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30 Dicembre 2019Cosa c’è di più semplice e banale di un cubetto di ghiaccio? Apparentemente nulla, eppure anche il ghiaccio merita più attenzione di quante gliene si dedichino generalmente. Il ghiaccio, infatti, è un alimento e come tale deve essere prodotto e manipolato, rispettando determinate regole.
Non sono però molti gli operatori del settore alimentare che gestiscono il ghiaccio con la dovuta consapevolezza. La cronaca internazionale, infatti, riporta non pochi casi di infezioni alimentari derivanti dal consumo di ghiaccio e se – affrontando un viaggio per le regioni meno sviluppate del pianeta – una delle prime accortezze è di evitare il ghiaccio, purtroppo non si considera che qualche problema potrebbe verificarsi anche qui in Italia.
La gestione del ghiaccio è davvero critica e l’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) mette il ghiaccio tra le 5 fonti più importanti di problemi per la salute umana: nel mondo (e soprattutto nei Paesi delle fasce equatoriali) il problema è legato alla potabilità dell’acqua, ma il ghiaccio è un potenziale problema anche nei paesi Occidentali, dove l’acqua di rete è sicura.
[caption id="attachment_169554" align="alignleft" width="185"] Carlo Stucchi[/caption]
“Certo, gli scenari al mondo sono molteplici – spiega Carlo Stucchi, presidente di Inga (Istituto Nazionale Ghiaccio Alimentare) –. In molti Paesi il problema del ghiaccio è legato alla salubrità dell’acqua. In Italia il ghiaccio viene prodotto da acqua di rete, e quindi potabile, ma sono le procedure per ottenere il ghiaccio a farlo diventare un alimento potenzialmente pericoloso”.
A far aprire gli occhi su questa questione è stata qualche anno fa la Regione Siciliana, che ha deciso di effettuare una serie di controlli a campione sul ghiaccio, sia prodotto nei locali pubblici, sia negli stabilimenti specializzati in questo tipo di attività. I risultati non sono stati confortanti avendo evidenziato la presenza di microrganismi patogeni (in particolare Pseudomonas, enterococchi e batteri coliformi) in una parte dei campioni analizzati.
A seguito di questi risultati la Regione ha creato un gruppo di lavoro insieme a Inga dedicato a questo problema, ha pubblicato delle check-list e iniziato un’attività di sensibilizzazione presso gli operatori del settore alimentare. Inoltre, ha stabilito un piano di controllo della salubrità del ghiaccio nel triennio 2019-2021.
Ma non bisogna commettere l’errore di illudersi che il problema sia localizzato solo in questa Regione. “La Sicilia – afferma Stucchi – ha il merito di aver fatto da apripista. Mi auguro ora che anche le altre Regioni seguano il suo esempio e si attivino per fare dei controlli sul ghiaccio, al momento trascurati”.
“La gestione del ghiaccio nei locali pubblici – spiega Stucchi – è spesso sottovalutata, perché questo prodotto non è considerato un alimento e quindi non gli vengono prestate le accortezze che si usano per qualunque altro cibo servito ai propri avventori. Il ghiaccio spesso viene considerato solo come un refrigerante, dimenticando che può essere ingerito e che comunque viene a diretto contatto con un cibo o una bevanda e quindi può diventare veicolo di contaminazione. Per questo motivo la nostra associazione sta collaborando con Fipe – Federazione Italiana Pubblici Esercizi per sensibilizzare ristoratori e gestori di locali su questo tema”.
Il problema più frequente riguarda le macchinette per produrre il ghiaccio. Il ghiaccio viene prodotto tramite il passaggio di acqua in una cella refrigerante che la trasforma in ghiaccio. “Purtroppo – sottolinea – troppe volte non viene effettuata la corretta manutenzione della macchina che produce il ghiaccio: i filtri non vengono cambiati con la dovuta frequenza e questo può portare alla formazione di biofilm, l’apparecchio non viene pulito o ancora il ghiaccio non viene manipolato adeguatamente (per esempio viene toccato con mani non pulite) o conservato troppo a lungo. Questi comportamenti errati si potrebbero correggere più agevolmente se la produzione di ghiaccio venisse inserita nel piano Haccp del locale, cosa che difficilmente avviene. In un piano Haccp completo dovrebbero essere indicate le procedure per la corretta gestione del ghiaccio, come avviene in qualunque altra attività di preparazione/somministrazione svolta nel locale”.
Per aiutare gli operatori a migliorare la gestione della produzione e della manipolazione del ghiaccio, Inga in collaborazione con l’Assessorato alla Salute della Regione Siciliana e alla Fipe ha elaborato una checklist operativa da inserire nel piano Haccp dei locali, per supportare e guidare i gestori nella corretta gestione di produzione, stoccaggio e somministrazione del ghiaccio per uso alimentare.
“Stiamo anche preparando delle procedure in collaborazione con Uni e Iso – prosegue Stucchi – per dare delle indicazioni semplici e razionali da seguire”. La checklist operativa proposta da Inga si articola in 4 aree (sistema di gestione per la sicurezza alimentare, controllo dell’autoproduzione di ghiaccio, corrette prassi igieniche e controllo del prodotto).
Per ognuna di esse prevede una serie di domande (in tutto circa una quarantina) che ogni operatore del settore alimentare dovrebbe porsi per assicurare ai propri clienti la massima sicurezza, anche nel consumo di ghiaccio. La seconda parte, più specifica, parte dalle domande relative alla salubrità e potabilità dell’acqua, allo stato delle tubature, ai trattamenti da effettuare sull’acqua. Prevede anche quesiti sulla gestione dell’impianto di produzione del ghiaccio, sulle procedure di sanificazione, sulla manipolazione e conservazione del ghiaccio.
La terza parte pone l’accento sul sistema di gestione dei rischi e contiene domande sulla taratura e la manutenzione degli apparecchi per la produzione di ghiaccio. L’ultima parte si occupa del prodotto: piano analitico dell’acqua e del ghiaccio, eventuali misure correttive…
Inoltre, Inga ha predisposto un ‘Manuale di corretta prassi igienica’ per la produzione di ghiaccio alimentare, dedicato all’approfondimento degli aspetti igienici e di sicurezza alimentare legati alla produzione industriale di ghiaccio confezionato e alla produzione per autoconsumo di ghiaccio alimentare. Questo Manuale è stato recepito e approvato dal Ministero della Salute che lo ha pubblicato in Gazzetta Ufficiale nel 2015 e ha provveduto a inviarlo a Bruxelles per il suo recepimento a livello comunitario. Il Manuale rappresenta una linea-guida utile per gli organismi preposti al controllo della sicurezza alimentare (Nas, Laboratori di Analisi Provinciali, Asl) e un riferimento condiviso per le aziende produttrici di ghiaccio alimentare confezionato e per gli esercizi commerciali che lo autoproducono: ristoratori, bar, pub…
Per chi non vuole misurarsi con le procedure e i rischi connessi alla autoproduzione di ghiaccio, l’alternativa è acquistare quello già pronto che ormai si trova anche nei banchi del surgelato nel retail. Il ghiaccio industriale è gestito alla stregua di qualunque alimento: la produzione segue un piano Haccp e gli operatori possono prendere come riferimento il Manuale di corretta prassi igienica nella sezione a loro dedicata. Il ghiaccio inoltre deve essere etichettato e riportare le indicazioni obbligatorie: data di scadenza, luogo di produzione…
“La nostra associazione – conclude Stucchi – raccoglie i produttori di questo settore. Il nostro obiettivo è quello di diffondere la cultura del ghiaccio. Per ora è visto come commodity, noi vorremmo portare i brand anche in questo comparto, ma è un percorso che richiede tempo”. Anche per i produttori industriali Inga ha previsto una check list dettagliata per garantire la salubrità del prodotto.
Il mercato del ghiaccio alimentare confezionato vale 4 miliardi di dollari e, in alcuni paesi del mondo, è già estremamente sviluppato. A livello europeo, si stima un mercato da 500 milioni di euro. La Spagna ne detiene la fetta più ampia, di circa 140 milioni di euro, con un consumo annuo pari a 400 milioni di chili.
L’Italia è il Paese con il più alto potenziale di crescita con un mercato stimato fra 150 e 200 milioni di euro (dati I.P.I.A e E.P.I.A International ed European Packaged Ice Association). Dal 2015 al 2018 il settore è cresciuto del 200% e si stima che, in pochi anni, l’Italia potrebbe arrivare a contare un consumo di oltre 500mila tonnellate di ghiaccio l’anno. Nel canale HoReCa, nei bar, ristoranti e discoteche si stima un consumo annuo (autoprodotto) di circa 180 milioni di chili.
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