06 Novembre 2020
À la carte o con delivery, magari su una spiaggia dopo la lezione di yoga o direttamente su un vassoio galleggiante in piscina. O nel giardino di un ristorante stellato, in una caffetteria rinomata o, da asporto, sulla spiaggia o su un verde prato di montagna. Oppure servito al tavolo. Di sicuro chi aveva archiviato un po’ frettolosamente il brunch come una moda passeggera non aveva fatto i conti con il post Covid e il riallineamento degli stili di vita che ne stanno derivando. Ad esempio, il cambio di orari portato dallo smart working e il sovvertimento delle abitudini hanno cambiato l’approccio anche all’alimentazione, nei vari momenti della giornata. Con il weekend che prende sempre più consistenza come occasione di svago dove ricaricarsi e coccolarsi, magari dopo essersi trattenuti in settimana con colazioni casalinghe, per risparmiare in vista di un autunno economicamente incerto. La colazione post Covid così può diventare un’opportunità se si spinge sulla varietà e la personalizzazione – giocando anche su proposte salate e su prodotti del territorio – puntando su sabato e domenica. Il momento in cui, appunto, il “nuovo cliente” ha più voglia di coccolarsi. La classica proposta brunch poi, che unisce colazione e pranzo, è percepita da sempre come più conveniente e può essere proposta sia al bar sia al ristorante. Unico problema – che si può però rivelare come un’opportunità in ottica di contenimento degli sprechi – è l’assenza di buffet. Ma una carta ben studiata, come quella proposta dal blasonato San Domenico, mutatis mutandis, può fare comunque il suo lavoro. Ovvero attirare il cliente nel punto vendita, anche se andrà anche valutata l’opzione delivery. Naturalmente la nuova offerta andrà spiegata e illustrata, via social o con mail ad hoc o vis à vis al database dei clienti “storici”. Che poi, se soddisfatti, penseranno di diffondere la novità con il passaparola.
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A cura di Matteo Cioffi
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