16 Maggio 2020
È sotto gli occhi di tutti che la profonda crisi economica generata dalla pandemia da Covid-19 sta causando dissesti e sconvolgimenti profondi in numerosi settori dell’economia mondiale e nazionale. Molti comparti, come sicuramente il vitivinicolo, subiranno una radicale trasformazione, se non nelle tecniche e nei metodi della produzione, storicamente legata a rituali figli di stagioni e tecniche di campagna, sicuramente nel segmento della vendita e distribuzione. A riguardo, ho fatto una proficua chiacchierata con Cesare Turini, amministratore unico di Heres, società che si occupa di servizi specifici per le cantine, che vanno dal marketing alla consulenza finanziaria e direzionale, fino all’allestimento della rete distributiva. Un’ottica privilegiata per capire come il mercato del vino in Italia – che, lo ricordo, oltre ad essere il primo produttore mondiale, ‘cuba’ circa 11 miliardi di euro, di cui 6,2 in mercato estero – si sta adattando alle mutate condizioni socio-economiche. “Inizio il mio ragionamento dalla trasformazione più evidente per il nostro reparto, ovverosia la vendita per ristoranti – mi dice Cesare – Il contesto ancora incerto di riaperture con grandi contingentamenti, mi fa pensare che tutto il settore subirà una trasformazione radicale. La necessità di ridefinire gli spazi interni, oltre alle profonde modificazioni nella fase di erogazione del servizio, si concretizzerà in una minore occupabilità, quindi in una diminuzione dei coperti e di fatturato degli esercizi. Tanto da portare, a mio avviso, molti ristoratori alla scelta estrema della non riapertura. Chiaro che traggo queste conclusioni in mancanza di un piano economico specifico del Governo, che riguarda in particolare la gestione dei canoni di affitto. Penso a quei ristoranti collocati in luoghi di pregio, con affitti esorbitanti, che saranno i primi a soffrire questo periodo intermedio di inattività forzata. Senza un piano specifico è a rischio un intero segmento”. E per quanto riguarda gli altri attori? Gli chiedo. “Lo scenario attuale parla molto chiaramente, ed è una delle motivazioni per cui sono piuttosto fiducioso per il futuro – mi dice – Con il mercato della vendita per il comparto ricettivo completamente fermo, l’esplosione della vendita on-line, che sta portando le stesse cantine a investire su uno strumento per anni inutilizzato, mi fa pensare che il vitivinicolo non subirà flessioni dei consumi. Piuttosto, la partita si giocherà su altri scenari, in particolare la capacità di comunicare valore. Questo, insieme ad altri mutamenti indotti da questa depressione finanziaria, saranno fattori-chiave. Comunicare valore, insieme a modifiche profonde nelle modalità della distribuzione/commercializzazione, che fatalmente favoriranno, anche per le stesse peculiarità del comparto (immobilizzazioni consistenti, flussi di cassa più contenuti), le imprese di grandi dimensioni rispetto alle medio piccole, semplicemente per una diversa capacità di affrontare, da un punto di vista delle risorse, mancati incassi per periodi medio-lunghi.”
UNA RIVOLUZIONE DEL SETTORE
Non per forza di cose lo scenario futuro debba essere visto in senso negativo. “Vedo due ruoli-chiave, nel prossimo futuro – continua Turini – Uno ovviamente è la GDO, in cui verosimilmente il comparto del vino diventerà focale, molto più di prima. Nei grandi marchi si potrebbe diffondere la ‘buona prassi’ dello scouting di aziende e produzioni che, per vantaggiosi rapporti qualità/prezzo, o per prestigio delle stesse, siano preziosi nei rapporti con la clientela”. Un vero e proprio riposizionamento commerciale, insomma. “L’altro ruolo fondamentale, a mio avviso – prosegue – è quello delle enoteche. Rivisitate in chiave moderna, quindi unendo vendita a somministrazione, per il ruolo profondo e ‘sociale’ che da sempre ricoprono sul territorio, che è anche quello della diffusione della conoscenza, l’enoteca che effettui vendita a domicilio, che proponga degustazioni e altri strumenti di fidelizzazione, diventerà uno degli attori-cardine in questo processo di trasformazione.” Resta da analizzare l’ultima annosa questione, quella delle vendite all’estero, fondamentale perché rappresenta più della metà del fatturato totale del vitivinicolo. “Io credo che la percezione che il vino italiano sia un prodotto di qualità assoluta uscirà intaccato dalla crisi – mi dice ancora Turini – Il mercato intercettato è identitario, la riconoscibilità di DOC e DOCG e di grandi tipologie favorirà, anzi, successivamente a questa fase di stallo, grandi possibilità di sviluppo”.
Romagnolo verace, Luca Gardini inizia giovanissimo la sua carriera, divenendo Sommelier Professionista nel 2003 a soli 22 anni, per poi essere incoronato, già l’anno successivo, miglior Sommelier d’Italia e – nel 2010 – Miglior Sommelier del mondo.
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A cura di Matteo Cioffi
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