pubblici esercizi
22 Giugno 2020Se non c’è la tradizione occorre puntare sull’innovazione. È questo il corso scelto dai vignerons del Limburgo. Piccole aziende che lavorano su 90 ettari di vigneti da non più di cinquant’anni, quando – con l’innalzamento delle temperature – si riprese a coltivare una pianta già presente in epoca romana ma abbandonata nel Medioevo (“oggi abbiamo lo stesso clima che c’era in Borgogna nel XII secolo” ci spiega Luc Creusen di Domain Steenberg, vignaiolo e albergatore). Riesling, Pinot Nero e il locale Auxerre sono i vitigni principali, i bianchi dominano. L’approccio è di ricerca come spiega Wiebke Neddermann, enologa di St. Martinus, la maggiore e più avanzata aziende vinicola nata nel 1988, la prima che osò cimentarsi nei rossi e che oggi si avvale di tre dei cinque enologi che lavorano nel Paese. “Sono arrivata dalla Germania, non sapevo cosa avrei trovato. Ho scoperto che lavorare qui è entusiasmante, siamo liberi di sperimentare con le nuove varietà, gli incroci più resistenti, non ci sono aspettative, possiamo tentare di tutto. Non vogliamo imitare ma produrre qualcosa di unico, per ora sono vini piacevoli e facili, ma li facciamo con passione e stiamo crescendo, magari tra 15-20 anni tutto cambierà”. La quasi totalità della produzione è riservata ai ristoranti olandesi. Un’idea da copiare? Il vino creato insieme al ristorante. Ci spiega Annaline Doelen, sommelier e proprietaria dell’ottimo Wine Restaurant Mes Amis di Maastricht: “Io do delle indicazioni sul vitigno, loro lo realizzano, noi lo assaggiamo e diciamo se è adatto. Al momento abbiamo sei vini con la nostra etichetta, in totale ne vendiamo qualche migliaio di bottiglie l’anno. Il cibo? Viene dopo il vino, lo creiamo pensando all’abbinamento”.
Si ringraziano: Ente Olandese per il Turismo, Visit Maastricht e Visit Limburg.
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A cura di Matteo Cioffi
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