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09 Agosto 2021

Il consumatore al tempo del Covid, l'indagine di EY Future Consumer Index

di DALLE AZIENDE


Il consumatore al tempo del Covid, l'indagine di EY Future Consumer Index

Spendono meno in beni non essenziali, visitano più raramente i negozi fisici e supportano il business locale, con grande attenzione alla sostenibilità dei prodotti. È questo il ritratto dei consumatori al tempo del Covid-19 tracciato dall’EY Future Consumer Index.

Lo studio, giunto alla settima edizione, ha sondato le opinioni di oltre 14mila cittadini in tutto il mondo, di cui 500 in Italia, tracciando i cambiamenti nei comportamenti dei consumatori nel tempo e identificando i consumatori emergenti. In Italia, in particolare, il 43% dei consumatori è convinto che la pandemia continuerà ad avere un impatto sulle nostre vite per almeno altri 12 mesi, finché la maggior parte della popolazione non sarà vaccinata (30%). Tuttavia, la crisi sanitaria fa meno paura rispetto al passato, mentre a preoccupare sono soprattutto le condizioni economiche dell’Italia (69%), il rischio di vedersi privati della libertà di godersi la vita (49%), e la salute della famiglia (47%).

Sostenibilità è inoltre la parola chiave che emerge dalla survey. La gran parte dei consumatori italiani afferma infatti di prestare sempre più attenzione all'impatto ambientale (74%) e sociale (66%) di ciò che acquista, con un occhio di riguardo al cambiamento climatico (65%), e di riciclare prodotti o imballaggi dopo il primo utilizzo (85%).Tuttavia, il prezzo resta ancora il principale driver che guida le scelte di consumo per la maggior parte dei settori merceologici, con la sola eccezione del cibo fresco per il quale si cerca invece di privilegiare le caratteristiche salutistiche e l’origine locale. La divergenza tra la spinta valoriale alla sostenibilità e l’effettiva attenzione al proprio budget familiare fotografa lo scarto esistente tra una volontà molto presente di proteggere l’ambiente e le barriere che invece ostacolano un’adozione più ampia di un comportamento d’acquisto etico.

Commenta Paolo Lobetti Bodoni, Consulting Market Leader di EY in Italia e Consumer Product & Retail Consulting Leader di EY Europe West: “La sostenibilità sta diventando sempre più centrale nelle scelte di consumo in Europa così come in Italia. Tuttavia, restano ancora delle barriere che ostacolano i comportamenti d’acquisto più rispettosi dell’ambiente e della società. Oggi ci troviamo di fronte ad un paradosso: sempre più consumatori vogliono comprare prodotti sostenibili ma i prezzi troppo alti, il marketing ingannevole o la bassa qualità tendono a scoraggiarli. Si crea così un gap tra i buoni propositi dei consumatori e le loro azioni effettive che le imprese devono riuscire a colmare”.

Il gap tra intenzione e azione sostenibile
Complessivamente, il 72% dei consumatori conduce una vita più casalinga rispetto al pre-pandemia ed il 53% afferma di recarsi sempre meno frequentemente nei negozi fisici. Le case sono così diventate un hub nodale, dove lavorare, ordinare prodotti e intrattenersi. E questo offre un'enorme opportunità di operare scelte più sostenibili, con un impatto positivo sull'ambiente e sulla società. Al contempo il 57% dice di spendere sempre meno in beni non essenziali ed il 21% si dice disposto a cambiare brand pur di supportare il business locale. Tuttavia, la preoccupazione per l’impatto del Covid-19 sull’economia della nazione, sulla salute e sulle finanze genera un sentimento di insicurezza che insieme ad altri fattori finisce per limitare un consumo più ampio di prodotti sostenibili. In particolare, tra gli elementi che scoraggiano l’acquisto di beni e servizi sostenibili vi è la bassa qualità (63%), il marketing ingannevole (63%), le informazioni fuorvianti sul prodotto (58%) e l’alto prezzo (57%). Per le aziende è dunque fondamentale mostrarsi il più trasparenti possibili fornendo tutte le informazioni utili per consentire di valutare la sostenibilità di un prodotto. È tuttavia altrettanto vero che se da un lato i consumatori lamentano di non essere ben informati (61%), dall’altro lato gli stessi ammettono di non voler impiegare troppo tempo per verificare i requisiti di sostenibilità dei prodotti (soltanto un quarto afferma di ricercare maggiori informazioni).

L’elemento più importante ha però a che fare con il gap esistente tra intenzione ed azione. I consumatori, infatti, pur avendo preso coscienza dell’importanza della sostenibilità, traducono solo in parte questa consapevolezza in azioni ad alto impatto sull’ambiente. Il più delle volte preferiscono invece limitarsi a piccoli gesti legati all’opportunità di ricavarne un risparmio. In cima alla graduatoria dei comportamenti virtuosi ci sono infatti il riuso delle borse della spesa (94%), il risparmio d’energia e d’acqua (93 e 91%), il riciclo o riutilizzo dei prodotti dopo l’uso (86%) e la riduzione delle emissioni (84%). Mentre altre azioni più drastiche ed impegnative raccolgono percentuali decisamente minori, tra queste: ridurre l’utilizzo dell’automobile a favore di bici e mezzi pubblici (51%), evitare di mangiare carne (45%) e latticini (31%) e utilizzare l’energia solare per la propria abitazione (28%).

Chi pagherà per la sostenibilità?
È da parte delle imprese che gli italiani si attendono gli sforzi maggiori per favorire un consumo più etico. In particolare, il 72% degli intervistati sostiene che le aziende devono proporsi come leader nel guidare le azioni positive verso l’ambiente e la società. Mentre una quota minore dei cittadini (60%) crede che siano i consumatori a dover spingere le imprese verso modelli più sostenibili. Le azioni che vengono richieste alle organizzazioni non si esauriscono soltanto nella maggior trasparenza (85%) delle scelte ambientali ma coinvolgono l’intero processo produttivo. Dalle aziende ci si aspetta infatti un comportamento etico verso i lavoratori e la comunità (84%), una produzione sostenibile (82%) e la scelta di fornitori con alti standard di sostenibilità (85%).

Gli imperativi per le aziende e i CEO
L'EY Future Consumer Index mostra dunque che i consumatori, se messi nelle condizioni, sono disposti a compiere scelte d’acquisto sostenibili. Tuttavia, per le aziende è estremamente complesso elaborare una strategia generale, poiché non esiste un prototipo di “consumatore sostenibile”. Ci sono invece diverse sensibilità e sfumature valoriali che non è sempre semplice cogliere. La gran parte dei cittadini sarebbe infatti disposta perfino a pagare un premium se il prodotto riflettesse meglio i loro desideri, in particolare per l’alta qualità (48%), i prodotti nazionali (42%), o prodotti che promuovono la salute (36%) e la sostenibilità (30%). Nello specifico, le imprese sono chiamate ad offrire beni e servizi che rispecchino le richieste differenziate dei vari target di consumo, assicurandosi che anche le operazioni commerciali alla base del marchio soddisfino tali aspettative. Ma nel concreto come possono le aziende rispondere a questi bisogni sempre più eterogenei? Da un lato condividendo meglio il concetto di sostenibilità, e concentrandosi maggiormente su impatti sociali e ambientali che siano realmente raggiungibili, dall’altro agendo sugli impatti che realmente contano. Per riuscirci occorre una comprensione sempre più dettagliata del modo in cui l'esperienza della pandemia sta rimodellando gli atteggiamenti nei confronti della sostenibilità. Una quota crescente di consumatori vuole infatti acquistare in modo sostenibile, ma ha bisogno che le aziende lo rendano possibile. La maggior parte dei cittadini non può permettersi di pagare di più per la sostenibilità o addirittura di dover rinunciare alla qualità di ciò che acquista. Inoltre, molti di quei consumatori che sono disposti a fare una scelta più etica non hanno accesso a prodotti che riflettono i loro valori mutevoli e le loro preferenze.

Aggiunge Stefano Vittucci, EY Consumer Products e Retail Sector Leader in Italia: “La pandemia ha aumentato la sensibilità ai prezzi, ma ha anche aumentato la consapevolezza sulla sostenibilità, portando alla necessità per le aziende produttrici di bilanciare le aspettative di entrambi. Per avere successo, abbiamo individuato 5 imperativi che i CEO devono considerare per trasformare la loro attività e diventare un’impresa più sostenibile e quindi maggiormente attrattiva per i consumatori. Questi comprendono il perseguimento della sostenibilità per realizzare la creazione di valore, adottare una prospettiva olistica ma mirata, fornire autenticità basata sull'evidenza, considerare l'intera catena del valore e riprogettare i modelli operativi per il futuro”.

Le percezioni di sostenibilità variano in base al mercato
I consumatori italiani si contraddistinguono infine per essere i più attenti alla sostenibilità, nonostante siano tra quelli più duramente colpiti dalle conseguenze economiche della pandemia. Il FCI ha infatti registrato una certa disparità tra i consumatori di tutto il mondo: in particolare l’Italia ha mostrato che il segmento di coloro che stanno soffrendo a causa del Covid-19 supera di quasi venti punti percentuali la media mondiale (51% vs 35%). Dall’altro lato però gli atteggiamenti degli italiani verso la sostenibilità sono di gran lunga migliori rispetto alla media globale (74% Italia vs 51% a livello globale), questo vale sia per le convinzioni valoriali che per le azioni concrete che contraddistinguono le scelte di consumo.

TAG: CONSUMI,STATISTICHE,CORONAVIRUS,EY FUTURE CONSUMER INDEX,PAOLO LOBETTI BODONI,STEFANO VITTUCCI

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