caffè
18 Gennaio 2021“L’aereo ha iniziato la discesa verso l’aeroporto di destinazione”. Questo è sempre stato l’annuncio più gradito dei miei voli, soprattutto in quelli lunghi. Parole che vorremmo sentire al più presto dopo mesi di emergenza sanitaria, ma non è certo ancora il momento. Eppure, mentre siamo ancora in questa bufera che non ci fa vedere che qualche metro più in là, è già utile ipotizzare scenari per il dopo-epidemia. Approderemo quindi a una cosiddetta “nuova normalità” o alla fine torneremo alla “solita normalità”? La durata dell’emergenza è senza dubbio rilevante: più prosegue più ci impoverisce materialmente, intellettualmente, socialmente.
NUOVE ABITUDINI
Sto riflettendo su quali abitudini acquisite durante l’epidemia ci porteremo dietro. Me ne vengono in mente tre che probabilmente avranno un impatto diretto sul canale HoReCa.
◼Smart-working: diverse ricerche dicono che si andrà verso una miscela tra lavoro in ufficio e da casa.
◼Video-call: le aziende potrebbero ridurre i viaggi di lavoro privilegiando le comunicazioni on-line perché le trasferte sono importanti per costruire e mantenere le relazioni ma costano tempo e denaro.
◼Consumo del caffè a casa: una rafforzata abitudine a godere del caffè di più tra le mura casalinghe, e meno fuori, potrebbe contribuire a un calo dei consumi al bar. Queste sono solo tre tendenze tra le molte plausibili che però mi aiutano ad arrivare al punto centrale della riflessione. Il numero dei consumatori potrebbe effettivamente andare incontro a una contrazione, non ce lo auguriamo ma è uno scenario da considerare. E’ ragionevole quindi chiedersi chi riuscirebbe a stare su un mercato con meno clienti.
LOCALI CON UNA MARCIA IN PIÙ
In primo luogo, direi l’HoReCa di servizio. Mi vengono in mente i pubblici esercizi situati in aeroporti e stazioni, lungo le principali strade e autostrade del paese, o comunque in punti di passaggio quasi obbligato. Si tratta di luoghi in cui la scelta è limitata agli operatori presenti che vivono quindi in un regime di concorrenza tutto sommato calmierata. Oltre a questi punti vendita, a mio avviso, in uno scenario con minore domanda, avrebbero una marcia in più i locali con qualità del prodotto, prezzo equo, valorizzazione della socialità. Non quindi solo i casi d’eccellenza, ma più in generale tutti quei bar e ristoranti dove si percepisca un’attenzione speciale in termini di ospitalità. La scienza dimostra infatti che l’essere umano ha nella sua genetica la spinta all’aggregazione e all’esplorazione: nessuna epidemia è mai riuscita a incidere su queste caratteristiche in modo davvero profondo. Il piacere dello stare insieme, quello del viaggio, quello della pausa in compagnia non vedrà meno, ma la clientela sarà forse minore e sicuramente più esigente. Per questo è proprio ora il momento di iniziare a lavorare sul proprio locale e di andare a rafforzarlo sul mix di prodotto e servizio per non farsi trovare impreparati alla fine dell’epidemia.
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A cura di Matteo Cioffi
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