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25 Giugno 2019C'era una volta il Rosemary, storico ristorante di Susan Frances nato nel 1969 nella Costa Smeralda dell'Aga Khan e del jet set internazionale cosmopolita e raffinato degli anni '60. Tempi andati. Andato l'Aga Khan, che da tempo predilige altri lidi, andato il jet set internazionale, sostituito da oligarchi russi, calciatori e politici di casa nostra nel più puro stile "cafonal" (e ci sarebbero anche Lele Mora, Fabrizio Corona e relativo codazzo di olgettine, se negli ultimi anni non avessero dovuto onorare improcrastinabili impegni con le patrie galere). E quasi dieci anni fa se n'è andata anche Susan Frances, lasciando l'insegna del Rosemary a sbiadirsi al sole, nella nostalgia di quei (pochi) che ancora rimpiangono la Costa Smeralda dei "favolosi anni Sessanta".
Ora il Rosemary riapre, ma è naturalmente un'altra cosa. Niente più cucina anglo-indiana-gallurese bensì piatti peruviani-nikkei e un menu "raw bar" dedicato alle specialità di pesce crudo di ispirazione italo-giapponese, tra carpaccio, sushi e grandi piatti di crostacei, caratteristici della catena Pacifico, che dopo i ristoranti di Milano e Roma ha rilevato appunto le vestigia del locale che fu una delle icone degli albori della Costa Smeralda. E che oggi si adegua alla Costa Smeralda del terzo millennio.
Del vecchio Rosemary rimane il nome e una serie di richiami all'interno delle sale: il Pacifico Rosemary, come si chiama ora, è stato ristrutturato a cura dell'interior designer Marsica Fossati e dell'architetto Simone Colombo tra mobili rustici dipinti a mano, sedute di bambù e giunco, tavoli di ginepro locale e tessuti marini. I bagni con carta da parati con pattern onda di Hokusai, rifiniti con una serie di piastrelle sui toni del blu disegnate dall'architetto Gio Ponti negli anni Settanta, convivono con i leggendari murales floreali e la grande scritta "Rosemary", restaurati e riportati agli splendori del tempo che fu. E che non c'è più.
La direzione esecutiva della cucina, firmata come di consueto per Pacifico da Jaime Pesaque, sarà affidata al peruviano Nicolas Schmidt.
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A cura di Matteo Cioffi
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