pubblici esercizi
22 Aprile 2020Leggi Mixer Online Emergenza Covid
Pochi giorni fa i colleghi riuniti in un neonato Comitato Permanente mi hanno co-indirizzato un pubblico appello, nel quale elencavano i bisogni primari ed urgenti di cui il settore avrebbe bisogno e ho raccolto questa occasione per una riflessione che riguarda anche la vita associativa. Oggi stanno nascendo nuovi e numerosi gruppi di opinione e di proposta anche all’interno del nostro settore: è fisiologico in un momento di forte preoccupazione -a volte disperazione- individuale e collettiva, che alimentano il bisogno di confronto e animano la volontà di non rimanere inermi di fronte all’incertezza. Queste nuove forme di aggregazione incrociano talvolta il timore di non essere adeguatamente rappresentati, o forse non riescono a raccogliere e percepire il valore, la qualità, addirittura l’esistenza, del presidio sindacale, che pur come Fipe riteniamo di aver con grande forza attivato.
Anche se proprio il “movimentismo” rischia di creare dispersione e confusione, a partire dall’indebolimento di un’interlocuzione istituzionale che privilegia la sintesi, senza dubbio rimane un’opzione legittima e persino comprensibile. Non dobbiamo dimenticare che, tuttavia, dal gruppo di opinione alla rappresentanza associativa il passo non è affatto breve, né scontato. Associazioni di categoria forti, strutturate e utili necessitano, infatti, di tempo per maturare competenze e organizzazione, di processi lunghi per qualificarsi nelle relazioni e di grandi numeri per contare nei fatti. Non nascono dall’emergenza, ma proprio nell’emergenza possono dispiegare alcune tra le loro migliori qualità.
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Non sono entità astratte, a cui indirizzare malumori o richieste nei momenti di difficoltà, ma sono la casa comune degli operatori del settore, da loro stessi costruita nel tempo, con il collante dei valori sindacali e grazie alla disponibilità a sacrificare tempo (e qualche denaro) per la loro gestione. Le grandi Associazioni sono grandi, anche ma non solo nei numeri, e sanno di essere un’appendice vitale dell’organizzazione aziendale, da consolidare e migliorare, ogni giorno e nei periodi di “pace”, anche con la partecipazione attiva, portando esigenze, conoscenze, bisogni e, quando serve, anche costruttive critiche. Molti conoscono bene la passione, l’impegno e i sacrifici di tanti dirigenti sindacali che, su tutto il territorio nazionale, si spendono, giorno dopo giorno, per rafforzare questa idea di Associazione: non tutti gli imprenditori sono disposti a questo impegno, che porta certo qualche soddisfazione, ma più spesso fatica e rinunce. Questa crisi cambierà tante cose, e tante le ha già cambiate: mi auguro possa portare anche ad una nuova consapevolezza generale e ad un rispetto più profondo circa il valore della Rappresentanza e dell’Associazionismo.
Non è la rivendicazione di un ruolo, né tantomeno l’affermazione di un interesse, ma la constatazione di un pericoloso disinteresse nella gestione di interessi comuni, che poi una grande emergenza come l’attuale fa crudelmente emergere, sollecitando isolate iniziative corporative, che andrebbero invece anticipate, rafforzando e partecipando in un sistema organizzativo articolato e strutturato che già esiste e che ha bisogno di continua cura e stimoli. Parlare ad una voce sola, per un comparto economico vasto e articolato com’è quello della Ristorazione, non significa certo “ridurre ad uno” sensibilità e identità, finendo con il pensare con una sola testa. Significa invece che molti cuori, risorse e capacità imprenditoriali sanno mettersi insieme, facendo sintesi e sistema, per dare più forza, visibilità e possibilità di crescita ad una parte della nostra economia che è una parte non secondaria del nostro modo di vivere quotidiano, ma, soprattutto, è parte fondamentale del benessere del Paese. Così, se l’emergenza di questi giorni ci costringe a vivere al presente, per risolvere le urgenze, rendendo poco consistenti tutti i programmi delle prossime settimane, persino dei prossimi mesi, tuttavia, proprio in questo presente bisogna ancora di più sforzarsi di guardare oltre se stessi. Perché forse non è tempo di programmi, ma è sicuramente tempo di riflessioni lunghe, cogliendo l’occasione per rivedere schemi, pregiudizi e valutazioni che magari abbiamo tralasciato in passato ma che ci cambieranno il futuro. (Lino Enrico Stoppani, presidente Fipe)
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