pubblici esercizi
01 Aprile 2020Scrivo queste mie righe in un contesto che solo poche settimane fa avremmo definito da fantascienza apocalittica. Il luogo in cui lavoro, FieraMilano, solitamente affollato da centinaia di persone, è deserto. Tutti sono a casa per ragioni di sicurezza in ottemperanza ai decreti di questi giorni e sono quasi solo, con pochi altri colleghi espressamente autorizzati ad essere presenti oggi. C’è silenzio tutto attorno e dove c’erano voci, movimento e persone indaffarate, oggi c’è il vuoto.
[caption id="attachment_159213" align="alignright" width="150"] David Migliori[/caption]
Per raggiungere l’ufficio di Rho dove lavoro, ho attraversato nell’ora di punta una delle zone produttive più sviluppate non solo d’Italia, ma dell’intera Europa. Ma l’impressione era di trovarsi in un Paese sottopopolato. Per potermi muovere ho dovuto portare con me un foglio da esibire alle forze dell’ordine, che certifica che sono autorizzato ad essere fuori casa per ragioni di lavoro. In caso contrario, avrei dovuto rimanere tra le mura domestiche. La cittadina in cui vivo, ieri sera sembrava una sorta di ghost town dei tempi moderni. Strade deserte, pochi veicoli, pochi passanti, tutti seri e silenziosi. Il mondo sembra improvvisamente cambiato nel giro di pochissimi giorni.
Di questa situazione non troverete notizia nelle prossime pagine. Gli effetti del Coronavirus sulle nostre vite quotidiane si sono abbattuti a numero di Mixer ormai chiuso e riesco a darne notizia solo in questo mio spazio.
Quel che è certo è che il primo settore economico colpito da quel che sta succedendo è proprio quello del quale parliamo. Il mondo dei pubblici esercizi è messo in ginocchio. Impossibilitato ad operare. Non è questo il momento per discutere se i provvedimenti varati dalle autorità siano stati corretti, se l’impressione di indecisione sia giustificabile di fronte ad un evento così imprevedibile e mai accaduto prima. Il tempo aiuterà a capire.
Nel momento in cui scrivo, i locali serali sono chiusi, i ristoranti operano solo all’ora di pranzo e con un numero di clienti potenziali ridotto al lumicino, i bar sono tenuti all’osservanza di misure ragionevoli ma di difficile applicazione. Basti pensare a quanti locali sono costruiti in ragione del banco bar, che oggi è diventato una sorta di zona off limits.
Come ha spiegato il Presidente di Fipe-Confcommercio, “300mila imprese e un milione di lavoratori del settore (…) sono messi in grave crisi da una situazione preoccupante affrontata con provvedimenti che non hanno precedenti nella storia repubblicana. (…) Gli imprenditori che Fipe-Confcommercio rappresenta rispetteranno i provvedimenti annunciati e in tanti si stanno impegnando in queste ore per garantire vivibilità e servizio alle comunità in cui operano, ben consapevoli del ruolo sociale svolto e dei rischi sanitari in cui incorrono. È un dovere per la tutela della salute pubblica, prima ancora che delle stesse attività economiche, far presente che alcune disposizioni appaiono incoerenti e altre risultano di difficile applicazione (…) Comprensione e solidarietà vanno a tutti gli imprenditori che in questo momento sono messi di fronte a scelte dolorose e difficili, un ringraziamento non di forma va rivolto a coloro che stanno cercando con senso civico di fare la propria parte a servizio della salute e della capacità di ripresa del territorio. (...) Ci sarà modo di riflettere e discutere su quanto è accaduto, ma questo è il momento della responsabilità e dello stare uniti come cittadini e come imprenditori”. Condividiamo queste parole.
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