pubblici esercizi
13 Maggio 2021Una rete capillare, tempestiva e consapevole, costituita da pubblici esercizi virtuosi e attiva contro la violenza di genere: questa l’idea alla base del protocollo d’intesa #sicurezzaVera firmato tra la Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato, la Fipe-Confcommercio e il Gruppo Donne Imprenditrici di Fipe.
“La violenza di genere va combattuta con la conoscenza. E con la formazione”. Parola di Valentina Picca Bianchi, presidente del Gruppo Donne Imprenditrici di Fipe-Confcommercio.
“E’ statistica: conoscere i propri diritti, sapere come tutelarsi, costituisce già di per sé un primo baluardo di difesa contro la violenza”.
Nasce così il protocollo che avrà validità fino al 2023: l’obiettivo è quello di incrementare i livelli di sicurezza delle donne, lo strumento è la formazione. Il piano è infatti quello di promuovere iniziative di, informazione e sensibilizzazione, a livello territoriale, idonee a diffondere la conoscenza e l’approfondimento delle tematiche afferenti alla violenza basata sul genere ed agli strumenti di tutela delle vittime, comprese le misure di prevenzione del Questore ed i dispositivi di pronto intervento adottati dalla Polizia di Stato.
Incrementare la sicurezza personale, dunque, puntando su i pubblici esercizi.
“Parliamo di una platea enorme – spiega con orgoglio Valentina Picca Bianchi - dai numeri eclatanti: circa 350 mila pubblici esercizi in Italia, di cui 120 mila associati Fipe e di questi il 40% a titolarità femminile. Ciò vuol dire, per esempio che ogni 400 abitanti c’è un bar, ogni 250 un pubblico esercizio (bar, ristorante catering, sala giochi, catene, stabilimento balneari)”.
Una fitta rete capillare di sentinelle, dunque, pronta ad entrare in azione, dopo un’adeguata formazione e diventare esercizi virtuosi.
“Creeremo una sorta di cassetta degli attrezzi, che metta i pubblici esercizi (e mi riferisco tanto al titolare, quanto al personale) nelle condizioni di riconoscere l’emergenza e il suo livello di gravità, così da contattare il numero territoriale per attivare l’intervento delle forze dell’ordine. Semineremo in pratica un “seme” di consapevolezza, perché la violenza di genere non è solo quella che avviene in strada ma anche quella che si consuma nel locale, nelle parole offensive o negli sguardi lubrici di un cliente, oppure nelle angherie del retrobottega”.
La prima fase sperimentale coinvolgerà 20 città in coorti di quattro, scelte in rappresentanza delle diverse realtà: dal capoluogo di regione, al centro di medie dimensioni, fino al piccolo paese. L’evento iniziale sarà iconico e coinvolgente: “Un’intera giornata dedicata alla sicurezza ed alla cultura di genere, che ‘si racconterà’ a tutto il territorio: istituzioni, attività commerciali, organizzazioni no- profit, cittadini. Dopo l’open day di coinvolgimento, la formazione verrà scandita da appuntamenti online. Confido molto che lo spirito di emulazione faccia da cassa di risonanza nella divulgazione di questi valori. Il nostro obiettivo è quello di completare questa fase nel giro di 45 giorni”.
Piuttosto ambizioso, direi…
“Certo, è senza dubbio un impegno, ma io e il mio gruppo di 200 donne (‘capa tosta’, consapevoli e caparbie) abbiamo un’arma segreta: la forza dell’umanità e dell’inclusività.
Non solo bariste, dunque, ma anche titolari di impresa, con ben precise responsabilità, alacremente al lavoro sulla personale consapevolezza del proprio status di imprenditrici.
Il nostro obiettivo è ampliare al più presto il perimetro di questa iniziativa: coinvolgendo istituzioni sul territorio e forze dell’ordine, si potrebbe realizzare una rete di protezione molto fitta, costituita da esercizi virtuosi, che si sono formati e sono in grado di attivare protezione”.
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A cura di Matteo Cioffi
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