pubblici esercizi
14 Giugno 2021Con la progressiva estensione delle "zone bianche" a gran parte delle regioni italiane (16 su 20 da oggi, con la "promozione" di Lombardia, Piemonte, Provincia autonoma di Trento, Emilia-Romagna, Lazio e Puglia) tornano a lavorare anche le sale da gioco legale, chiuse senza troppi complimeti - al pari degli altri pubblici esercizi - lo scorso ottobre, nell'ambito delle misure imposte dal governo nel tentaivo di contenere la ripresa dei contagi da coronavirus.
[caption id="attachment_188210" align="alignright" width="300"] Emmanuele Cangianelli[/caption]
Tornano così a respirare gli operatori del settore, per lo meno quelli che sono riusciti a sopravvivere alla chiusura forzata. "I ristori sbandierati a suo tempo dal governo sono stati pressoché irrisori, soprattutto per quelle realtà - e sono molte, in questo comparto - con fatturati superiori ai dieci milioni di euro", spiega a Mixer Planet Emmanuele Cangianelli, presidente dell’Associazione Italiana Esercenti Giochi Pubblici (Egp), costituitasi un anno fa in ambito Fipe per rappresentare gli esercenti specializzati nell’offerta dei giochi pubblici e delle gaming hall. Che continua: "Gli effetti di undici mesi di chiusura totale sugli ultimi quindici sono stati, per certi versi inaspettatamente, più pesanti sulle aziende più strutturate che non su quelle più piccole: se fra queste ultime la percentuale di cessazioni è contenuta fra il 5 e il 10 per cento, fra le sale più grandi - dove pesano maggiormente i costi relativi a dipendenti e affitti - si arriva al 10-20 per cento, vale a dire qualche centinaio di attività in tutta Italia. Alle quali in molti casi, non dimentichiamolo, sono subentrate attività illegali, pronte a intercettare la clientela rimasta 'orfana' delle sale legali".
Già, oltre al danno legato alla chiusura di numerose attività imprenditoriali, nel caso delle sale da gioco va considerato il dilagare della "concorrenza" illegale, gestita in molti casi dalla criminalità organizzata. A rilanciare l'allarme, pochi giorni fa, è stato lo stesso direttore dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, Marcello Minenna, sottolineando come la chiusura delle sale da gioco abbia portato a un "travaso" di parte dell'attività verso quelle illegali. "La chiusura del gioco legale ha purtroppo determinato questo spostamento - ha detto Minenna - anche perché parte di questa illegalità è legalmente vestita, cioè si presenta ai giocatori come se fossero dei soggetti autorizzati".
Parole che lasciano intuire come la riapertura delle sale da gioco, da sola, potrà contribuire ad arginare il fenomeno, ma non certo a riportarlo a livelli pre-Covid, soprattutto se non interverranno misure di sostegno da parte del governo per scongiurare una cronicizzazione della crisi delle attività legali. "Il nostro è un settore sottoposto a regime di concessione, fortemente regolamentato e tassato", dice ancora Cangianelli. "Il minimo che possiamo chiedere è un rinvio della scadenza delle concessioni stesse, che tenga conto dei mesi in cui non abbiamo potuto usufruirne e del danno legato ai mancati ricavi a fronte di spese che in molti casi sono rimaste invariate durante i mesi di chiusura. La concessione relativa al settore delle scommesse, tra l'altro, è in scadenza fra meno di una ventina di giorni, e ad oggi dal governo non è giunto alcun provvedimento di proroga. In alternativa, chiediamo quantomeno un taglio delle spettanze da corrispondere allo Stato. In assenza di segnali di disponibilità in una di queste direzioni, siamo pronti a far valere le nostre ragioni di fronte ai Tar".
Senza contare che, come per tutto il settore dei pubblici esercizi, la boccata d'ossigeno data dalle riaperture estive non è sufficiente a fugare i timori che in autunno possa riproporsi una situazione analoga a quella dello scorso anno, con una ripresa dei contagi che spinga il governo a imporre nuove chiusure. Il che, per molte aziende, si tradurrebbe in una cobdanna a morte senza appello. "Confidiamo nel fatto che la campagna di vaccinazioni portata avanti in questi mesi possa scongiurare una tale eventualità", si augura Emmanuele Cangianelli.
Ma le esigenze di pianificazione di aziende che, per la natura stessa della loro attività, devono affrontare investimenti elevati, non possono essere affidate a una semplice speranza. "E' più che mai necessario che il governo, di fronte a una eventuale ripresa della pandemia, abbandoni l'approccio basato sulle chiusure generalizzate, la cui efficacia si è dimostrata peraltro scarsa, e riconosca invece la professionalità di aziende che sono in grado di gestire le proprie attiività in piena sicurezza, rispettando i protocolli fino al punto di negare l'ingresso a una parte della clientela laddove non ci fossero le condizioni di sicurezza richieste dalle normative. Voglio ricordare a questo proposito che Fipe, i sindacati di categoria e altre aziende del settore hanno sottoscritto già lo scorso gennaio un protocollo che prevede misure ancora più rigide di quelle imposte dalle normative, a tutela di clienti e lavoratori", conclude Cangianelli.
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A cura di Matteo Cioffi
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