli e perle di saggezza. Per non parlare dei name generator che in modalità assolutamente random propongono soluzioni prêt-à-porter ai meno creativi. Con il risultato, magari, che si opti per la scelta meno felice. Serve, invece, un approccio proficuo alla questione: prendere di petto il tema, capire con esattezza cosa faccia al caso nostro e infine optare per la scelta migliore, in grado di valorizzare il locale. “Scegliere il nome giusto per il proprio locale – ci spiega infatti Béatrice Ferrari, fondatrice di Synesia ed esperta di brand naming – ha infiniti vantaggi, in particolare se il progetto ha un potenziale di estensione nazionale o addirittura internazionale.
Ma cos’è il nome giusto?
Appunto: è importante definirlo. Direi che le componenti essenziali sono così riassumibili:
È importante però comprendere che il “nome giusto” può solo ottimizzare il successo di un locale che di base è vincente. Ma non potrà mai salvare un progetto scadente.
Quale iter si deve seguire nella scelta?
Occorre sempre procedere a step, cominciando dal capire il posizionamento e i valori del progetto che si sta per sviluppare: “Quale offerta?”; “Quale cliente?”; “Quali valori intendo comunicare?”; “Voglio distinguermi attraverso un’offerta unica e originale oppure preferisco cavalcare un trend di successo?”
Il progetto imprenditoriale può influire sulla tipologia di nome?
Certo. Finché il progetto è limitato a un punto vendita, ci si può “accontentare” della semplice associazione del “giusto” con il “piacevole”. Se l’intenzione è invece quella di ampliare il business replicando il punto vendita in diverse location regionali, nazionali o addirittura internazionali, allora il brand naming non può più rispondere solo al “piacere”, ma deve “funzionare” sulla base di criteri di più ampio raggio.
Il campo del naming è vastissimo: quali sono i macro raggruppamenti tipologici più in voga oggi?
Cerchiamo di enuclearne alcuni:
Il trend però più palese, e sicuramente corretto per una migliore collocazione del locale, è quello di completare il nome di fantasia con una parola o descrizione generica come Bar, Shop, Café: Lounge Bar, Gelateria, Bar, Coffee Shop, Café, Wine Bar, Kitchen Bar, Bar&Kebab, Restaurant&Bar, Spirit&Kitchen, Store&Bistrot, Cocktail, ecc...
Cambiare il nome gioca a favore o a sfavore (perdita di identità)?
È sempre meglio non cambiare mai, salvo nel caso in cui si sia obbligati per motivi legali o linguistici. Tutta la vita e la reputazione di un locale, infatti, vengono sintetizzate nel suo nome e in esso sono riassunte la storia, l’esperienza, l’offerta... Tutto!
Nel caso di cambio di nome esiste una strategia?
Certamente: quella di portare con sé tutta la clientela che già frequentava il locale e tutto il pubblico che lo conosceva. Sarà fondamentale procedere con un’operazione di comunicazione in grado di trasformare un limite in opportunità e di creare maggiore notorietà, raccontando la storia e le motivazioni che hanno portato al cambiamento: Step1: si raccontano i benefit del nuovo nome, mantenendo però la vecchia denominazione protagonista per un po’, lasciando la nuova in secondo piano.
Step2: si raccontano nuovi elementi della nuova storia del locale mantenendo sempre i due nomi, ma facendo passare il vecchio in secondo piano.
Step3: il nuovo nome rimane solo e unico.
QUALCHE CONSIGLIO
Riproporre nomi di successo di altri locali conviene?
Da un punto di vista prettamente legale, non si può utilizzare un nome già usato nello stesso settore.
Scegliere nomi che richiamino film, canzoni o mode del momento ha senso?
Anche in questo caso, attenzione ai diritti d’autore!
Sempre meglio i nomi corti?
Sicuramente, più è corto, più è memorizzabile (Il rischio del nome lungo è quello di essere accorciato nell’uso comune). C’è però la possibilità di utilizzare fino a 4 o 5 sillabe senza problema.
Béatrice Ferrari Scopre il brand naming nel 1984 Quando, ancora studentessa, incontra Marcel Botton – fondatore della società Nomen . Nel 1989, fonda a Milano Nomen Italia, della quale rimane socio e amministratore per oltre 15 anni. Il 2005 è l’anno di una nuova esperienza chiamata Synesia: Béatrice si rimette in gioco e diventa consulente indipendente attraverso un servizio maggiormente personalizzato.
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