caffè
12 Febbraio 2014L'Osservatorio Host racconta gli scenari della prima colazione fuoricasa. Sul fronte del caffè si va alla ricerca di miscele e fornitori che offrano gusti caratterizzanti e “unici”. Per i prodotti da forno, i croissant precotti e congelati hanno ceduto il passo a prodotti artigianali con buon rapporto qualità-prezzo.
Specializzazione, specializzazione e ancora specializzazione. E dialogo costante con un cliente sempre più attento. Questa la parola d’ordine che sta caratterizzando l’evoluzione dei pubblici esercizi. Una strada quasi obbligata per un mercato, come quello italiano, che vanta una delle più alte densità in rapporto agli abitanti, con oltre 141 mila punti di consumo attivi, circa 35 bar ogni mille abitanti.
«La colazione fuori casa è un’occasione di consumo tipicamente italiana – spiega all’Osservatorio Host Carlo Meo, Docente del Consorzio POLI.design del Politecnico di Milano ed esperto di format Ho.Re.Ca. – ed è da sempre uno dei punti di forza del ‘bar generico’: un canale despecializzato che è molto forte nel nostro paese e che, con la sua offerta molto diversificata, contribuisce al nostro primato in Europa quanto a distribuzione di soft drink e gelati». Oggi, però, per rispondere alle aspettative crescenti di un consumatore sempre più esigente, anche il bar tradizionale si sta specializzando, in particolare recuperando il concetto storico di caffetteria da un lato, e dall’altro puntando su gelato e pasticceria di fascia premium.
«Per quanto riguarda il segmento colazione – prosegue Meo – l’evoluzione si sviluppa su due fronti. Innanzitutto il caffè, dove la tendenza è andare alla ricerca di miscele e fornitori che non siano ‘i soliti’, per offrire al cliente un gusto unico e caratterizzante. In quest’ottica si colloca anche il revival delle torrefazioni locali e dei pubblici esercizi con torrefazione annessa, specie nelle grandi città come Milano e Roma.
In secondo luogo i prodotti da forno, dove i croissant precotti e congelati ‘tutti uguali’ degli anni ’90 e 2000 hanno ceduto il passo a produzioni artigianali con un ottimo rapporto qualità-prezzo, una scelta molto ampia e un buon livello di personalizzazione on-site, ad esempio farciture che vengono inserite al momento usando prodotti freschi di altissima qualità».
Le aspettative crescenti dei consumatori, rileva l’Osservatorio Host, si incrociano con gli effetti della crisi, che ha visto i bar affrontare la doppia concorrenza del low-cost (take-away, ecc.) e dei canali alternativi (GDA, casa, self-service). Gli avventori, stima TradeLab, sono circa 24 milioni e appartengono soprattutto alla fascia d’età 18-35 (giovani). Il canale bar continua a contare per il 38% dell’intero fatturato AFH, cioè circa 23 miliardi di euro su 74, ma nel corso del 2012 – i dati 2013 non sono ancora disponibili – è cresciuta la quota di utenti non pienamente soddisfatti del servizio, 49,5% rispetto al 25,7% del 2010.
La questione del prezzo
La maggiore criticità è il prezzo che, a causa delle limitazioni nei consumi che le famiglie italiane si sono imposte durante la recessione, può venire percepito come elevato anche quando è nella media: gli insoddisfatti su questo specifico aspetto, rileva ancora TradeLab, sono passati dal 7,1% al 15,7%. Raggiungere un rapporto qualità-prezzo ottimale sarà quindi uno dei must del 2014 per i pubblici esercizi, in particolare nel segmento colazione. Da questo punto di vista è importante anche l’aspetto della comunicazione e promozione, che però continua a essere trascurato dai bar italiani. La percentuale di punti di consumo che fanno promozione, anzi, è addirittura scesa, dal 35,5% del 2012 al 27,8% del 2012, ma – significativamente – è più alta per i locali multi-specializzati, il 35% contro il 17% dei “generici”.
La fine del “fai da te”
«Oggi un pubblico esercizio non si può improvvisare – conclude Meo – Non c’è più spazio per il ‘fai da te’ degli anni ’80. Insieme con specializzazione, l’altra parola d’ordine è razionalizzazione: l’esercente deve adottare un approccio manageriale, facendosi supportare da consulenti se necessario. Ogni aspetto della gestione, dall’affitto al servizio alle materie prime e così via, deve contribuire ad assicurare la sostenibilità economica del progetto in modo chiaro e misurabile. Anche l’approccio esperienziale deve essere trattato con attenzione: non bisogna mai dimenticare che un pubblico esercizio è un’impresa e, come tale, deve generare profitto. Il bar non può più essere un luogo dove semplicemente ‘passare il tempo’, ma dove vivere del tempo di qualità incentrando l’esperienza sui prodotti offerti. In questo l’esempio delle grandi catene di caffetterie internazionali è evidente, anche se ritengo che il bar italiano dovrebbe trovare una propria strada».
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A cura di Matteo Cioffi
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