06 Marzo 2020
Decine, se non centinaia, di eventi, ricorrenze pubbliche e private, iniziative di ogni genere che vengono riformulate, rinviate o cancellate continuamente. A ciò si devono aggiungere il crollo delle presenze turistiche e l’applicazione di provvedimenti di difficile comprensione, che riducono fortemente l’operatività delle imprese. Per non parlare della misura che impone la chiusura totale dei locali di intrattenimento.
Un milione e mezzo di euro persi ogni giorno fanno dei pubblici esercizi il comparto più colpito dagli effetti del Coronavirus in provincia di Padova. «Il 70% dei nostri associati – dichiara Erminio Alajmo, Presidente dell’Associazione Provinciale Pubblici Esercizi (APPE) di Padova – ritiene che la crisi durerà ancora a lungo, con un peggioramento nei prossimi due mesi con forti diminuzioni del fatturato, con punte fino all’80-90%».
Una prima stima APPE calcola in 120 milioni di euro le perdite di fatturato del settore nei prossimi tre mesi. Crisi economica che potrebbe causare, se non arginata per tempo, una fortissima crisi occupazionale. «Sono almeno quattordicimila – dichiara Alajmo – i dipendenti da pubblici esercizi che lavorano in bar, ristoranti, pizzerie, pasticcerie nella provincia di Padova: non vogliamo nemmeno pensare alle conseguenze che potrebbe avere, sui livelli occupazionali, un perdurante recesso economico».
Crollo della mobilità e della socialità sono il combinato disposto che sta compromettendo, su tutto il territorio nazionale, la sopravvivenza di molte imprese, a cui si contrappone sino ad oggi la mancanza di provvedimenti utili per accompagnare la gravità del momento. «Chiediamo a gran voce – prosegue Alajmo – il supporto delle Istituzioni e di fare presto, con segnali concreti di supporto alle imprese, che altrimenti chiuderanno. Chiediamo interventi urgenti sugli ammortizzatori sociali, meccanismi di credito di imposta per sopperire almeno in parte al crollo del fatturato, la sospensione del pagamento di oneri e tributi, la sospensione degli sfratti per morosità, per venire incontro a chi nelle prossime settimane non riuscirà ad onorare i contratti di locazione e a pagare fornitori e dipendenti. Non è difficile capire che senza incassi non si possono neppure onorare i debiti. Purtroppo e inspiegabilmente, i provvedimenti presi fino ad oggi non riguardano le imprese del principale settore del turismo, quello della ristorazione, dell’intrattenimento e dei bar. Chiediamo, inoltre, che venga fatta chiarezza sull’applicazione delle norme: ci appare, ad esempio, incomprensibile che i bar veneti non possano servire i clienti al banco, mentre basterebbe seguire le buone prassi e le misure di cautela suggerite dalle autorità sanitarie per ogni altro servizio, dal negozio di alimentari fino all’ufficio postale. Siamo responsabili, ma non si capisce perché in un bar potenzialmente ci si può infettare se si prende un caffè al banco, rispettando la distanza di un metro, e non invece in fila in metropolitana o in altre situazioni analoghe permesse».
«Occorre far presto – conclude Alajmo – perché l’emergenza sanitaria rischia di far saltare il “banco” e se chiudono le nostre attività, chiudono le luci che animano le città e si perde un patrimonio di socialità e di servizio, simbolo dello stile di vita italiano e fattore decisivo di attrazione turistica».
Ieri 5 marzo si è svolto un consiglio straordinario del Comitato Direttivo dell’APPE per fare il punto della situazione: «da emergenza sanitaria si sta trasformando in emergenza economica – sottolineano i Dirigenti dell’Associazione – ci auguriamo non assuma poi i connotati di un’emergenza sociale».
Alla riunione ha preso parte anche l’assessore regionale allo sviluppo economico Roberto Marcato che ha firmato “per ricevuta” l’appello di APPE rivolto alla Regione Veneto, contenente le istanze degli imprenditori affinché vengano decise in tempi rapidissimi misure economiche capaci di risollevare gli operatori dalla crisi: dall’azzeramento o la riduzione sensibile delle tasse, fino all’estensione del meccanismo della cassa integrazione per i dipendenti.
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