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Mixer
/ NOVEMBRE 2017
Il Sommelier
I CONFINI NEL VINO HANNO SEMPRE AVUTO UN TRATTOMOLTO SOTTILE. I CAMBIAMENTI
CLIMATICI LI RISCRIVONO, DETERMINANDO, DOPO LA GLOBALIZZAZIONE DEI MERCATI, UN
AMPLIAMENTO GEOGRAFICO ANCHE DAL PUNTO DI VISTA PRODUTTIVO
Romagnolo verace,
Luca Gardini
inizia giovanissimo la sua
carriera, divenendo Sommelier
Professionista nel 2003 a soli 22
anni, per poi essere incoronato,
già l’anno successivo, miglior
Sommelier d’Italia e – nel 2010 –
Miglior Sommelier del mondo.
I
l cambiamento nel vino è costante. Lo dicono le annate e
lo dice il mercato, da anni realmente globale, dapprima
sotto il profilo dei consumi, ma, sempre di più, anche
da un punto di vista produttivo. Oltre a Italia, Francia,
Germania e Spagna molti altri territori europei sono cresciu-
ti, senza dimenticare che in pochi decenni quelle aree che
venivano considerate come il “nuovo mondo enologico”, ad
esempio Napa Valley o Nuova Zelanda, sono ormai realtà
consolidate ed affermate. Il rinnovamento dei luoghi di pro-
duzione, rispetto alla latitudine, viene in gran parte riscritto
dai cambiamenti climatici. Che faccia sempre più caldo se ne
accorgono tutti, senza per altro aver bisogno di consultare
le app meteo dei telefoni cellulari.
BOLLICINE INGLESI
Se ne sono accorti anche i produttori di vino. Negli ultimi anni
sono nate aziende produttrici, ad esempio, nel sud dell’In-
ghilterra. I giardini all’inglese del Sussex e del Kent iniziano
ad essere sostituiti da vigne di Chardonnay. Non si stratta
solo di sperimentazioni, visto che, ad esempio, il marchio di
champagne Taittinger, ha deciso di produrre qui circa 30.000
bottiglie di bollicine. Non si tratta tuttavia di una volontà
isolata, tanto che la superficie vitata inglese dal 2002 sino
ad alcuni anni fa, sia cresciuta addirittura di quasi il 150%.
L’esempio inglese non è un’eccezione, tanto che si produce
vino in Cina, con leggero calo produttivo negli ultimi anni
anche se con evidenti miglioramenti da un punto di vista
di Luca Gardini
Il cambiamento
del bicchiere
LA PROFESSIONE
qualitativo, ma lo si realizza anche in altri continenti, penso
ad esempio all’Africa. Facendo un passo indietro e parlando
di consumi, in questo continente vediamo che il numero di
bottiglie vendute complessivamente – cifra scremata rispetto
agli stati di fede musulmana e a quelle realtà a forte presenza
occidentale che quindi da tempo consumano abitualmente
vino – si arricchisce di nuove realtà nazionali.
IL SUCCESSO DELL’ANGOLA
Alcuni nomi? Nigeria (discreta presenza di champagne, men-
tre la parte del leone la fanno i vini australiani) e altri paesi
sempre affacciati sul golfo di Guinea, rivoluzioni o conflitti
permettendo, ma anche Angola e Mozambico. Se tuttavia il
Mozambicoscala leclassifichedei consumi, inparticolarmodo
dei vini portoghesi vistoche lanazione lusitanaeraqui potenza
coloniale, la crescita angolana si muove sul doppio binario di
consumi eproduzione. Avendoceduto i diritti di sfruttamento
di parte delle proprie risorse minerarie alla Cina in cambio di
infrastrutture, l’Angola ha visto migliorare il tenore di vita di
parte della sua popolazione che perciò ha cominciato a bere
vino, tanto da spingere qualche imprenditore a pensare di
produrlo in loco. L’India rimane invece per molti aspetti un
mercato contraddittorio, oltre che un’area produttiva molto
incerta. Tasse e accise molto elevate frenano le importazioni,
mentre la produzione è poco indirizzata alla qualità, aspetto
non favoritodai cambiamenti climatici, qui inperennebaliadel
caldoedellepioggemonsoniche, edauna scarsa conoscenza
dell’argomento vino che spesso, per il consumatore medio,
non va oltre una distinzione elementare tra bianco e rosso e
un gusto spesso piuttosto dolce. Speriamo che nei prossimi
anni il mercato, potenzialmente molto importante, del con-
tinente indiano possa risultare più definito. Nell’attesa spero
invece che le aziende nostrane siano più pronte e dinamiche
rispetto a tutti questi cambiamenti, anche perché, ora-
mai, fare semplicemente il vino buono, non basta più.