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I

l Mercato è la determinante di ogni affare

e una parola così semplice racchiude una

complessità di fattori e variabili, spesso anche

inspiegabili, che determinano l’esito (succes-

so o fallimento) delle iniziative economiche

dell’uomo.

Non definisce, cioè, solo il luogo o il momento in

cui avvengono gli scambi economico-commerciali

di prodotti, servizi, denaro o strumenti finanziari,

ma anche i comportamenti e i percorsi decisionali.

Saperlo interpretare o anticipare non è cosa facile

e sufficiente, perché impone ai protagonisti che lo

frequentano il possesso di pre-requisiti di compe-

tenze e di capacità, abbinati ad altri valori, tra cui

l’intraprendenza e la propensione al sacrificio.

Spesso fotografa anche situazioni paradossali o

in apparente contraddizione, come si registra nel

Fuoricasa.

Infatti, da tempo il settore soffre di perdita di com-

petitività, dimarginalità nelle gestioni, di inefficienze

organizzative, di ritorni economici degli investimenti

e, contemporaneamente, cresce in termini di imprese.

Basta vedere la trasformazione dei centri storici, con

l’invasione di attività di pubblico esercizio, diversifi-

cate nella tipologia (bar, ristoranti, pizzerie, gelaterie,

piadinerie, paninoteche, cioccolaterie, yogurterie,

birrerie, pub, catene internazionali, etc.) che danno

animazione, sicurezza e decoro a luoghi altrimenti

destinati alla desertificazione e al degrado, per capire

l’esplosione di un fenomeno che sembrerebbe non

avere giustificazioni di natura economica.

Conosciamo, infatti, il livello degli investimenti ne-

cessari per l’avvio di una attività, dei costi conse-

guenti, dei modesti margini castigati dalla crisi e

dalla spietata concorrenza, i sacrifici richiesti, anche

collegati ai tempi e alla qualità della vita dei nostri

imprenditori.

Eppure queste attività si stanno moltiplicando, stra-

volgendo lo stesso mercato, sviluppando e alimen-

tando nuove tendenze e stili di vita, con le conse-

guenze (positive o negative) sul fronte commerciale,

urbanistico, sociale e occupazionale.

Ci devono essere delle ragioni, che non sono so-

lo quelle delle catene commerciali o dei brands

internazionali, che cercano sinergie ed economie

di scala, ma anche quelle che fioriscono (e spesso

appassiscono) senza grandi ragionamenti subusiness

plans o su modelli commerciali.

Sono le attività avviate da nuovi imprenditori, espul-

si dal mondo del lavoro, che trovano nel settore

una alternativa professionale, investendo risparmi

e coinvolgendo tutte le risorse della famiglia in un

nuovo progetto (anche) di vita, oppure da immigrati

che sul lavoro rafforzano coesione e integrazione

sociale, oltre che indipendenza economica, oppure

ancora di tanti altri soggetti che non aspettano l’aiuto

divino, ma cercano la soluzione ai loro problemi,

con coraggio ed intraprendenza.

Tra questi, ci sono eccellenti imprenditori che sulle

necessità hanno costruito e sviluppato virtù profes-

sionali, con storie di successo.

C’è a volte molta improvvisazione, che spiega la

precoce mortalità del settore, grande spirito di adat-

tamento, non solo ai sacrifici, ma anche a modellare

l’attività, e le relative aspettative, secondo nuovi

modelli di business.

C’è soprattutto l’intuizione ad accompagnare nuovi

comportamenti dei consumatori che, nonostante la

diffusione di tecnologici strumenti di comunicazione,

hanno bisogno di parlare, ascoltare e stare insieme.

Il Pubblico Esercizio rafforza, cioè, il suo ruolo so-

ciale, combinando sul valore della convivialità, nuovi

format commerciali e funzioni di ammortizzatore

sociale.

È un altromerito di un settore, capace di compensare

dinamiche sociali e offerta commerciale.

Mercato e le sue stranezze

Il punto

del presidente FIPE

Lino Enrico Stoppani

4

Mixer

LUGLIO/AGOSTO 2015

Cordialmente.