arredamento
05 Ottobre 2011Colorate, luminose, grandi o piccole, le insegne rappresentano per i Bar uno degli strumenti più utili per attrarre clienti. Sono una sorta di biglietto da visita: comunicano molte informazioni - alcune in modo consapevole, altre perfino in maniera inconscia - e possono quindi tanto incuriosire quanto disincentivare un eventuale avventore.
Così è fondamentale non sbagliare nello sceglierle. «La prima regola da seguire - afferma il Pubblicitario Lorenzo Marini, Presidente e Direttore creativo dell’Agenzia Lorenzo Marini Group - è la coerenza. Il rapporto tra l’insegna e l’esercizio deve, infatti, essere simile a quello che lega un’etichetta al prodotto: se siamo in presenza di un locale il cui stile richiama gli anni Trenta, è inutile adottare una grafica ultramoderna. Quest’ultima deve essere in sintonia con l’arredamento del bar e con la sua immagine complessiva e deve promettere quel che poi è in grado di mantenere, non tradendo le aspettative che suscita. Ogni locale deve raccontare la propria originalità.
è consigliabile stare lontano da ciò che è trendy. Penso, ad esempio, all’uso del colore viola, molto diffuso negli ultimi anni: fatto salvo che si integri nella concezione di un Esercizio dove magari il prodotto di richiamo è un cocktail lilla, oggi è superato.
Un refreshment del lettering come pure del logo è comunque necessario ogni 10 anni circa».
Il valore delle parole
La capacità di un Bar di richiamare i clienti dipende, tuttavia, anche dalla scelta del nome. Quest’ultimo, infatti, è in grado di definire e caratterizzare un locale, contribuisce a determinare la sua immagine e aiuta a rendere efficace il suo modo di proporsi nei confronti del pubblico cui si dirige. A patto però che si seguano alcune regole fondamentali. «Innanzitutto è importante - afferma Gianluca Billo, Amministratore Unico di Nomen Italia, società specializzata proprio nella creazione di nomi per aziende e prodotti- individuare un termine capace di distinguersi, e nel contempo di rispecchiare lo stile e il carattere del locale. Banditi quindi i vocaboli generici e i giochi di parole. Bisogna, inoltre, valutare la lunghezza e il suono del nome individuato, che devono essere coerenti con la personalità dell’Esercizio. Nella definizione del termine si deve poi tenere conto della sua memorabilità, un fattore che spesso coincide con la brevità: parole corte come quella del locale “Noy” si ricordano senza difficoltà, ma anche nomi più lunghi come “Nottingham Forest”, possono funzionare bene, perché facilmente abbreviabili. Infine, occorre pensare al nome come a un’insegna e oggi un’insegna deve essere approcciata come un marchio. Si deve, insomma, verificare che il termine scelto non sia già utilizzato nel web, ma soprattutto che non sia già depositato nel Registro dei Marchi. Quindi si deve procedere alla sua iscrizione in quello nazionale”.
Gli errori da evitare
Naturalmente, alle mosse giuste da seguire, fanno da contraltare gli errori in cui non si deve incorrere. «Meglio evitare - prosegue Billo - di chiamare i Bar con il cognome del proprietario, a meno che questo non sia famoso, caso in cui la regola generale può fare eccezione, come testimoniano l’Emporio Armani Caffè o il Just Cavalli Café. Diverso, invece, l’uso dei nomi di persona: Lino’s Coffee e Arnold Coffee, due Catene italiane che si sono ispirate al modello di Starbucks, dimostrano che il riferimento a un ipotetico proprietario è in grado di creare un’immagine accattivante.
Sconsigliabile è invece fare un riferimento esplicito al luogo in cui si trova il Bar, si pensi al diffuso Bar Centrale: se da un lato assicura facilità nella reperibilità, dall’altro costituisce un ostacolo in caso di uno spostamento del negozio. A tal proposito, però, si può segnalare l’interessante operazione messa a punto da Trussardi che, per identificare il suo Bar a marchio, ha affiancato al nome della griffe quello della località in cui si trova inaugurando a Milano Trussardi alla Scala aprendo così la strada a un’infinita gamma di possibilità. Inoltre, è buona norma, soprattutto se si opera fuori dalle grandi aree metropolitane, non affidarsi a termini stranieri, salvo che si tratti di parole molto semplici. Nelle città, invece, questa opzione può funzionare quando il nome rispecchia l’immagine complessiva del negozio: una parola con assonanze esotiche, per esempio, ben si adatta a un locale dove si consumano cocktail. Infine, è bene prestare attenzione alle “mode”: la parola “Bar”, infatti, è oggi meno utilizzata, sono preferiti i termini “Caffè” o “Café”. Superato anche il momento d’oro degli “American Bar”, come pure in progressivo disuso è la parola “Lounge”, mentre buona fortuna ha per ora l’espressione “Wine Bar”.
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A cura di Matteo Cioffi
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