caffè
15 Gennaio 2014Una cartolina con gli stili sensoriali dell’espresso italiano, un’idea semplice per valorizzare il nostro prodotto
Su Facebook, e sui social in genere, si possono avere opinioni contrastanti. Ma se abitato con una certa perizia questo mondo rivela lati di indubbia utilità. La mia vita su Facebook è animata principalmente dai professionisti e dai colleghi che ho conosciuto in giro per il mondo e dai contatti che si sono creati invece direttamente sul social. L’osservazione partecipante di questa comunità, per dirla usando un gergo etnografico, mi permette di cogliere alcune tendenze.
Una di queste è quella ricorrente che ci vorrebbe per morti. Mi riferisco a quei de profundis che si levano a ritmo regolare il cui messaggio, per nulla celato, è: l’espresso italiano è defunto. Normalmente queste voci asseriscono che il nostro modo di vedere il caffè è semplicemente vetusto e che la qualità del pianeta Italia è fondamentalmente mediocre. Non distinguono tra marca e marca, ma bollano d’infamia l’intero coffee business italiano. Il tono usato è un misto di sufficienza e commiserazione nei nostri confronti, quasi fossimo degli appestati da scansare.
Eppure posso riportare una piccola ma significativa esperienza personale. Poco prima di Host 2013 abbiamo realizzato per Italian Barista School una cartolina con gli stili sensoriali dell’espresso italiano. Un’idea semplice per rispondere alle richieste di quanti ci chiedono della nostra tradizione. Abbiamo riportato su una cartina dell’Italia le principali tendenze regionali. L’abbiamo fatto non all’impronta, ma partendo da un’indagine molto più ampia condotta dal Centro Studi Assaggiatori e poi raccolta in una monografia che potete scaricare dal sito dell’Istituto Nazionale Espresso Italiano.
Un’operazione che, dato anche lo spazio concesso dal supporto, fondamentalmente una cartolina, non voleva certo essere esaustiva, ma valorizzare le differenti identità del nostro prodotto e, in definitiva, la sua complessità sensoriale. Eppure questa semplice cartolina è stata condivisa più e più volte su Facebook. E in fiera, senza spingerla in modo particolare, ne è andata distribuita una gran quantità.
Non si è trattato di un’idea geniale. E non sono stati spesi budget enormi per stamparla e promuoverla. Eppure ha funzionato alla grande perché i buoni contenuti, quelli che nascono da una ricerca accurata e approfondita, camminano sulle proprie gambe.
Ma soprattutto credo che abbia funzionato per il tema: non per caso la cartolina recitava: “Espresso italiano: ritorno alle radici”. E chi l’ha presa in fiera o condivisa su Facebook l’ha fatto perché mosso da curiosità e passione per il nostro espresso.
Le centinaia di mani che hanno toccato la cartolina e di occhi che l’hanno osservata sugli schermi di smartphone, tablet e computer sono reali. Sono voci che si contrappongono a quelle dei menagrami virtuali che suonano a morto le campane. Queste voci ci dicono che non dobbiamo prendere lezioni da spocchiosi personaggi che sino a pochi anni fa non avevano neppure idea di cosa fosse un espresso. Abbiamo esperienza da vendere e prodotti eccellenti, ma il credito di cui godiamo potrebbe avere una vita breve se non faremo pulizia dei troppi caffè mediocri che appestano il nostro mercato e che prendono purtroppo anche la via dell’export. Senza questo riassetto porgeremo facilmente il fianco ai saputelli globali che sono sempre alla ricerca del casus belli
L’autore è Consigliere dell’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè e Amministratore del Centro Studi Assaggiatori www.assaggiatoricaffe.org
Chi fosse interessato a contattare l’autore può farlo scrivendo a: carlo.odello@assaggiatori.com
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A cura di Matteo Cioffi
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