bevande
03 Marzo 2016Da una semplice enoteca nel centro storico di Firenze a ristorante tristellato Michelin, passando per uno sbarco in Giappone e, soprattutto, per il tocco francese di Annie Féolde. La quale, insieme al marito Giorgio, all’anagrafe Pinchiorri, da cui il nome del ristorante, hanno trasformato questo locale in una delle principali mecche dell’enogastronomia italiana. Abbiamo chiesto ad Annie qual è stato il segreto di questo successo. E lei ci ha snocciolato una serie di semplici, ma quasi feroci, accorgimenti che hanno permesso a questa enoteca di diventare il punto di riferimento culinario di Firenze. “Giorgio, mio marito, fu chiamato dai 9 soci di allora per gestire un locale in un palazzo rinascimentale di Firenze (Palazzo Jacometti- Ciofi in via Ghibellina, ndr) e, per differenziarsi dalle altre enoteche, iniziò a servire vino, di qualità, al bicchiere. Una rivoluzione per quei tempi. Anche perché ogni vino veniva spiegato e commentato ai clienti”, dichiara Annie. Vino di qualità che l’Enoteca Pinchiorri ha continuano a coltivare; toscano principalmente, anche se Annie non disdegna qualche buon champagne o vino francese: “in effetti il mio background ha contato molto nella crescita dell’Enoteca” ci spiega Annie, nata a Nizza e cresciuta in una famiglia di albergatori; “mia madre ha lavorato tutta la vita al Negresco (il palace cinque stelle lusso sulla Promenade di Nizza, ndr), mentre il mio babbo (alla toscana, ndr) lavorava al Casino di Nizza”. Ma Annie aveva anche un nonno albergatore proveniente dalla Polonia, che aveva sposato una donna svizzera tedesca. Dall’altra linea ecco una nonna alsaziana sposata con un uomo del centro della Francia: “ma quando mi dicono che da noi si mangia bene perché sono francese io mi arrabbio tantissimo. Facciamo cucina toscana tradizionale che ho dovuto studiare approfonditamente, perché all’inizio non la capivo” spiega.
[caption id="attachment_93560" align="alignright" width="229"] Annie Feolde[/caption]
Ma ora è un trionfo di gusti locali, con il Cibreo, ad esempio, con l’utilizzo di creste e bargigli, serviti con il tuorlo d’uovo. “Usiamo anche i testicoli del gallo e ricerchiamo i venditori di polli ruspanti al mercato di San Lorenzo” ci dice Annie, che ci racconta anche una ricetta povera rivisitata dal suo primo chef, il romagnolo Italo Bassi, che lavora come una diarchia con il milanese Riccardo Monco, proposta anche nella tappa girata all’Enoteca nell’ultimo Masterchef. Ovvero i Pici con le briciole: “Era un piatto dei contadini, fatto con poche risorse visto che dovevano dare tutto ai nobili: un po’ di farina, olio, aringhe affumicate, baccalà e alici sotto sale. Facevano la pasta senza le uova, solo con farina e acqua. A cui aggiungevano olio, aglio e un po’ di acciuga ed erbe, del prezzemolo più le briciole di pane. Il mio primo chef ha preso l’impasto di pane che cresce con il lievito e ha fatto i pici con quello, mantenendo il gusto del lievito, servendoli poi con un pezzo dello stesso pane con della burrata”.
[caption id="attachment_93561" align="alignleft" width="163"] Giorgio Pinchiorri[/caption]
La svolta E fu proprio Annie a dare la svolta all’enoteca, decidendo di aprire in fondo al corridoio una piccola cucina, dando l’inizio a una entusiasmante storia di successo. Iniziata nel 1979 quando la coppia rilevò il locale dai nove soci iniziali. “All’inizio non fu facile perché i nostri clienti erano abituati a prendere cibo al buffet e non a essere serviti con piatti compiuti” ricorda Annie, “ma fu grazie a Luigi Veronelli e a Edoardo Raspelli che ci portarono nuova clientela ad iniziare ad esser conosciuti, tanto che già nell’81 fummo nominati nella Guida Michelin, nell’82 fummo insigniti della nostra prima stella e nell’83 della seconda. Anno in cui entrammo anche in Relais & Chateaux (l’associazione di piccoli albergatori e ristoranti di livello voluta da Marcel e Nelly Tilloy, ndr). Dieci anni dopo fu un anno speciale per noi; prima entusiasmante, con l’apertura del nostro primo ristorante a Tokyo e la conquista della terza stella. Poi accadde qualcosa di terribile: un incendio in cantina ci fece perdere 25 mila bottiglie di vino pregiate. Un incidente che ci fece in seguito perdere la terza stella, perché dovemmo trascorrere più tempo con i periti dell’assicurazione che a seguire il locale”.
[caption id="attachment_93562" align="alignright" width="300"] Gli chef Italo Bassi e Riccardo Monco[/caption]
Ma nel 2004 l’Enoteca Pinchiorri riconquista, questa volta senza più flessioni, la sua terza stella. Intanto la sua avventura internazionale continua: “siamo stati 19 anni nel famoso quartiere a Ginza, con un ristorante che abbiamo dovuto chiudere perché bisognava rinnovare l’immobile e in Giappone radono tutto al suolo e poi ricostruiscono. Ma dal Giappone non ce ne siamo andati, abbiamo aperto altri due ristoranti a Tokyo poi chiusi anch’essi, e, con la stessa società di Tokyo, otto anni fa abbiamo aperto a Nagoya”. Ma le richieste di aprire in altre metropoli globali si sono succedute negli anni: “ci hanno chiesto di aprire a Parigi a New York e nelle principali città del mondo” spiega Annie “a me piacerebbe rendere l’Enoteca Pinchiorri un brand e aprire a Londra, la capitale culinaria mondiale ad oggi”. Sempre e comunque, però, nella tradizione toscana. E fiorentina in particolare. Parola di francese.
Enoteca Pinchiorri che si trova nell’antico palazzo del ‘500 Jacometti-Ciofi nel cuore di Firenze è stata premiata come Miglior Ristorante d’Autore a Host Milano da parte della giuria del Premio Internazionale di Architettura e Design “Bar, Ristoranti e Hotel d’Autore 2016” per il progetto di ristrutturazione realizzato in collaborazione con lo Studio P&M Palterer Medardi Architecture. Un esempio perfetto dell’incontro tra conservazione e innovazione, raggiunto grazie a un sapiente utilizzo dei materiali e di soluzioni architettoniche originali.
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A cura di Matteo Cioffi
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