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03 Febbraio 2021“Per essere realmente efficace, il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza dovrà tenersi alla larga da un approccio frammentato, concentrando i propri investimenti sulle filiere e in particolare sui segmenti in grado di garantire un positivo effetto moltiplicatore su valore aggiunto e occupazione. Il turismo 4.0, ad esempio, non può esistere senza uno sviluppo e una valorizzazione dei pubblici esercizi”.
È questo, in sintesi il messaggio trasmesso da Roberto Calugi, Direttore generale di Fipe-Confcommercio, la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, nel corso dell’audizione davanti alla commissione Attività produttive, Turismo e Cultura della Camera dei Deputati, dedicata al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Con i suoi 46 miliardi di valore aggiunto e i 20 miliardi di euro di acquisti di materie prime ogni anno, la ristorazione italiana rappresenta il principale attore della filiera agroalimentare del nostro Paese.
Non solo. Ogni anno i turisti stranieri spendono 8 miliardi di euro in bar, ristoranti e locali di intrattenimento, cui si aggiungono 12 miliardi di euro di consumi garantiti dal turismo interno. Dati che, insieme ai 158 miliardi di dollari di una virtuale bilancia commerciale di import ed export di ristorazione, certificano il ruolo di volano che la ristorazione ha nei riguardi dell’intero made in Italy.
Coinvolgere i pubblici esercizi, inserendoli nel Recovery Plan, risulta dunque essenziale per rafforzare due filiere strategiche e favorire politiche di inclusione e di rigenerazione urbana.
“Purtroppo – ha sottolineato Calugi – nell’attuale Pnrr i pubblici esercizi non vengono mai citati né direttamente né indirettamente, a dispetto di ogni evidenza”.
Occhi puntati in particolare sul tema della digitalizzazione, che rappresenta una scelta pervasiva per settori trainanti quali il turismo, la cultura e la filiera agroalimentare. “Ciò che determina il successo o l’insuccesso delle politiche turistiche – ha aggiunto il Direttore di Fipe – è la gestione dei big data su prenotazioni e modalità di consumo dei prodotti del territorio. Informazioni oggi sono appannaggio delle grandi piattaforme internazionali, ma che devono tornare nella disponibilità di chi offre i servizi. Dobbiamo investire sulla digitalizzazione del mondo della ristorazione, dell’intrattenimento e della ricezione turistica e dei servizi più in generale, nella consapevolezza che anche i pubblici esercizi, come dimostrato durante la pandemia, hanno la capacità e la necessità di fare innovazione”.
Fondamentale, altrsì, valorizzare il capitale umano di un settore che ha oltre 1,3 milioni di addetti.
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A cura di Matteo Cioffi
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