bevande
07 Settembre 2015
Bibite, succhi, tè: un mondo vario e variegato che sempre più spesso si rivela lo specchio dei tempi. E che si evolve di pari passo con i gusti, le esigenze e la capacità di spesa dei consumatori. A livello globale il comparto rivela una forte dinamicità, specialmente per quanto riguarda i paesi in via di sviluppo. In proposito, da Zenith International ci viene fornito un quadro molto esaustivo da cui emerge che nel decennio compreso tra il 2004 e il 2014 il comparto beverage nel suo complesso ha fatto registrare una crescita a livello globale del 140% con i picchi più importanti nel settore dei soft, che solo negli ultimi 5 anni sono passati dai 606 miliardi di litri del 2009 ai 761 miliardi del 2014. L’area geografica più promettente è senza dubbio quella asiatica del Pacifico con un tasso di crescita del 109%. Molto più ridimensionato lo sviluppo dell’America Latina (+22%) del Medio Oriente (+11%) e dell’Africa (8%). Percentuali in rapporto irrisorie quelle appannaggio del vecchio continente: +3% per l’Europa dell’Est, + 2% per quella occidentale. Se poi ci focalizziamo sui paesi “più bevitori” all’interno dei vari continenti, vedremo che la quota più elevata (22%) è quella della Cina, seguita dal 17% degli Usa. In Europa l’unica nazione con un consumo importante è la Germania: 4%, ex equo con l’Indonesia, ma inferiore a Brasile (6%) e Messico (7%).
Lo scenario dei consumi in Italia
A livello nazionale - spiega Roberto Donati di Zenith International - le performances dell’intero comparto delle bevande analcoliche non sono incoraggianti: tra il 2011 e il 2014, infatti, è stato prevalentemente il segno meno a caratterizzare quasi tutte le categorie. Sporadiche ed estremamente circoscritte le eccezioni, che hanno visto crescere RTD tea, nettari e isotoniche solo nel 2011 e nettari e bevande base frutta limitatamente al 2012. Ma, al di là di questi dati, senza dubbio determinati dalla situazione economica (depressa) e dalle condizioni climatiche (ugualmente penalizzanti per via delle basse temperature), scendiamo nel dettaglio delle singole categorie. In termini di quota di mercato sono sempre le Carbonated a fare la parte del leone con il 63% di quota, seguite con ampio stacco dai nettari (14% di market share), da RTD tea e bevande base frutta (entrambe all’8%). Chiudono i succhi (4%) gli energy (2%) e le isotoniche (1%). Naturalmente questo scenario si rispecchia esattamente in quello dei consumi pro capite che si attestano intorno ai 43 litri per le gassate, scendono a circa 9 per i nettari, a 5 litri o giù di lì per le bevande alla frutta e si riducono infine a 2,30 per i nettari e 1,40 per gli energy. Tra le carbonated le regine si riconfermano le cole con una quota di mercato di oltre il 60%.
Minacce e opportunità
Per quanto riguarda il mercato nazionale, l’andamento poco brillante trova numerose giustificazioni. La prima, può senz’altro essere individuata nella riduzione dei consumi fuori casa, dovuta essenzialmente a una diversa e più oculata gestione degli acquisti. Non dimentichiamo, infatti, che nell’ultimo quinquennio il potere d’acquisto si è sensibilmente assottigliato. Altra motivazione importante è la scarsa attrattività che, sul fronte turistico, l’Italia riesce ad esercitare visto che si è rivelata meno competitiva di altre nazioni nei riguardi dei visitatori stranieri. E infine ecco pure la crescente attenzione all’assunzione di zucchero e calorie: le bevande, infatti, ritenute tra le principali responsabili di un’assunzione esagerata di questi alimenti, sono state spesso “messe all’indice”. L’unica soluzione, quindi è cambiare passo. Per questo, diventa prioritario innovare. Proponendo formulazioni più salutistiche e salutari, realizzando mini formati che abbiano un apporto calorico più contenuto, predisponendo etichette chiare ed esaustive. Trovando soluzioni di packaging amiche dell’ambiente, adottando una comunicazione onesta che “sappia raccontare” bene il prodotto, rivolgendosi con linearità ai consumatori, utilizzando nei claim informazioni scientificamente valide.
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