pubblici esercizi
29 Giugno 2022Sono alcuni dei temi affrontati durante una tavola rotonda al recente World of Coffee a cui hanno preso parte Davide Cobelli, National Coordinator SCA Italy, Paola Goppion di CSC, Emanuele Dughera, Slow Food Coffee Coalition, Eleonora Pirovano di IWCA Italy, Stefano Tiberga del Codacons, Andrea Doglioni Majer di UCIMAC, Luigi Morello di IEI e Omar Zidarich di Gruppo italiano torrefattori caffè.
Il caffè di qualità? Deve essere buono pulito e giusto, avere una qualità costante che piaccia alla più ampia fetta di consumatori possibile, essere tracciabile e rispettoso dei valori e diritti delle donne (non solo per i caffè specialty). Insomma, la “miscela composta di ingredienti di qualità che non abbiano difetti” non basta più. Il barista deve sapere cosa gli dà il torrefattore, è una comunicazione necessaria. Un prezzo della tazzina più alto è possibile ma sarà un processo lento. Da superare, infatti, ci sono le abitudini consolidate da un lato all'altro del bancone.
“Qualità è anche libertà, noi oggi al bar non possiamo scegliere, il barista sceglie per noi, il prezzo è imposto culturalmente e non posso scegliere la qualità che voglio”, ha detto ad esempio il presidente di IEI, Luigi Morello. Che ha aggiunto: "E' fondamentale la formazione: il vino si stappa, con il caffè in 25 secondi il barista più distruggere un intero percorso. Il caffè espresso è nato in Italia, dobbiamo esserne orgogliosi e lottare per la qualità, abbiamo 100 anni di storia da difendere".
Omar Zidarich, Presidente del Gruppo italiano torrefattori caffè, ha fatto autocritica: “Pecchiamo in comunicazione, quando vendiamo non ci preoccupiamo di chiedere al barista in quanto tempo consumerà quel caffè ma cerchiamo di vendergli la maggior quantità possibile. E dobbiamo avere il coraggio di perdere i clienti che chiedono il prezzo basso”.
Davide Cobelli, Sca Italy, ha puntato l'attenzione invece sui valori che toccano tutta la filiera e che spesso non sono trasmessi a chi dovrà pagare e consumare il prodotto: “Vendendo un prodotto sostenibile socialmente e ambientalmente si può aumentare la qualità di vita di intere famiglie. Ma spesso anche in Italia i baristi lavorano e vendono sottocosto senza nemmeno saperlo perché non fanno i conti, applicano un prezzo standard a seconda di ciò che succede nel vicinato, giocando a chi vende a meno ma impoverendo sé stessi e l’intero settore”.
Alla fine è intervenuta la cavalleria, ovvero i baristi in platea, quelli che con il cliente lavorano ogni giorno ma tradizionalmente sono molto poco uniti. E dalla qualità il discorso è tornato sul prezzo.
Alessandro Galtieri di Aroma Bologna ha detto: “Il prezzo del caffè non è un problema nella ristorazione, il problema è al bar dove non può costare più di un euro, il problema è questo non la qualità. Anche trasmettere al cliente informazioni ha un costo. Il tempo costa, la formazione costa. Attrezzatura e manutenzione costano. Prima della qualità parliamo dei costi, del personale che non riusciamo a pagare il giusto, del fatto che ci sono troppo licenze”.
“Il prezzo del caffè sta uccidendo il bar italiano – è intervenuto poi Francesco Sanapo di Ditta Artigianale – se non facciamo qualcosa subito non ci saranno più vie di uscita, e non ci saranno più bar. Dietro un euro non ci sta nulla: hai studiato da barista? Non ti pago perché non posso. Non si possono pagare le attrezzature, le luci fighe, le sedute belle. Lo showroom dell’Italia, il bar, non si può fare. Si può fare forse massa, grandi numeri, non si ha tempo per uno schiumato o per spiegare la provenienza di una miscela. Ecco perché l’eccellenza italiana si sta perdendo. Stiamo anche facendo confusione: parliamo di specialty ed espresso italiano come se fossero due cose diverse, io faccio espresso italiano con caffè specialty, siamo fighi abbiamo tante conoscenze e possiamo raccontarle”.
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A cura di Matteo Cioffi
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