caffè
06 Dicembre 2020Straniera a tratti e stanziale per abitudini. La clientela che consuma la prima colazione al bar è alla ricerca di nuove, innovative offerte e, soprattutto, idee pratiche. Straniera a tratti, la clientela, perché il nostro Paese sta diventando sempre più multiculturale e aperto al nuovo: con famiglie appartenenti a nuovi ceppi etnici e ricche di lontane tradizioni, e con manager che hanno scelto l’Italia come punto di svolta per un personale e professionale rilancio, bisogna ridiscutere l’offerta, andare oltre la standardizzazione del dolce e lavorare sul salato. A Roma ma anche a Milano, e in centri nevralgici dove il rapporto con gli stranieri è intenso, iniziano a fiorire locali che hanno inserito nel proprio menù mattutino voci esotiche o comunque alternative, oltre al solito cappuccio e brioche. Avevano iniziato gli hotel dalla notte dei tempi, hanno provato più volte a testare il terreno i fast food (occhio a questi: dopo McCafé di McDonald’s da Burger King arrivano gli agguerriti BKCafé, ndr) per allungare la propria fascia oraria di proposte: ora iniziano i bar, e non solo nei centri commerciali, anche in zone periferiche. Perché la colazione è vero che rispecchia un po’ quello che siamo ma indubbiamente va oltre le mode: è un’esigenza, è il carburante per affrontare le fasi più impegnative della giornata.
[caption id="attachment_179920" align="alignnone" width="740"] da sinistra: “Il caffè che unisce” dal Consorzio di tutela del caffè espresso italiano tradizionale; il kit di ripartenza “Distanti il giusto, uniti nel gusto” firmato Lavazza[/caption]
SPECIALTY COFFEE IN ITALIA E ESTERO
Per il salto di qualità di una colazione da campioni si può puntare su un caffè che confini con lo show cooking (o cooking show, ndr). Non solo la moka protagonista, che inizia a fare la sua comparsa in molti bar di alta gamma, ma un grande lavoro di filtri ed estrazioni alternative. Un esempio è quello di Milano, nella stazione della metropolitana linea 3 a Porta Romana: Kōhī – Tokyo 1982. I milanesi, andando oltre le mode, iniziano ad abbinare il caffè ai nigiri facendone quasi un’esigenza. Vero è che lo specialty coffee, presente in molti punti creati ad hoc anche in Italia, richiede pratica ma una volta imparate le apprendibili tecniche, il più sarà fatto. E per entrare nel settore basta farsi un giro sul sito della Specialty Coffee Association (presieduta dal conosciuto volto di Cristina Meinl). È un mondo non solo per cultori e appassionati ma anche per curiosi: profumi, colori, gusti sono esperienze condivisibili tra barista e cliente. I professionisti usano (quasi tutti) lo stesso metodo, chiamato cupping, alla brasiliana. Il caffè si avvicina alla bocca con un cucchiaio rotondo con cui si aspira e nebulizza in modo rumoroso. Una tecnica, quella del cupping, che diverte grandi e piccini. Qualche indicazione sui marchi più attivi per una fase di prova? Partiamo da Ditta Artigianale con le due monorigine El Manzano e Koke e la miscela MammaMia. Francesco Sanapo, fondatore e ideatore del brand, ne va orgoglioso. La Tocaya invece punta su una miscela elaboratissima, ideata da immigrati libanesi e arriva dal Brasile (l’azienda si sta adoperando con iniziative a scopo benefico a sostegno dei cittadini di Beirut). Da provare anche l’Ogawa Coffee dal Giappone e il Bamba, lo Jocutla e il Tellus dal Messico.
[caption id="attachment_179916" align="alignnone" width="749"] In alto da sinistra: Koke da Ditta Artigianale, Tokaya dal Brasile, Ogawa Coffee dal Giappone Sotto da sinistra: Bamba, Jocutla e Tellus dal Messico[/caption]
IDEA 1: SIAMO A UN BIVIO
Se il mattino ha l’oro in bocca, bisogna valutare bene quello che si consuma. Valori nutrizionali, proteici, benzina per il corpo in base alle mansioni e attenzione alle tradizioni. Idea numero uno da valutare: il tempo è come certi caffè, ristretto a volte per i colletti bianchi che devono correre in sala riunioni, o lungo, americano in tazza grande, per chi ha tempi dilatati, magari perché intenzionato a sfruttare il wi-fi di un locale o perché in pieno intervallo in Università, quindi non sfoglia velocemente i libri di testo e si fa coccolare da una tisana, da un frappuccino o dal comfort food di una latteria retrò. C’è chi propone il breakslow invece che il breakfast. In pieno risveglio, serenamente, consumare del cibo senza ingurgitarlo fa bene non solo a livello fisico ma anche mentale, quindi la comunicazione di un esercizio non dovrebbe essere solo istituzionale ma anche culturale e personale.
IDEA 2: SFRUTTANDO LE NUOVE TECNOLOGIE
Per taglio di tempistiche e costi, ogni giorno – e non solo a domenica o nei weekend – un brunch non allunga la vita ma una giornata sì, nel senso che condensa prima colazione e pranzo in un’unica soluzione. Quindi il cliente inizierebbe a investire in un break sfruttando i tempi flessibili e nuovi che spesso lo smart working propone e a volte impone. Qualcuno lavora da casa, e quindi in pieno telelavoro, o magari in piena mobilità. E qui diamo una dritta agli sviluppatori di app che, sfruttando algoritmi e machine learning, attraverso smartphone, smartwatch e smartband fitness tracker, con un software faciliterebbero la vita, la scelta e gli spostamenti inerenti al consumo di pasti giornalieri. Dimmi cosa fai e dove sei e ti dirò quando e cosa mangiare. Se ne sono accorti anche quelli di Feat Food, che creano offerte totalmente personalizzabili basandosi sui metadata.
COSA PROPONGONO LE AZIENDE
Quanto terrà la tradizione di bere velocemente un caffè al banco? Non si sa. Si sa però che causa distanziamenti e nuove organizzazioni e pratiche aziendali, il caffè della macchinetta rischia grosso. Andiamo al sodo. Sua maestà il caffè, in tutte le sue diramazioni, mentre nuovi tipi latte avanzano e il profumo d’oriente si diffonde nell’aria con la moda del matcha (pullulano ormai i Macha Café). Da esportazione e quindi da ispirazione c’è l’idea di Tonino Lamborghini, sì, quello delle fuoriserie. Attraverso Officina Gastronomica, azienda che commercializza prodotti beverage, il brand entra nell’horeca prima con un Energy Drink e poi con flagship store e corner basati sul caffè. Questo ci induce a pensare che la diversificazione – e anche la brandizzazione di una realtà – spesso rassicura la clientela. Un po’ quello che stanno facendo i Portello Cafè: creano linee precise per ogni fascia oraria. Le possibilità infinite del caffè passano dalla Francia (il più delle volte consumato con il latte), dalla Germania (panna montata), dalla Grecia (frappé e freddo). Non solo: dal Messico (chiodi di garofano, anice e cannella) al Brasile (cafezinho, molto forte) sino alla Turchia (chicchi di caffè finemente macinati e mescolati con zucchero poco prima che l’acqua arrivi a bollire). Ma è Hong Kong che prende tutti contropiede con il yuanyang, infuso di tè nero al latte condensato che viene mixato con caffè appena preparato.
[caption id="attachment_179908" align="alignnone" width="733"] Il brand Tonino Lamborghini entra nell’horeca con flagship store e corner basati sul caffè[/caption]
COSA FACCIAMO BENE NOI ITALIANI? REINVENTIAMO LA TAZZULELLA.
Ci sono molte scuole di pensiero. Da una parte, chi ritocca e dall’altra chi stravolge. Il caffè gourmet secondo Gambrinus di Napoli non deve essere un tradizionale con lievi varianti (macchiato, doppio, ginseng, cappuccino) e neppure una rielaborazione tale da renderlo irriconoscibile. All’ombra del Vesuvio il disciplinare vale su tutto e non solo sulla pizza: quindi via libera all’ingrediente base che non deve essere mai messo in secondo piano bensì valorizzato con panna, cioccolata, nocciola, pistacchio, mandorla, elementi tipici dell’area mediterranea. Alla Pasticceria Cioccorocolato di Pisa vanno incontro a blogger e influencer con creazioni che appagano non soltanto il palato ma anche la vista e l’olfatto con il Pistacchiello Coffee (crema di pistacchio, granella di pistacchio, crema di latte, espresso) e il Nerello Coffee (crema di cioccolato fondente, gocce di cioccolato, crema di latte, espresso). E poi, gli italiani spesso confondono il caffè filtro col caffè all’americana (un classico espresso con l’aggiunta a piacere di acqua bollente). Il metodo d’estrazione prevede l’utilizzo di una apposita macchina che, grazie a dei filtri conici, utilizza la tecnica dell’infusione pour over e i nostri baristi stanno assimilando questa tecnica gradualmente per poi proporla come alternativa all’espresso.
[caption id="attachment_179906" align="alignright" width="150"] Foto: Rob White di Waitrose[/caption]
COSA FANNO ALL’ESTERO CON DISINVOLTURA? COFFEE PAIRING E TANTO ALTRO
Oltre confine testano mostrando coraggio. Heston Blumenthal ad esempio ha lanciato un panino per la colazione per la catena britannica Waitrose basata sul mix e l’aroma di ketchup e caffè. Tra due fette di pane al gusto di fagioli al forno appositamente creato viene ospitata una salsiccia sbriciolata, pancetta affumicata, uova di galline ruspanti, maionese montata a freddo, pomodori e fagioli cannellini in salsa e ketchup di funghi al caffè. Nel rispetto della tradizione nazionale. Magari meglio evitare di applicare supplementi come fanno al Savoy Grill di Londra dove Gordon Ramsay per un semplice e tradizionale English breakfast riesce a far spendere al cliente sino a 60 sterline, circa 65 euro, per qualche modifica o aggiunta al piatto. Il punto è, per la maggior parte degli amanti del caffè, una tazza di quello nero e bollente, solo in estate ghiacciato (…), al centro di tutto. Quindi c’è caffè per accompagnare una bagel salata o un croissant dolce. Ecco perché inizia a circolare la pratica del coffee pairing, perché l’abbinamento e la complementarità sono tutto, nell’era della ricerca della felicità attraverso il cibo.
COSA FANNO ALL’ESTERO SPERIMENTANDO? UN PORTFOLIO DI BEVANDE CALDE.
Partiamo dalla Costa Rica, dove impera l’agua dulce, una bevanda calda a base di canna da zucchero, miele di tapa e acqua o latte che ha soppiantato il caffè e sta conquistando il resto del Centro America. Il salep è invece un liquido cremoso e denso, figlio della tradizione dell’Impero Ottomano e viene arricchito con una spolverata di cannella; tradizionalmente fatto con una speciale miscela di farine, latte, acqua e zucchero, a volte arricchito da estratto di vaniglia, fiori d’arancio o acqua di rose. L’indonesiano sarabba è una bomba calorica ed energetica che consiste in un mix di acqua, latte di cocco, radice di zenzero, zucchero di palma, chiodi di garofano (a piacere) e tuorlo d’uovo (facoltativo). Dal Tibet arriva il tè al burro di yak, in alcune versioni insipido e a volte molto salato. A Shangri-la alla tazza aggiungono delle arachidi macinate e a Danba delle noci. Gli ingredienti fondamentali? Tè nero, acqua, latte, sale e burro. Altre prelibatezze per sorprendere i clienti supportandoli magari a causa di una fredda mattinata? Una cioccolata calda messicana e o cilena. In Iran piace una bevanda fatta di zabaione e Nutella. Il tonico Cascara contiene aromi interessanti: frutta fermentata e tabacco utilizzando anche gli scarti della lavorazione del caffè.
[caption id="attachment_179907" align="aligncenter" width="933"] Il trend delle bevande calde: (da sinistra) Sarabba, Agua Dulce, Tè al burro di ya, Salep[/caption]
“THE BREAKFAST BOOK”, IL VANGELO DEL SETTORE
Marion Cunningham è stata una delle food writer più famose del secolo scorso. Il suo libro riscopre a distanza di tempo il valore e l’importanza della prima colazione. Pancake, frittelle, waffel e pane lievitato ma anche torte e plumcake nei loro vari abbinamenti.
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A cura di Matteo Cioffi
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