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28 Gennaio 2025«Sono agitato. Sono emozionato. C’è un miscuglio di sensazioni: l'ansia, la felicità, l’agitazione Come fosse la prima apertura. Ho sognato che aprivo e non entrava nessuno e chieddevo a mia moglie: ma perché non entrano? Immagina come sono esaurito». Francesco Sanapo, ceo e anima di Ditta Artigianale, è seduto al tavolino di graniglia veneziana del nuovo locale di Ditta Artigianale a Milano, il primo, come dice lui stesso, «fuori dalla comfort zone di Firenze», dove sono oggi sei i locali della torrefazione ideata da Sanapo con Patrick Hoffer nel lontano 2014.
DALLA COLAZIONE FINO AL DOPO CENA
Siamo in Corso Magenta 31, in un palazzo liberty “gemello” del dirimpettaio, quello dello storico Bar Magenta, tanto che lo spazio tra i due promette di diventare un frequentatissimo salotto-dehors a cielo aperto (il nuovo Ditta ha circa 40 posti dentro e 40 fuori quando sarà il momento).
Aperto dalla colazione all’aperitivo (che a Milano non può che avere un suo spazio importante: si parte con tre signature e due no alcohol, oltre ai classici, con prezzi dai 9 ai 13 euro) fino al dopo cena (chiusura tutti i giorni alle 11 di sera), il locale presenta la robusta gamma di caffè del torrefattore fiorentino oltre a una selezione di pani (di Forno Del Mastro di Monza), vennoisierie e gli immancabili delle caffetterie specialty come avocado toast e cinnamon bun, ma anche croque monsieur e club sandwich, e vanta una cucina perfettamente attrezzata dove lavorano quattro persone con il responsabile Alessio di Martino e la supervisione da Firenze di chef Giacomo Faberi. Da qui escono pranzi, brunch e aperitivi con un menù che verte attorno a burger, hummus e crocchette di prosciutto ma propone a pranzo anche gnocchetti alla crema di cavolo nero e ramen.
«Quello che ti posso dire è che Milano, avendola studiata un pochino prima, sembrerebbe più pronta alla qualità e il turismo rispetto soprattutto ad alcune zone di Firenze è meno di massa, quindi un pochino più attento».
COME E' DITTA ARTIGIANALE MILANO
Il bar luminosissimo, con sette vetrine aperte sulla strada (letteralmente, si apriranno nella bella stagione per realizzare un continuum dentro fuori) è realizzato da studio q-bic e riprende quello stile mid-century milanese che va per la maggiore (boiserie in legno di noce, cemento, mattonelle) ma con “tocchi” proprio di Ditta, come gli immensi murali floreali di Collettivo Giungla di Forlì ispirati ai fiori di caffè.
E il caffè sarà davvero al centro, ma non con leadwall e visual ma “attraverso i ragazzi”. Formati a Firenze alla scuola del caffè e lavorando sul campo per tre mesi, i (per ora) dieci del team coinvolgeranno il cliente con il racconto di questo prodotto meraviglioso.
«In questo primo periodo di apertura poi capiremo tutte le correzioni da fare, perché sai siamo degli artigiani imperfetti, però molto attenti a quello che succede e pronti immediatamente a correggere il tiro e modificare delle cose. Non siamo quella gigantesca azienda che ha tutto preimpostato, tutto schematizzato, dove ogni cosa viene fatta ed eseguita in maniera perfetta o come l'azienda vuole, e se c'è una variante non si può applicare perché ci sono dei protocolli predefiniti e ben impostati, non siamo quello. Io mi sono trasferito a Milano temporaneamente proprio per farti capire quanto per me questo passo è importante, non posso sbagliare non c'è un piano B, devo assolutamente mettere tutta la mia forza ed energia per riuscire a far andare questo posto», dice Sanapo.
IL NUOVO PACKAGING, IL LATTE SPECIALE, I PREZZI
Oltre alle miscele per espresso, come MammaMia e Jump, ci sono i caffè monorigine provenienti da diverse parti del mondo e si può scegliere l’estrazione in V60, Cold Brew e Aeropress e proposte fuori dal mucchio come il Coffeemisù, una base di espresso servita con crema di mascarpone e biscotto. Ma nello store debuttano anche alcune novità. Come il packaging rinnovato, nel visual (curato sempre da Collettivo Giungla) e nella sostanza, di tutte le referenze Ditta Artigianale, realizzato con un materiale in plastica 100% riciclabile «perché prima non lo era ed era un peso sul cuore tutte le volte che si vendeva un pacco di caffè».
Poi il latte Fit-Milk, davvero speciale, piemontese, di un produttore. «Rientra in quella filiera etica che seguiamo per il nostro caffè - ci spiega il barista Christian -. È prodotto che segue una serie di standard di qualità e di rispetto nei confronti dell'animale, e il risultato si riflette anche in tazza perché avendo più grasso, più zuccheri e proteine è più buono».
Sanapo spiega che voleva introdurlo in tutti gli store di Ditta. «Mi dà fastidio quanto sfruttamento, l’industrializzazione della filiera del latte. Ho iniziato a cercare e mi trovo con Fabrizio [Turina, che in Val Pellice produce il prezioso liquido, ndr]. Una persona che ha una passione per quello che fa tre volte più alta della mia. Lo incontro e gli dico che vorrei rifornire tutti i miei locali con il suo latte perché mi piace la storia e quello che fa. E lui mi dice che non me lo può vendere, non riusciva a produrne tanto e mi ha messo in lista d’attesa. Dopo un anno e altre mucche acquistate sono riuscito ad ottenerlo, ma solo qui a Milano perché non ce la fa a darmelo per tutti i locali. Ma ci stiamo lavorando».
Il tema sensibile dei prezzi, infine: l’espresso semplice esce a 1,80 euro (“e presto ci adegueremo anche a Firenze dove è ancora a 1,50”), un cappuccino 2,50 euro, V60 e Aeropress 6 euro.
«La marginalità è così bassa che anche un caffettaccio ormai non lo puoi pagare 1,10 euro. Non sta in piedi, anche lasciando perdere la materia prima, che a me costa tre volte in più, gli altri costi sono uguali. Certo, sarebbe più giusto far pagare 2 euro o 2,50 la tazzina ma poi mi scontro con un cliente che non può spendere tutti i giorni 10-12 euro per fare colazione. I costi ormai sono quelli di Berlino, Parigi e Londra. Gli stipendi medi no».
È questo il problema di Ditta Artigianale. Ed è anche il problema dell'Italia, oggi.
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